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Il numero di dicembre '99

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Gli articoli
Al via la contrattazione aziendale
Pdr: una ricerca della Fim Provinciale
Pdr: i lavoratori interinali
Pdr: salario differenziato tra iscritti e no
Cometa: la decisione dell'assemblea dei delegati
Ruoli professionali: l'accordo Aermacchi
Accordo Aermacchi: non soli ruoli
Artigiani: relazioni sindacali a rischio
La nuova tutela del lavoro minorile
Un Giubileo per il debito dei Paesi Poveri
Cagiva: due delegati della Fiom si dissociano
Atea: respinto il ricorso della Fiom
 

Fim Fiom Uilm

Al via la contrattazione aziendale

In un seminario unitario tenuto a Gallarate il 13 dicembre, gettate le premesse per le prossime piattaforme aziendali in provincia di Varese.

Alla presenza dei tre direttivi provinciali di Fim Fiom Ulim, le Segreterie dei metalmeccanici di Varese hanno aperto il dibattito sul rinnovo delle vertenze aziendali. Gli accordi in scadenza sono molti, a partire da quelli della Whirlpool e della Bticino ed il sindacato varesino ha voluto lanciare un segnale preciso sia alle controparti, che ai lavoratori della categoria: le scadenze vanno onorate, senza perdite di tempo, senza il ricorso a deroghe.

Se sulle politiche generali ed anche su fatti incresciosi locali l'unità dei tre sindacati è stata messa duramente alla prova in questi ultimi mesi, sul terreno della contrattazione le convergenze si stanno dimostrando ampie, stando almeno al dibattito di Gallarate.

E' toccato alla Fim, con la relazione introduttiva, elencare i punti attorno ai quali costruire le piattaforme, affrontando il tema dei contenuti, del ruolo degli iscritti e del rapporto con i lavoratori non iscritti.

I contenuti

Circa i contenuti, al primo posto viene senz'altro il salario, con il premio di risultato. Nella stagione passata, in tema di Pdr si è dovuto costruire tutto ex-novo. Le nuove piattaforme potranno invece tenere conto di ciò che è già stato realizzato, possibilmente per migliorarlo, sulla base dell'esperienza fatta, che nella nostra provincia è risultata ampia e generalmente positiva. Con questa impostazione Fim, Fiom e Uilm hanno convenuto sulla scarsa utilità di indicazioni generali circa le richieste salariali da inserire in piattaforma. E' infatti opportuno che in ogni azienda si tenga conto della situazione economica specifica, delle prospettive e soprattutto dell'esperienza realizzata negli anni di maturazione del premio in scadenza. Solo sulla scorta di quest'analisi è infatti possibile costruire delle richieste credibili e condivise dai lavoratori. Per lo stesso motivo, nelle aziende in cui il salario erogato è stato consistentemente inferiore a quello contrattato, sarà necessario, prima ancora di definire le nuove richieste, analizzare i motivi dell'andamento negativo del premio precedente, per trovare i rimedi più opportuni.

Nel complesso si è colto invece un limite generalizzato della contrattazione precedente del premio di risultato nella partecipazione del sindacato alla definizione ed alla gestione degli indicatori di maturazione del premio. Ciò è dipeso innanzitutto dalla volontà delle aziende, sempre attente a circoscrivere il ruolo del sindacato, soprattutto sui temi più sensibili dell'organizzazione aziendale. Ma è dipeso anche dalla scarsa cultura in merito da parte dei delegati e degli operatori sindacali. Tutto questo si pone come un problema da affrontare con la dovuta energia nella prossima tornata di contrattazione aziendale, unitamente ad uno sforzo consistente da parte del sindacato sul piano della formazione.

Va invece respinta con forza la tesi presente in ampi settori della Federmeccanica, che ritengono l'azzeramento del premio precedente una delle condizioni necessarie per trattarne di nuovi. Oltre che inaccettabile, questa tesi è anche difficilmente applicabile alle aziende del nostro territorio dove già si è fatta contrattazione. E' spesso la struttura degli stessi premi, o le clausole di ultrattività generalmente presenti ad impedirlo. Quella di Federmeccanica va quindi interpretata come una posizione mirata ad aprire un dibattito tutto ideologico, con l'intento di ritardare la presentazione delle piattaforme o la discussione di merito dopo che le piattaforme sono state presentate. E' un amo a cui il sindacato varesino non vuole certo abboccare, ed il seminario unitario, puntando soprattutto alla concretezza dei problemi, ne è stata una prima dimostrazione.

Insieme al premio di risultato, due altri punti sono ormai maturi per un confronto con le controparti: quelli della professionalità e della formazione professionale. Sul primo c'è poco da aggiungere. A parlare sono gli accordi firmati alla Delta Elettronica il mese scorso ed all'Aermacchi alla metà di dicembre. Sono accordi che si ispirano alla stessa filosofia, quella tradotta in un metodo che consente una gestione più obiettiva e trasparente della classificazione professionale, un metodo fondato su regole certe e condivise. Come tali, questi accordi costituiscono un modello per aprire una riflessione concreta anche in altre aziende del territorio.

