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Il numero di marzo '01

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Gli articoli
Nuovi strappi all'unità d'azione
Questa strana Cgil
Contratti regionali dell'artigianato: La Delibera della Fiom
Contratti regionali dell'artigianato: l'ordine del giorno della Fim
Inutile una nuova regolamentazione dei contratti a termine che non elimini gli abusi
Contratti a temine in Bticino: come te li faccio diventare a "tempo indeterminato"
Festività del 2 giugno: inizia l'arretramento di Federmeccanica
Gruppo Agusta: aperta la strada per un accordo generale sulla professionalità
Liviero Lino: facciamo senza sindacato
Montoli: un accordo storico
Galdabini: rinnovo della Rsu e rapporto con gli impiegati
Lavoratori e handicap: l'inizio di un lungo cammino...
Il 5 e 6 aprile il congresso provinciale della Fim

 

Nuovi strappi all'unità d'azione

Per ora non riguardano fortunatamente la trattativa dei metalmeccanici

Nello spazio di un mese, a partire dalla metà di febbraio, l'unità d'azione tra Cgil Cisl Uil è stata ulteriormente compromessa in due importanti trattative. Nella prima la Cgil nazionale ha abbandonato unilateralmente il tavolo negoziale, aperto da un anno per trovare un accordo sull'uso dei contratti a termine e consentire al governo di dare applicazione ad una direttiva europea in proposito. Nella seconda questa stessa confederazione ha ritirato la firma da un accordo liberamente ed unitariamente stipulato insieme a Cisl e Uil con le confederazione artigiane, anche in questo caso dopo un anno di trattativa passate tre settimane dalla firma. Cosa sta succedendo in casa Cgil da costringere rappresentanti autorevoli di questa confederazione - un importante segretario nazionale nel primo caso, il segretario generale della Lombardia nel secondo - a perdere la faccia nei confronti delle altre confederazioni e delle controparti, dichiarando il giorno dopo l'esatto contrario di quanto avevano sostenuto o addirittura firmato il giorno prima? E' difficile da decifrare, ma deve essere senz'altro qualcosa di grave. Cofferati ha fortemente contribuito, in questi anni del suo mandato alla guida della Cgil, a logorare i rapporti con Cisl e Uil, anteponendo alle esigenze dell'unità del movimento sindacale, quelle dei rapporti tra le varie anime dei Ds e quelle dei rapporti tra Ds e Rifondazione comunista, in sostanza quelle dei rapporti delle componenti interne al proprio sindacato. Non è chiaro quali siano i risultati di questa politica. Guardando dall'esterno sembrerebbero inconsistenti. La Cgil si è sentita infatti obbligata a rinviare il proprio congresso per non farlo coincidere con le elezioni politiche, presumibilmente perché un mancato accordo tra Ulivo e Rifondazione avrebbe trasformato il confronto sindacale interno in un campo di battaglia elettorale. Nonostante questo le correnti interne che si richiamano all'estrema sinistra dello schieramento politico hanno costituito un cartello delle opposizione ed hanno dichiarato che al congresso presenteranno una propria mozione contro quella della maggioranza, rompendo anche la parvenza dell'unità interna, perseguita con tanto dispendio di energie dal segretario generale. Nei rapporti contrattuali siamo ormai alla paralisi, o forse peggio, all'inaffidabilità. Da anni non si ha memoria infatti di un organizzazione sindacale che appone la sua firma ad un accordo, alla fine di una lunga e sofferta trattativa, e dopo tre settimane la ritira con argomenti del tipo: "scusate, ma ero distratta".