Sulla formazione professionale in provincia di Varese non si hanno altrettanto interessanti precedenti. Il problema comunque è molto sentito dai lavoratori. La competitività necessaria alle aziende italiane per misurarsi con quelle europee, senza l'aiuto delle periodiche svalutazioni della lira, passa anche da una continua riqualificazione dei lavoratori. Non solo i percorsi di carriera, ma anche la difesa dell'occupazione richiede un uso sempre più massiccio ed intelligente della formazione ed il sindacato può e deve giocare un suo ruolo importante in questa materia. E' quindi interesse di tutta la categoria che almeno in qualche azienda si arrivi alla sigla di contratti pilota sulla formazione, così come gli accordi Aermacchi e Delta lo sono stati in materia di professionalità.

Un altro tema su cui ci dovrà essere un'attenzione generale da parte delle Rsu è quello degli orari e dell'occupazione. Si tratta di dare attuazione alle clausole stipulate nel recente contratto nazionale, cercando nel contempo di migliorarle. Sugli orari in particolare va definita nelle aziende la normativa di attuazione della banca delle ore. Alle zeppe che Federmeccanica ha già voluto inserire nel contratto nazionale, come quella della franchigia, si aggiungono ora le indicazioni che questa associazione ha inviato alle aziende e che prevedono una gestione macchinosa ed ulteriormente demotivante dell'uso di questo istituto. E' un disegno che va senz'altro combattuto. La banca delle ore, insieme agli altri punti del contratto, è costata molte ore di sciopero, non può essere ridotta ad una sola conquista culturale. Uguale discorso si può fare per l'occupazione. Il contratto per la prima volta ha cercato di dare una sponda ai lavoratori assunti a termine, prevedendo per loro una priorità nelle assunzioni a tempo indeterminato. Il problema è che in molte aziende le assunzioni a tempo indeterminato, si fanno con il contagocce, soprattutto per qualifiche che non siano specialistiche, vanificando così la clausola contrattuale. Si tratta quindi anche in questo caso di dare contenuto concreto al contratto, negoziando azienda per azienda le condizioni per le trasformazioni dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. Nel nostro territorio abbiamo una strada tracciata dagli accordi firmati alla Whirlpool, si tratta di praticarla ed allargarla ulteriormente.

Un contenuto contrattuale che suscita sempre un grande interesse tra i lavoratori è poi quello dell'ambiente e della sicurezza. L'adozione di una legislazione specifica in materia, con l'introduzione della legge 626, ha rafforzato le prerogative e le possibilità di controllo dei rappresentanti dei lavoratori, ma non ha sostituito il ruolo della contrattazione sia per garantire una normativa adeguata alle disposizioni di legge, sia per destinare risorse agli interventi ambientali richiesti , sia per una formazione adeguata dei Rls e degli stessi lavoratori. Sono indicazioni che vengono dagli stessi Rls, riuniti a novembre in un convegno sull'attuazione della 626 in provincia di Varese, con l'aggiunta di prevedere indicatori legati alla sicurezza nella ridefinizione dei premi di risultato.

Infine un tema nuovo della contrattazione aziendale, ma di grande interesse può essere quello della mutualità. Più di un intervento nel dibattito al seminario di Gallarate ne ha indicato l'importanza, anche se, su questo tema, la Fiom ha voluto esprimere delle cautele e delle riserve. Si tratta in sostanza di pensare all'istituzione di Fondi mutualistici con cui attivare convenzioni e polizze a carattere sanitario, cogliendo una prerogativa offerta dalla recente riforma della sanità. E' uno strumento che potrebbe offrire la concreta possibilità di contrattare benefici di questo genere anche per i lavoratori che non siano dipendenti da grandi aziende, dove già sono presenti strutture sanitarie interne a costi convenzionati, strutture che ovviamente non sono accessibili alle aziende medie e tanto meno a quelle piccole.

Del resto i Fondi sanitari è bene che tengano conto delle situazioni della sanità locale, nella definizione delle convenzioni, e quindi, al contrario dei Fondi di previdenza complementare, sono un contenuto contrattuale più vicino alla contrattazione aziendale che non a quella nazionale. Data la novità dell'argomento, la Fim ha chiesto alla Cisl di Varese di farsi promotrice di un seminario che sappia dare maggiori indicazioni in merito ai delegati sindacali.

Il ruolo degli iscritti

Se è importante la definizione dei contenuti, non meno importante è l'individuazione del processo decisionale che dovrà caratterizzare la contrattazione aziendale.

Tra Fim Fiom Uilm si è registrata una larga convergenza a tenere fissi due paletti: l'approvazione delle piattaforme con referendum tra tutti i lavoratori e il mandato degli iscritti a concludere.

La Fim propone inoltre di rivalutare il ruolo degli iscritti anche nella preparazione delle piattaforme. Le modalità potrebbero essere diverse, ma tutte come applicazione di un medesimo concetto: gli iscritti concorrono con Fim Fiom Uilm alla definizione della piattaforma (tramite questionari, assemblee degli iscritti, etc..), i lavoratori ratificano la piattaforma proposta dal sindacato e dalla Rsu.

Il rapporto con i lavoratori non iscritti.

Ai lavoratori non iscritti, oltre ad essere riconosciuto un ruolo decisionale sulle piattaforme, può essere riconosciuto anche un ruolo di ratifica degli accordi. Il voto dei lavoratori deve seguire comunque quello della Rsu, che serve a dare effettività all'accordo, così come prevedono le intese sulla costituzione delle Rsu, recepite anche dal nostro contratto nazionale.

E' poi chiaro che quando la Rsu chiede il voto di ratifica dei lavoratori sull'accordo, ne deve necessariamente trarre le conclusioni sul proprio mandato nel caso l'accordo sia respinto.

E' poi maturo il tempo di sottoporre ai lavoratori non iscritti la richiesta di un contributo alle organizzazioni sindacali, ed eventualmente alle Rsu, per l'attività contrattuale di cui sono beneficiari al pari degli iscritti al sindacato.

Il problema è già stato affrontato negli ultimi rinnovi del contratto nazionale, prima con la quota legata alla distribuzione del testo del contratto e poi con la quota di servizio, in questo secondo caso con un risultato per la verità molto modesto.

La contrattazione aziendale in effetti si presta meglio a costruire un rapporto positivo con i lavoratori non iscritti. In primo luogo infatti il contratto aziendale è vissuto dai lavoratori con più coinvolgimento diretto e meno come "atto dovuto" delle organizzazioni sindacali. C'è quindi più motivazione ad esigere una quota di servizio.

In secondo luogo i temi della contrattazione, ed in particolare il Pdr, sono più il frutto della maturazione di una professionalità sindacale, che non il prodotto della lotta dei lavoratori. Nelle vertenze aziendali degli ultimi quattro anni c'è stata infatti un'assenza quasi totale di scioperi, mentre i lavoratori hanno ottenuto risultati salariali tutt'altro che disprezzabili. Infine nella contrattazione aziendale le soluzioni adottate possono essere le più diverse e quindi tenere conto di un confronto specifico con i lavoratori. Si può introdurre la quota di servizio nelle sue diverse modalità, nella forma positiva o in quella negativa; la si può definire in cifra fissa o legata ai risultati del premio; la si può chiedere con delega raccolta dopo la firma dell'accordo, ma anche prima del mandato conclusivo o addirittura all'atto dell'approvazione della piattaforma; si può infine renderla volontaria o di fatto obbligatoria, come percentualizzazione sul monte salari erogato come Premio di risultato o prevedendo una diversificazione del premio con importi più alti per i lavoratori iscritti. Anche questo non è infatti più un tabù nella contrattazione del nostro paese, dopo che almeno un accordo di questo genere è stato recentemente firmato alla SCA Packaging Italia spa, un'azienda grafica di Rosà, in provincia di Verona.

Deve essere in sostanza chiaro a tutti i lavoratori che i risultati della contrattazione non possono prescindere da un'attività, anche molto specializzata sotto il profilo contrattuale, delle organizzazioni sindacali. Un'attività che sempre assume la forma della contrattazione diretta con la controparte, spesso quella di supporto alla Rsu, come attività di informazione, formazione ed altro ancora. Il peso economico di questa attività non può gravare tutto sulle spalle degli iscritti. Gli iscritti, con l'associazione al sindacato, fanno una scelta politica ed esprimono un atto di solidarietà che prescinde dai risultati conseguiti. Ai lavoratori non si chiede ovviamente questo, ma un contributo proporzionato ai benefici ottenuti: in questi termini il problema va senz'altro affrontato, è una scelta di maturità per il sindacato e per la categoria nel suo complesso.

S.M.

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Premio di risultato

Una ricerca della Fim provinciale

La Fim di Varese, su richiesta dell'Università di Castellanza, ha recentemente elaborato un campione di aziende metalmeccaniche della provincia in cui si è fatta contrattazione del salario nel quadriennio 1995-1998. Si tratta di circa 60 aziende grandi, medie, piccole. In grande prevalenza si è contrattato il salario nella forma del premio di risultato. La ricerca fotografa in particolare il biennio più recente, il 1997-1998. La decorrenza media degli accordi considerati è compresa tra i due e i tre anni, non c'è quindi una valutazione dei risultati finali, bensì di quelli intermedi, considerata la vigenza degli accordi.

Nel 1997 (erogazione 98) il salario medio massimo erogabile è stato di Lit. 1.550.000, quello effettivamente erogato di Lit. 1.181.000, il 76%. Nel 1998 (erogazione 99) il massimo erogabile è stato di Lit. 1.760.000, quello effettivamente erogato di Lit. 1.292.000, ossia il 73%. Dentro queste medie gli importi salariali erogabili vanno da un minimo di Lit. 600.000 ad un massimo di Lit. 3.120.000, mentre gli importi effettivamente erogati sono compresi tra Lit. 0 e Lit. 3.150.000. In più casi, le erogazioni sono uguali o addirittura superiori ai massimi erogabili (è il caso di qualche accordo con il moltiplicatore legato alla presenza), in alcuni ne rappresentano una percentuale minima o addirittura nulla. Non sempre il conseguimento di un massimo erogabile superiore alla media si è pertanto tradotto in un aumento erogato analogamente superiore alla media. In particolare le aziende che nel 1997 hanno distribuito risultati salariali inferiori alla percentuale media del campione considerato (76%) rappresentano il 35% nel 1997 e il 29% nel 1998.

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Premio di risultato e lavoratori interinali

Il recente CCNL prevede che a partire dal 2000 il premio di risultato sia riconosciuto pro-quota anche ai lavoratori interinali che prestano la loro attività in aziende del settore metalmeccanico. Perché la clausola diventi operativa, occorre che sia disciplinata da un accordo aziendale. E' quindi importante che in tutte le aziende in cui è presente questo istituto salariale le Rsu chiedano alle direzioni un incontro per definire un'intesa in proposito e che lo facciano già a partire dal mese di gennaio.