Non sarebbe forse il caso di soffermarsi su queste vicende dalle colonne di questo giornalino, se non fosse in corso il negoziato per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici. Già nella stesura della piattaforma è stato evidente che il clima in cui si lavora è un clima pesante. La Fiom non è infatti un'isola felice dentro l'arena della Cgil, ne è anzi forse il "campo centrale" dei combattimenti. C'è quindi da aspettarsi, anche nel nostro caso, uno stato di fibrillazione, quando i termini di un possibile accordo cominceranno a chiarirsi. Per tradizione ormai consolidata si sa che in queste circostanze parte il cosiddetto "tiro al piccione". Una parte dei quadri di fabbrica - e non solo - della Fiom, iniziano a sparare contro le altre organizzazioni "che hanno iniziato a cedere". Questa diventa la presentazione iniziale delle mediazioni e questa è la modalità usuale con cui in Fiom ci si prepara ad una possibile intesa. Forse è prematuro iniziare oggi a parlare della scena finale del "dramma". Forse le cose andranno meglio del solito e ce lo auguriamo. Tuttavia, durante l'ultimo incontro, la Federmeccanica ha dichiarato che il 2 aprile avanzerà la sua proposta di aumento salariale e dal quel momento il negoziato subirà un'inevitabile accelerazione, che a sua volta spingerà ad un confronto più serrato anche all'interno di Fim, Fiom e Uilm. Visto il clima dei rapporti attuali tra Cgil, Cisl e Uil non è insensato pensare che nei prossimi mesi qualche tensione attraverserà anche la nostra categoria. L'auspicio però è che alla fine si arrivi alla solita firma sofferta, ma unitaria. E che poi nessuno decida di ritirarla

M.S.

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Questa strana CGIL

La confederazione rimette in discussione le intese già firmate con le associazioni artigiane lombarde. La Fiom segue a ruota, correndo il rischio di annullare gli aumenti salariali ottenuti dai lavoratori.

Nel numero scorso di Informazione Fim, comunicavamo che era stato finalmente raggiunto l'accordo sul contratto integrativo regionale per i lavoratori metalmeccanici artigiani, scaduto ormai da più di 2 anni. All'interno dell'articolo, riportavamo una notizia dell'ultima ora che annunciava il ripensamento da parte della CGIL lombarda della propria adesione all'accordo stesso. In effetti è stato proprio così. Con un comunicato stampa la CGIL Lombardia, dopo avere partecipato a tutta la trattativa e avere dato il proprio consenso, all'improvviso ci ha ripensato e ha annunciato di non voler più sottoscrivere l'accordo.

Viene spontaneo chiedersi cosa è accaduto, quali sono le motivazioni del ripensamento.

Purtroppo non è ancora per niente chiaro. Le uniche notizie che si hanno sono quelle derivanti da due comunicati del tutto confusi emessi dalla Segreteria della CGIL il 27 febbraio 2001 e successivamente dal Direttivo Regionale della Fiom (pubblicato qui a fianco).

Nel suo comunicato la CGIL contesta l'accordo confederale regionale sugli Enti Bilaterali del 2 febbraio 2001 (accordo che ha consentito poi la ripresa delle trattative sui contratti integrativi di categoria), poiché apre la strada per la revisione e modifica dei livelli di contrattazione, cosa che la CGIL giudica inaccettabile.

Per chi legge non è per niente chiaro cosa centri questa contestazione con il contratto integrativo degli artigiani metalmeccanici, visto che quest'ultimo non richiama l'accordo Confederale. Viene inoltre da domandarsi perché tale decisione arriva così tardi e cioè a più di un mese dalla firma dell'accordo.

Perché tali problemi non sono stati sollevati prima della firma?

Si ha l'impressione che tale decisione sia più il frutto di un regolamento di conti interni alla CGIL e che il tutto avvenga a scapito dei lavoratori, che rischiano di vedersi protrarre nel tempo il riconoscimento dei miglioramenti economici attesi da più di due anni.

Fortunatamente sembra che le Associazioni Artigiane siano orientate a riconoscere l'accordo fatto e quindi anche a riconoscere i risultati dell'accordo. Per la Cisl e per la Fim è sicuramente così, come ribadito nel Comunicato emesso dal Direttivo Regionale il 14 marzo (vedi riquadro in fondo alla pagina).

La situazione rimane misteriosa e nello stesso tempo complicata, anche perché si dovrebbe avviare la trattativa per il rinnovo del Contratto Nazionale già scaduto nel giugno dello scorso anno e su cui non si è ancora raggiunta un'intesa tra Fim-Fiom-Uilm sui punti della piattaforma da presentare alle controparti. Dopo gli ultimi fatti la situazione si è sicuramente complicata.

A.L.