Segreteria Fim Cisl Varese

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Premio di risultato

Salario differenziato tra iscritti e non iscritti al sindacato

Il 4 agosto scorso, alla SCA Packaging spa di Rosà, in provincia di Vicenza, un'azienda del settore grafico, è stato raggiunto un accordo sul premio di risultato, che differenzia le erogazioni a seconda che il lavoratore sia iscritto o meno al sindacato. Una clausola dell'accordo eleva infatti del 30% l'importo pagato ai lavoratori, se questi sono iscritti al sindacato. Lo stesso trattamento viene riservato ai lavoratori non iscritti che si associano al sindacato almeno tre mesi prima del saldo del premio, pagato nel mese di febbraio 2000. L'azienda si impegna inoltre a versare nella cassa interna dei lavoratori dello Stabilimento di Rosà, a scopi di solidarietà, la differenza fra Premio totale se tutti iscritti e Premio pagato.

E' forse il primo accordo di questo genere che viene siglato in Italia. Potrebbe rappresentare una nuova ed interessante strada per risolvere una contraddizione interna al movimento dei lavoratori, sempre meno sopportata dagli iscritti al sindacato.

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Le decisioni dell'assemblea dei delegati

Giovedì 2 dicembre si è tenuta l'assemblea nazionale dei delegati del Fondo Cometa

In tale occasione sono state fornite le informazioni relative all'andamento del fondo ed inoltre sono state approvate alcune decisioni

Le informazioni

Ad oggi sono circa 300.000 gli aderenti, occupati in circa 7.800 aziende e 10.000 stabilimenti; al 20 ottobre 1999 risultano versati circa 382 miliardi di contribuzione

Il valore della quota relativa al primo investimento realizzato con i versamenti del gennaio 1999 era pari a 20.000 LIRE oggi risulta essere di 20.702 LIRE con un rendimento del 3,5%; tale incremento potrebbe ancora essere migliore alla data di fine anno.

A partire dal 1° febbraio p.v. e fino al 31 marzo saranno inviati gli estratti conto relativi alla gestione 1999. Le modalità di invio potranno essere diverse: saranno consegnati direttamente dalle aziende quelli completi entro la prima data, mentre saranno spediti dopo e attraverso il servizio postale quelli che richiederanno ulteriore tempo per essere completati.

In questo periodo funzionerà, a carico del Fondo, un CALL-CENTER, per dare tutte le informazioni possibili a chiarimento degli eventuali dubbi ed incomprensioni esistenti.

E' stato confermato che i costi per le spese amministrative sostenute nel 1999 non saranno a carico dei versamenti contributivi effettuati, poiché sono state sufficienti le quote di iscrizione una tantum.

Le decisioni

L'assemblea ha deciso:

1. che la quota associativa da pagare nel 2000 per far fronte alle spese amministrative sarà contenuta entro le 24.000 lire (invece delle 40.000 possibili) di cui solo la metà a carico del lavoratore associato;

2. un compenso annuo per i componenti del Consiglio di Amministrazione pari a 130 milioni di lire da suddividere tra i dodici componenti, compresi il Presidente e il vice Presidente;

3. il rimborso spese per i componenti dell'assemblea che partecipano ai lavori delle stesse quando vengono convocate;

4. il compenso per i Revisori Contabili nel 2000, pari a 90 milioni di lire complessive.

E' stato infine modificato lo Statuto, recependo le modifiche legislative relative all'anticipo per l'acquisto della prima casa e per spese mediche. Inoltre è stata introdotta una normativa che permette, ai componenti del C.d.A. la partecipazione alle riunioni anche per teleconferenza.

Torino 6 dicembre '99

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Sistema ruoli professionali, seconda puntata

L'accordo Aermacchi

L'intesa arriva dopo sei mesi di trattativa. Adeguamenti di livello per più di duecento lavoratori, più del 50% degli occupati inserito nelle nuove fasce salariali. UNIVA non sottoscrive.

L'accordo

Per la firma si è dovuti arrivare a venerdì 17, una data considerata infausta, ma che non ha impedito in questo caso la conclusione della lunga vertenza, che anche all'Aermacchi ha portato all'accordo sui ruoli professionali.

L'accordo ha la stessa struttura di quello siglato lo scorso mese alla Delta Elettronica, già presentato sul n. 105 di "Informazione Fim".

I cardini del nuovo sistema sono quattro.

Il primo è il concetto di ruolo, che allarga anche alle relazioni organizzative, oltre che alla mansione e alle responsabilità, la descrizione delle "cose" richieste al lavoratore che occupa un determinato posto di lavoro. La descrizione così definita inoltre consente di misurare il livello di inquadramento di quel ruolo a prescindere dai lavoratori che lo occupano, conferendo a questa operazione un valore di maggiore oggettività di quella che sarebbe possibile se fosse eseguita direttamente sul lavoratore "in carne ed ossa". Quando un ruolo è "inquadrato" infatti, ciò stesso determina il livello professionale di qualsivoglia lavoratore gli venga assegnato.

Il secondo è lo strumento del Manuale delle professionalità. Il manuale rappresenta il metro con cui misurare le relazioni ed i compiti organizzativi del ruolo professionale (quantità e tipologia dei rapporti con altri ruoli, gestione delle informazioni, problem solving, contributo al risultato, polivalenza, ¼ ), partendo dal presupposto che il Contratto Nazionale, limitando la considerazione della professionalità alla mansione ed alla responsabilità, non consente quella misurazione. Il manuale è il frutto del lavoro di un gruppo aziendale che lo ha costruito e di una Commissione Paritetica tra azienda e sindacato che lo ha testato, emendato e certificato.