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Delibera

Il Comitato Direttivo FIOM CGIL LOMBARDIA del 9 marzo 2001 fa propria la posizione della Segreteria della FIOM CGIL LOMBARDIA, espressa a FIM e UILM dal suo Segretario Generale con lettera del 27 febbraio 2001 e dà mandato di comunicare alle controparti la non ratifica delle ipotesi di accordo siglate il 15 febbraio 2001, inerenti i CONTRATTI COLLETTIVI REGIONALI DI LAVORO, per i Meccanici e Installatori di Impianti, Orafi ed Odontotecnici delle imprese artigiane. Sesto San Giovanni 9 marzo 2001

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Ordine del giorno

Il Direttivo della FIM CISL regionale, riunito a Sesto S. Giovanni il 14.3.2001:

- approva i contenuti previsti dall'intesa relativa all'accordo regionale dell'artigianato;

- condivide e conferma la ratifica definitiva dell'intesa da parte della Segreteria regionale FIM CISL;

- valuta con preoccupazione la grave scelta della CGIL e della FIOM di ritirare la firma dall'intesa, in particolare per l'infondatezza e l'ambiguità delle motivazioni apportate e a fronte della positività e particolarità dei contenuti raggiunti al tavolo metalmeccanico;

- impegna le strutture a informare puntualmente gli operatori, gli attivisti e gli iscritti interessati;

- sollecita la definizione rapida della piattaforma unitaria per il rinnovo del contratto nazionale, che non può essere ulteriormente ritardata.

Approvato all'unanimità Sesto S.Giovanni, 14 marzo 2001

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Contratti a termine

Inutile una nuova regolamentazione di legge che non elimini gli abusi

Alla metà di gennaio la stampa quotidiana informò che Cgil Cisl Uil da una parte e Confindustria più altre sedici organizzazioni di datori di lavoro dall'altra erano sul punto di raggiungere un accordo, che avrebbe permesso al governo di emanare un provvedimento legislativo per la regolamentazione dei contratti a termine. In quell'occasione si "scoprì" che la trattativa era in corso ormai da un anno e che c'era un'intesa delle parti su tutti i punti tranne che su uno, il rinvio alla contrattazioni di categoria delle percentuali massime di contratti a termine utilizzabili dalle aziende.

Il problema dei contratti a termine era stato sollevato alla fine del 1999 dai radicali, che avevano proposto un referendum per la loro liberalizzazione, appoggiato pubblicamente anche dalla Confindustria. All'inizio del 2000 la Corte Costituzionale aveva bocciato la proposta di referendum, perché la questione era stata già oggetto di una direttiva europea, a cui l'Italia aveva l'obbligo di adeguarsi mentre le richieste referendarie, se approvate, ne avrebbero contraddetto le disposizioni. La Corte giudicava invece già conforme alla direttiva la legislazione vigente nel nostro paese. I punti che la direttiva europea chiede ai singoli paesi di assumere nelle rispettive legislazioni sono i seguenti: ribadire che il rapporto normale di lavoro deve continuare ad essere quello a tempo indeterminato; favorire le forme di flessibilità che aiutino ad aumentare il livello dell'occupazione; garantire gli stessi trattamenti tra lavoro a termine e a tempo indeterminato a parità di mansione; evitare gli abusi, prevedendo un limite temporale massimo al contratto a termine e un numero massimo di rinnovi.

Dopo il voto e la bocciatura dei referendum rimanenti, la scorsa primavera, il ministro del lavoro invitò le parti sociali a trovare un accordo sulla materia, in base al quale si sarebbe impegnato ad emanare il provvedimento legislativo di recepimento della direttiva europea. Sindacati e associazioni delle imprese avevano a disposizione alcuni mesi per raggiungere l'obiettivo e consegnare un testo al ministro entro il mese di marzo di quest'anno.

Sembrava che tutto filasse liscio, finchè a gennaio, dopo l'intoppo sulla mancata intesa con Confindustria circa il rinvio alla contrattazione di categoria della percentuale massima di contratti utilizzabili dalle aziende (sul punto è invece stata raggiunta un'intesa con Confapi), la Cgil ha colto l'occasione per riconsiderare anche i punti su cui si era già trovato un accordo. Constatata l'indisponibilità della controparte a ridiscutere punti precedentemente già convenuti, si è quindi ritirata dalla trattativa, chiedendo al ministro di emanare la legge di recepimento senza tener conto dell'accordo sindacale che, a quel punto, non avrebbe più potuto coinvolgere la Cgil. Tutte le altre parti, compresa la Cisl, hanno invece dichiarato che la trattativa era ancora in corso, che l'iniziativa unilaterale della Cgil non poteva obbligare alla rottura le organizzazioni che ritenevano ancora di poter raggiungere un accordo ed infine che sarebbe stato singolare che il ministro, di fronte alle 20 organizzazioni coinvolte dal negoziato, si facesse condizionare dalla posizione, peraltro isolata e poco comprensibile di una sola di queste. Il ministro non ha voluto assumersi la responsabilità di forzare la situazione emanando il decreto legislativo di sua iniziativa, come chiedeva la Cgil, e questo è stato senz'altro un atto responsabile. La Cgil ha dovuto rendersi conto che prendersi qualsiasi libertà nei confronti dei suoi interlocutori, siano essi le altre confederazioni sindacali, che le controparti, contando alla fine sull'appoggio del "governo amico", non può andare oltre al limite della decenza. Tutti però si ritrovano con il problema irrisolto dell'accordo che non c'è e di come uscire da questa situazione.

La vicenda a questo punto deve far riflettere, anche in casa nostra, almeno su due questioni.

Innanzitutto sul coinvolgimento dell'insieme dell'organizzazione. Fino al mese di gennaio non solo l'opinione pubblica, non solo i lavoratori, ma nemmeno le strutture periferiche del sindacato sono state informate dell'esistenza di questa trattativa e tantomeno dei suoi sviluppi. Dopo lo strappo della Cgil, quando della cosa si è cominciato a parlare, ma solo per dividere i protagonisti tra i fautori dell'accordo separato ed i contrari, continuava ad essere difficile anche per un segretario provinciale di categoria recuperare l'ultimo testo discusso dalle parti, prima dell'avvio della polemica e quindi di documentarsi sul merito della trattativa. Ci si chiede come sia possibile pensare di portare in porto un negoziato così importante tenendosi l'acqua in bocca. Basta, come in questo caso, uno stop ed una notizia di stampa perché qualcuno dei "tagliati fuori" chieda improvvisamente conto dei "lavori in corso" alla propria confederazione, esprima la propria posizione contraria e mandi con questo in tilt tutto il negoziato. E' quanto in questa occasione è successo nella Cgil, per la complessità dei problemi che agitano questa organizzazione, ma non è detto che in futuro ciò non possa capitare anche in casa d'altri.

L'altra considerazione riguarda le parti della bozza di accordo su cui c'era l'intesa di gennaio, anche da parte della Cgil. Tra i punti pattuiti c'è quello della possibilità di un numero infinito di contratti a termine tra lo stesso lavoratore e la stessa azienda. L'unica condizione è che tra un contratto e l'altro intercorra una pausa al massimo di due settimane. E' una clausola che già esiste nella legislazione attualmente in vigore e che consente alle aziende che lo vogliono di utilizzare un lavoratore con contratto a termine come se fosse a tempo indeterminato. Ci si chiede che freno costituirebbe contro gli abusi una nuova legge che ribadisse questa possibilità. Considerato che la trattativa si è fermata, forse sarebbe il caso di pensarci.

Sergio Moia

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Contratti a termine in Bticino

Ovvero, ¼ come te li faccio diventare a "tempo indeterminato"

Alla Bticino da qualche anno si è scoperto che il lavoro a termine rende di più. E, visto che i profitti sono molto alti e che -come dice il proverbio- l'appetito vien mangiando, la società ha pensato bene di massimizzarne l'uso ai livelli bassi, dove cioè i trucchi del mestiere si imparano rapidamente e quindi le cose che contano sono soprattutto la disponibilità, la presenza, i tempi di esecuzione. E in Bticino hanno scoperto che i lavoratori assunti a termine, soprattutto giovani donne, si lamentano solo nelle assemblee sindacali, ma mai nel reparto, non si ammalano mai, non fanno figli, non maturano mai 18 mesi di anzianità e quindi restano sempre al 2^ livello, dicono sempre di sì al turno notte, anche se è continuativo per sei mesi, accettano con "entusiasmo" il part time a turni di sei ore per sei giorni, quello con cui lavori più o meno le stesse ore, ma con quattro ore di salario in meno alla settimana e senza la maggiorazione del notturno dalle 22.00 alle 24.00. C'è un solo problema: tra un contratto di sei mesi e l'altro la legge impone una pausa di due settimane. Sarà un problema per gli altri, non certo per la direzione della Bticino, a cui la fantasia in queste cose non fa certo difetto. Basta far coincidere le pause dei "contratti a termine" con le ferie degli altri, a Natale e Ferragosto, ed il giochetto è fatto. Se poi non trovi nessun altro che ti aiuti a fare l'inventario, il "lavoratore a termine in pausa" ti rientra con l'agenzia interinale: che importa se lavora, lo fa da "temporaneo", che problema c'è?