Il terzo è il nuovo istituto salariale delle fasce professionali, che consente di retribuire il livello di professionalità accertato tramite il Manuale delle professionalità.

Il quarto ed ultimo cardine è rappresentato dal lavoratore stesso, dalla sua facoltà di esaminare tutte le schede che definiscono il ruolo professionale a cui è stato assegnato, di poterne contestare i contenuti se incongruenti o non corrispondenti all'esercizio di quel ruolo medesimo, utilizzando una procedura che dovrà necessariamente produrre delle risposte argomentate, siano esse positive o negative.

Una strada tortuosa

Detto questo si può ben capire la "rivoluzione" introdotta non solo nelle relazioni sindacali, ma anche nelle stesse relazioni con il personale, dal sistema descritto, governato in modo congiunto dal sindacato insieme all'azienda.

Sono pure evidenti le difficoltà che normalmente rendono difficile perseguire intese di questo genere.

Anche in Aermacchi non è stato facile. La Fim ha dovuto cercare questo risultato con ostinazione, senza mai arrendersi in tutte quelle occasioni, numerose, in cui la nuova strada sembrava di fatto impraticabile. Gli ostacoli non si sono contati. Si è trattato innanzitutto di costruire una forte motivazione interna al Collettivo della Fim, vincendo aree di scetticismo, che si sono manifestate più di una volta nel corso della vicenda. Si è dovuto in secondo luogo convincere i nostri compagni di strada della Uilm e della Fiom. Qui la resistenza è stata più esplicita, non solo per la difficoltà a sintonizzarsi con un sistema del tutto nuovo, ma anche per la percezione chiara, sin dall'inizio, che affidarsi alle regole avrebbe limitato, insieme alla discrezionalità aziendale, anche quella di certi ambienti sindacali dove lo "scambio" è spesso criticato come politica, ma altrettanto frequentemente praticato come lobbing. C'è stato poi l'ostacolo azienda. In questo caso la costruzione delle condizioni della trattativa è stata particolarmente travagliata. Dopo sette anni di crisi e ristrutturazione, all'Aermacchi ci si è resi conto che le riorganizzazioni intervenute in tutti i settori aziendali non potevano più prescindere da un robusto intervento di revisione dei livelli e delle qualifiche, per concorrere a ridare motivazione e slancio alla ripresa di un processo di sviluppo. In questa occasione l'azienda non ha voluto interferenze, ha voluto fare da sé. Solo il "flop" che ne è seguito, in termini di consenso e di reazione tra i lavoratori, e in definitiva in termini di risultati, ha convinto tutti che processi del genere è bene che siano convenuti anche con il sindacato. Ciò ha portato alla prima intesa programmatica, a metà del 1996, ma anche dopo la strada non è stata breve, né semplice. L'adesione di un'azienda ad un processo di revisione dell'inquadramento, e soprattutto delle regole che lo governano, non può infatti fermarsi al "Personale" e neanche alla Direzione Generale. Questa materia obbliga ad ottenere l'adesione, attiva o passiva che sia, di tutta la "line" aziendale, dai vertici delle diverse direzioni, fino ai responsabili dei reparti e degli uffici. Considerando le inerzie, oltre alle resistenze, che normalmente caratterizzano il corpo di qualsiasi organizzazione complessa, azienda compresa, quando deve cambiare comportamenti consolidati, è facile comprendere le spinte che il sistema ha dovuto ricevere per muoversi in quella direzione.

Ultimo tra gli interlocutori di questa trattativa è stato l'Univa, l'associazione degli industriali di Varese. Univa, pur presidiando la trattativa fino all'ultimo e decisivo incontro, non ha firmato l'accordo e ciò la dice lunga sul ruolo che ha giocato. L'associazione ha tentato in un primo tempo di ostacolarne l'avvio. A trattativa avviata ha cavalcato tutte le spinte centrifughe per rallentarla il più possibile. Infine si è rassegnata a subirla, giocando la sua presenza sul tavolo negoziale per smorzarne, almeno nella forma e nelle parole del testo dell'accordo, gli aspetti più innovativi introdotti. Ora però dovrà interrogarsi sui motivi del proprio insuccesso. Questa vicenda ha dimostrato che i tempi sono maturi per una gestione più regolata e condivisa della classificazione e dello sviluppo professionale in fabbrica. Spingono in questa direzione l'evoluzione organizzativa delle aziende, che chiede ai lavoratori più partecipazione e consenso ai processi decisionali, la crescita culturale dei lavoratori, la competitività. Pensare di opporsi facendo diga ha un esito segnato, soprattutto là dove il sindacato, o almeno una sua parte, ha le idee sufficientemente chiare e le motivazioni necessarie per non fermarsi. Anche Univa dovrebbe farsene una ragione, promuovendo una nuova riflessione sull'argomento all'interno di Federmeccanica e non limitandosi a denigrare all'interno del proprio "palazzo" questo nuovo corso della contrattazione aziendale. Ma forse è chiedere troppo.

Restano dei limiti

Se il segno dell'intesa intervenuta con l'Aermacchi è senz'altro positivo, e come tale è stata recepita dai lavoratori in assemblea, l'accordo non manca di quei limiti che un'intesa innovativa, più di altre, può facilmente scontare. I limiti infatti sono strettamente ascrivibili alla novità ed alle riserve che sempre la novità determina nelle organizzazioni e più ancora nelle aziende. Nel nostro caso la Direzione di Aermacchi non è stata insensibile alle posizioni di Univa quando si è trattato di circoscrivere il più possibile il ruolo e le prerogative del sindacato nella gestione del nuovo sistema. La parte dell'accordo sulle procedure ne ha pertanto risentito, risultando a volte troppo scarna e a volte evasiva. Occorrerà quindi rimetterci mano in sede aziendale.

Sempre nello sforzo di circoscrivere il ruolo del sindacato, questa volta cercando di limitarne la rappresentatività, l'accordo è stato "plafonato" ai sesti livelli, in un'azienda in cui "settimi" e quadri rappresentano circa il 20% dell'occupazione, con un tasso di sindacalizzazione basso, ma non certo trascurabile.

Nell'intesa programmatica che sta alla base della trattativa, l'esclusione era stata limitata ai responsabili di funzione, a coloro cioè che sono presenti all'interno della linea di comando aziendale. Inoltre era intesa nei suoi aspetti gestionali, ma non in quelli costitutivi. In sostanza si trattava di costruire un sistema unico che valesse per tutti, ma che fosse gestito secondo le procedure convenute solo per una parte, seppur quella più rilevante, dei lavoratori. Nei fatti l'accordo finale non rispecchia questo intento programmatico, perché l'azienda si è rifiutata di classificare congiuntamente i ruoli superiori a quelli di 6° livello, nella misura in cui questo non fosse strettamente necessario per motivi di coerenza e di armonizzazione con i livelli inferiori.

Ciò crea le premesse per un sistema duale, con tutte le potenzialità di conflitto che questo comporta, da parte di chi sta sopra la soglia, per non disporre di un sistema e di procedure contrattate e quindi garantite anche dal sindacato, da parte di chi sta immediatamente sotto per il sospetto che l'azienda si sia voluta riservare una "zona franca" per politiche di favore impresentabili al resto dei dipendenti. Meglio sarebbe stato definire un sistema ruoli, con le medesime regole, che valesse per tutti i lavoratori. Questo sarebbe stato integrato da un secondo sistema, organico al primo, orientato a riconoscere e misurare il grado della responsabilità di funzione, con una indennità, o comunque un titolo retributivo correlato e riservato alla parte di lavoratori che esercita questa responsabilità. Questa parte del sistema sarebbe rimasta alla gestione aziendale, ma dentro un impianto in cui erano chiari i motivi che la "isolavano" dal resto.

Così purtroppo non è stato.

L'azienda si è detta convinta di aver ben rappresentato l'opinione dei lavoratori in questione, che a suo avviso aborriscono di essere "irrigiditi" nelle maglie di un accordo sindacale. Alla Fim questa sembra la "favola del lupo". Non ci vorrà molto tempo per capire chi aveva ragione.

M.S.

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Accordo Aermacchi

Non solo ruoli

L'accordo sui ruoli professionali all'Aermacchi è stato anche l'occasione per consolidare una conquista della contrattazione aziendale risalente alla fine degli anni settanta in materia di inquadramento. In due accordi, rispettivamente del 1978 e del 1981, l'allora Consiglio di Fabbrica aveva ottenuto di elevare l'inquadramento operaio fino al 6° livello, due livelli sopra al Contratto Nazionale. In Aermacchi pertanto, sin d'allora, gli operai hanno avuto uno sviluppo professionale che può portarli al livello aziendale 5° CLS, parificato al 6° livello del CCNL, passando per il 5° LS, parificato al 5° S del CCNL. Per parificazione si intende che a quel livello aziendale i minimi retributivi sono quelli del livello corrispondente del CCNL.

Tuttavia, in quegli accordi, mentre erano chiari i livelli salariali, meno precise erano le disposizioni che regolamentavano il passaggio di livello. Ciò ha consentito forzature e regalie negli anni delle "vacche grasse" ed una sostanziale "chiusura dei rubinetti" in quelli delle "vacche magre".

Con il recente accordo, vinta la tentazione aziendale di limitare la carriera operaia al livello 5° S, si sono stese due esaurienti declaratorie per i due livelli, corredate da opportune esemplificazioni. Ciò, oltre a portare chiarezza ed esigibilità all'interno dell'Aermacchi, consente anche fuori da questa azienda di utilizzare l'accordo come un interessante punto di riferimento per la classificazione della professionalità operaia.

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Artigiani

Relazioni sindacali a rischio!!!

Siamo ormai a pochi mesi dalla scadenza del Contratto Nazionale e secondo gli accordi vigenti, entro marzo dovrebbe essere elaborata la piattaforma per il rinnovo. La situazione attuale è però piuttosto complicata e rischia di far saltare il sistema di regole in vigore, con conseguenze negative per tutti.

Siamo infatti in una situazione che vede ancora permanere grosse difficoltà per il decollo dei Fondi dI Pensione Complementare, nonostante fossero previsti già dal `92, e la mancata conclusione dei dieci integrativi regionali aperti mediamente da un anno.