E allora perché sostituire il lavoratore che va in pensione con un nuovo rapporto a tempo indeterminato? Avanti con un altro contratto a termine. Con la carota che "forse poi ti prendono definitivamente" c'è chi resiste ormai da più di dieci contratti, e allora perché fermarsi. Non è poi questo il lavoro libero e moderno?

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Festività del 2 giugno

Inizia l'arretramento di Federmeccanica

down_ok30.jpg (1430 byte) Comunicato

Federmeccanica, in una recente circolare alle aziende, comunica la necessità del pagamento delle 8 ore di PAR che, secondo una sua prima interpretazione, avrebbero dovuto decadere a seguito della reintroduzione della festività del 2 giugno e di un accordo in merito stipulato con il sindacato (vedi gli ultimi due numeri di Informazione Fim). Fim Fiom Uilm hanno più volte negato che l'accordo richiamato da Federmeccanica potesse avere quell'interpretazione ed hanno aperto delle cause pilota contro aziende che hanno applicato le direttive della loro associazione. La nuova posizione di Federmeccanica di riconoscere il pagamento delle 8 ore di PAR in questione, ma non il godimento, non modifica i termini del contenzioso, che sarà quindi definito in sede legale.

Le Segreterie nazionali di Fim Fiom Uilm chiedono pertanto alle Rsu di tutte le fabbriche che hanno applicato le decisioni di Federmeccanica di affiggere alle bacheche sindacali, dopo averlo completato, il comunicato che si trova in download sotto il titolo e che è stato predisposto dal Collegio legale unitario.

Il comunicato è reperibile anche nella Conference Fim Varese della intranet Cisl

Segreteria Fim Cisl Varese

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"Liviero Lino" di Mornago

Facciamo senza il sindacato

Nella nostra provincia la situazione economica e produttiva di questi ultimi anni sta andando a gonfie vele. Tuttavia non mancano le eccezioni. Una di queste la troviamo a Crugnola di Mornago. E' la Liviero Lino, piccola azienda di 35 dipendenti. La crisi è scoppiata improvvisa, come crisi finanziaria. All'inizio di quest'anno l'azienda chiede la collocazione in Cassa integrazione per 3 mesi di 12 operai, un terzo dell'organico.

L'informazione, attraverso l'Api di Gallarate, arriva al sindacato, che interviene immediatamente: incontro con l'azienda e poi assemblea con i lavoratori per valutare assieme lo stato dell'azienda e definire le scelte da fare.

Si muovono in contemporanea la Fiom e la Fim ed insieme promuovono le assemblee. Finalmente si ha la possibilità di parlare con i lavoratori, perché il sindacato non è di casa alla Liviero, in passato le assemblee sono andate deserte.

La discussione con i lavoratori si fa subito complicata. E' difficile superare la diffidenza accumulata in questi anni e una parte di lavoratori manifesta comunque l'intenzione di affrontare la questione direttamente con l'azienda (vecchi ed eventuali nuovi azionisti) senza avere attorno il sindacato. Da loro ci arriva la solita richiesta "di parlarne al loro interno e poi ci avrebbero fatto sapere". E' facile vederci dietro lo zampino e le pressioni dell'azienda, che comunque ancora una volta hanno successo.

Dopo "la parlata all'interno" infatti, la maggioranza decide di continuare il confronto direttamente con i titolari dell'azienda, come d'altronde è sempre avvenuto in passato, chiedendo al sindacato di starsene fuori.

A rilevare l'azienda in difficoltà si è fatto avanti un gruppo veneto, che commercializza anche i prodotti della Liviero, ma non sono ancora chiari gli obiettivi di tale operazione, se porterà al mantenimento o meno del sito produttivo di Mornago oppure se sono solo interessati a rilevarne il marchio e le produzioni.