Nel caso dei fondi pensione, ogni volta che sembra si stia per arrivare alla conclusione nasce un problema nuovo; nel caso invece dei contratti integrativi, anche laddove, con molta fatica, è stato avviato il confronto, si fanno prevalere alle discussioni di merito, motivazioni che poco hanno a che fare con le materie del negoziato.

Tale situazione, accompagnata alle recenti posizioni assunte sulla legge per la rappresentanza e le ricorrenti insofferenze verso il sistema di relazioni sindacali, fanno pensare di essere in presenza di scelte politiche, da parte delle Associazioni Datoriali che, se mantenute, rischiano di mettere in discussione, proprio quando l'inflazione sta rialzando la testa, gli accordi sulla concertazione e la politica dei redditi, di cui il modello contrattuale fondato su due livelli di contrattazione, è parte integrante.

Tale opinione è rafforzata dal fatto che tali problemi non sono presenti solo nelle trattative dei metalmeccanici, ma in tutte le categorie impegnate nei rinnovi dei contratti regionali.

Per dare uno scossone e un chiaro segnale di svolta a tale situazione, FIM-FIOM-UILM hanno dichiarato una giornata di mobilitazione per il 13 dicembre, che è stata caratterizzata da una grossa manifestazione nazionale tenutasi a Reggio Emilia.

Speriamo che sia sufficiente, ma se davvero sta passando nelle Associazioni Artigiane l'intenzione di mettere in discussione il sistema di regole insieme definito, occorrerà che tutte le categorie, a partire dalle Confederazioni CGIL-CISL-UIL chiedano l'apertura di un confronto con le Associazioni ad ampio raggio. Si dovrà infatti cercare di rimuovere, in tempi brevi, tutti gli ostacoli che bloccano l'effettivo svolgimento della contrattazione regionale e la sua conclusione, così come le applicazioni complete dei contratti Nazionali, se necessario, promuovendo una grossa iniziativa nazionale di protesta.

A.L.

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La nuova tutela del lavoro minorile

In attuazione della direttiva n° 94/33/Ce, è stato emanato il D.L. 4/8/99 n° 345 relativo alla protezione dei giovani sul lavoro, sostituendo quasi completamente la legge n° 977/1967.

Le nuove disposizioni prevedono la sostituzione del termine "fanciulli" con quello di "bambini"; conseguentemente, i soggetti ora tutelati sono:

- il bambino, cioè il minore che non ha ancora compiuto i 15 anni di età o che è ancora soggetto all'obbligo scolastico;

- l'adolescente, cioè il minore di età compresa tra i 15 e 18 anni, che non è più soggetto all'obbligo scolastico.

L'età minima per l'ammissione al lavoro viene fissata quindi al momento in cui il minore ha concluso il periodo di istruzione obbligatoria e comunque non può essere inferiore ai 15 anni compiuti.

Gli adolescenti non potranno essere adibiti a particolari lavorazioni, processi e lavori indicati in un apposito elenco.

E' vietato in ogni caso adibire i minori al lavoro notturno, intendendosi per lavoro notturno, un periodo di almeno 12 ore consecutive comprendente l'intervallo tra le ore 22 e le ore 6. Gli adolescenti che hanno compiuto 16 anni di età, possono eccezionalmente essere adibiti, per il tempo strettamente necessario, al lavoro notturno, in presenza di casi di forza maggiore che ostacolano il funzionamento dell'azienda; tale occupazione notturna, dovrà comunque essere temporanea, non dovranno essere a disposizione lavoratori adulti e dovranno essere concessi equivalenti periodi di riposo compensativo entro le successive tre settimane.

A.L.

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Un Giubileo per il debito dei Paesi poveri

Intervista a monsignor Giovanni Giudici, Vicario generale della Diocesi di Milano

Nel numero di settembre "Informazione Fim" ha ospitato un articolo di Gianni Italia, presidente dell'Iscos, l'istituto della Cisl per la cooperazione con i paesi poveri, sul problema del debito estero di questi paesi. L'articolo denunciava la situazione dei paesi del terzo mondo, che sono costretti ad utilizzare tutti gli aiuti umanitari che ricevono per pagare gli interessi del debito, alimentando una spirale negativa che frustra sistematicamente i loro sforzi per uscire dal sottosviluppo. Da allora qualche passo avanti, anche se insufficiente, è stato fatto dai paesi industrializzati, i beneficiari degli interessi pagati dai paesi poveri. In particolare l'Italia ha annunciato di rinunciare ad una buona parte del debito stesso. In questi giorni il dibattito è stato rilanciato dalla Conferenza Episcopale Italiana, che si è impegnata, in occasione del Giubileo, a pagare il debito di due dei paesi più poveri. "Informazione Fim" interviene di nuovo su questa importante questione con l'intervista che segue, raccolta nel mese di agosto da Graziano Resteghini.

 - Nella primavera scorsa, ancor prima di divenire Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi aveva annunciato l'intenzione dell'Italia e di altri paesi occidentali, di cancellare parte del debito accumulato dai paesi del terzo mondo. Una decisione più volte sollecitata e attesa anche e soprattutto da parte della Chiesa cattolica.

La preparazione remota, e ora prossima, del grande Giubileo dell'anno 2000 aveva richiamato questo tema; poi le riflessioni degli esperti della Banca Mondiale avevano rafforzato le ragioni di opportunità della proposta della Chiesa. Tanto di guadagnato se il tema è sollevato da competenze così diverse. L'importante è che esso sia accolto dall'opinione pubblica e dai Governi.