L'eventuale trattativa con il sindacato sarebbe appunto partita dalle garanzie di continuità per le produzioni principali e per l'occupazione e sarebbe poi passata ad esaminare il caso dei lavoratori in cassa integrazione.

Della trattativa diretta con i lavoratori per il momento non si sa niente. Probabilmente a quelli che hanno insistito per la "parlata interna" qualche garanzia gliela hanno data. Per gli altri, ma ¼ Il seguito ad una prossima puntata

R. Franzetti

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Accordo alla Montoli di Tradate

Un avvenimento storico

La Ditta Montoli è un'aziendina del Tradatese, produttrice di macchine per stampare, dove il sindacato è presente già dai primi anni '70 e anche il livello di sindacalizzazione è sempre stato buono (tra Fim e Fiom siamo intorno al 60 %).

La Montoli si è però caratterizzata per due fatti: il primo perché la Direziona Aziendale si è sempre rifiutata di incontrare il Sindacato preferendo affrontare i problemi direttamente con la rappresentanza sindacale aziendale; il secondo fatto è che tutti i problemi posti dalla RSU, in particolare sulle questioni ambientali, venivano considerati problemi di secondo piano da rimandare nel tempo.

Così è avvenuto anche lo scorso anno, quando la RSU, con le Organizzazioni Sindacali, ha deciso di presentare la Piattaforma per il rinnovo dell'Accordo Aziendale.

Come il solito è iniziata una lunga trattativa in azienda con la sola Rsu, durata fino a settembre, con continui cambiamenti di posizione da parte della Proprietà finalizzati di fatto a non concludere niente.

La situazione ha rischiato di degenerare anche perché non arrivavano risposte su questioni delicate come quelle per la salvaguardia della salute dei lavoratori e dell'antifortunistica.

I lavoratori e le Organizzazioni Sindacali riuniti in assemblea decidevano allora una serie di iniziative, tra cui lo sciopero dello straordinario, proprio in un momento in cui doveva essere finita una commessa particolarmente importante e già in ritardo. Inoltre avvisavano l'azienda che avrebbero richiesto l'intervento della Asl sulle problematiche ambientali.

Veniva subito fissato l'incontro all'API. La trattativa, con la presenza

delle Organizzazioni Sindacali, per la prima volta nella storia dell'azienda, procedeva velocemente e si giungeva così all'accordo già a fine febbraio.

I punti principali sono: il premio di risultato che può variare tra le 500.000 e le 800.000 lire e tutta una serie di interventi di bonifica ambientale oltre che antifortunistica.

A.L.

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Galdabini di Cardano

Rinnovo della Rsu e rapporto con gli impiegati

Nei prossimi giorni verrà aperta la procedura per il rinnovo della Rsu alla Galdabini di Cardano al Campo. Un'azienda storica dell'area del gallaratese che ha attraversato in questi anni alcune fasi difficili e una riorganizzazione della produzione e del lavoro.

Oggi possiamo collocarla nell'area delle aziende stabili, che pur non avendo fasi di sviluppo, mantengono il mercato, il fatturato e l'occupazione. L'organico di circa 90 unità vede al proprio interno un numero consistente di impiegati (una sessantina) e gli stessi operai sono collocati nella fascia alta delle professionalità.

L'accordo sul premio di risultato è stato appena rinnovato, a dicembre dello scorso anno, dopo averlo introdotto per la prima volta nel 1997.

La Rsu uscente, formata da operai, ha lavorato positivamente, ma il coinvolgimento degli impiegati, che sono la maggioranza dei dipendenti, è stato fino ad oggi marginale.

Di questo è consapevole il rappresentante Fim dentro la Rsu, Claudio Zago, ma anche il sindacato, che ha posto come determinante la partecipazione e la candidatura degli impiegati al rinnovo della Rsu e nella attività futura.

Un appello, firmato da Fim e Fiom e distribuito in questi giorni a tutti i dipendenti, vuole mettere al centro questo problema e l'esigenza del sindacato di coinvolgere per intero le varie professionalità presenti in azienda: gli impiegati, i tecnici, i trasferisti, gli operai di officina.

La Fim nel presentare la propria lista al rinnovo della Rsu, tenterà di avere al proprio interno candidati di tutte queste aree.

R. Franzetti

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