- Parte della Chiesa, penso soprattutto a chi, come i missionari comboniani, sono impegnati a fondo nei paesi più poveri, ritiene che questi provvedimenti siano insufficienti: il costo in vite umane ed in risorse fatte affluire ai paesi ricchi da queste terre ha già dato più di quello che è stato riconosciuto. Lei, che ha anche la responsabilità della Pastorale Missionaria della diocesi di Milano, cosa pensa a riguardo?

Il rilievo espresso da queste voci critiche è obiettivo. Basterebbe pensare alle barriere doganali elevate dai paesi ricchi su moltissimo prodotti dei paesi poveri per comprendere come si possa facilmente privare questi paesi di risorse per loro molto importanti, non solo per il denaro che portano, ma soprattutto per la dignità del lavoro che potrebbero promuovere.

- Come si inserisce questo invito nel contesto del Giubileo?

Per andare alla radice del tema, diciamo che il Giubileo è la festa per la nascita di Gesù di Nazaret; chi Gli è grato per ciò che ha fatto e ha detto, non trova di meglio che mettere a frutto il suo essenziale insegnamento circa la fraternità che saldamente unisce ogni creatura umana. Dato che ha parlato di un unico Dio Padre di tutti. Così nasce la decisione di guardarsi attorno e di riconoscere che una discriminante gravissima presente oggi nel mondo a proposito della uguale dignità di ogni persona è la sperequazione dei beni economici posseduti dalle diverse nazioni, e presenti in differenti parti del mondo.

- La diocesi ambrosiana, oltre ad essere la più grande del mondo,accoglie una grande quantità di persone che vengono da questi paesi, addetti nella quasi totalità a lavori umili e pesanti: questa situazione crea tensioni e problemi si carattere sociale. Quale la radice da cui trarre le indicazioni operative per mitigare le conflittualità e su cui basare una vera società multi culturale e multi etnica?

La radice a cui rifarsi in questo preciso tema è la stessa radice dell'etica: vogliamo la vita buona delle persone. Noi vogliamo una società che sopporti i conflitti che sono connessi in maniera direi fisiologica in ogni vivere sociale. Allora occorre che guardiamo in faccia alle nuove correnti di migrazione dei popoli, ne riconosciamo la inarrestabile forza, e ci attrezziamo a vivere la novità del nostro tempo con fiducia nelle ragioni profonde di incontro e di dialogo che ogni creatura umana porta con se, inscritte proprio nella realtà della sua persona. Queste ragioni sono l'esperienza del lavoro, l'incontro uomo-donna, la conflittualità, il dolore, il nascere e il morire. Su questi temi ogni persona umana sa che l'altra persona sperimenta ciò che lui stesso sperimenta.

Occorre infine ricordare che in genere si parla del `debito estero' e si calcola a quanto esso ammonta; in realtà è più giusto porre al centro del problema la ricchezza che esiste al mondo, molto spesso solo raccolta e non utilizzata; essa è largamente sufficiente a sanare il debito. Certo occorre poi domandarsi, e quindi studiare, come la sua distribuzione eventuale può diventare occasione di crescita delle persone e delle economie attualmente disastrate. Ma su questo punto della indagine e della proposta vi è molta strada ancora da fare. Speriamo che il Giubileo ci consenta di progredire anche in questa direzione aperta dalle competenze e dalla fantasia delle persone esperte.

Intervista curata da Graziano Resteghini

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Cagiva

Due delegati della Fiom si dissociano

Alla MV Agusta Motor due delegati della Fiom si sono pubblicamente dissociati dal comunicato della loro organizzazione che ha contribuito a provocare il licenziamento di un delegato della Fim (vedi articoli in "Informazione Fim" n. 105). I delegati sono Oreste Rossi e Armando Seddio. In uno dei due comunicati affissi alle bacheche aziendali si legge testualmente che "il sottoscritto ¼ rende noto di non aver mai sottoscritto il comunicato datato 05.11.99 (n.d.r. si tratta del comunicato Fiom) ¼ pertanto si dissocia da quanto ivi contenuto, non essendo a conoscenza dei fatti." Ciò rende ancora più preoccupante l'inqualificabile iniziativa assunta da un segretario della Fiom, a questo punto palesemente forzata su una parte degli stessi delegati Fiom di fabbrica

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Atea

Respinto il ricorso della Fiom

Regolari le elezioni della Rsu alla Atea di Bardello. E' questo il lodo emesso con giudizio unanime dal Comitato dei Garanti provinciale, a cui aveva presentato ricorso la Fiom di Besozzo, chiedendo l'annullamento delle elezioni per presunte irregolarità. In particolare nel verbale del Comitato si dice che il ricorso della Fiom "presenta una carenza di motivazione, in quanto con il medesimo riiorso viene richiesto l'annullamento delle elezioni per la costituzione della Rsu presso la ditta Atea spa senza menzionare le motivazioni a sostegno del ricorso".

La contestazione era nata dopo che la Fiom si era opposta con argomenti artificiosi al rinnovo della Rsu, scaduta da 10 mesi. Questa organizzazione, dopo essersi astenuta dal presentare una propria lista, ha cercato pretestuosamente di ottenere l'annullamento delle elezioni. L'operazione non è riuscita ed il risultato ottenuto è l'autoesclusione della Fiom dalla gestione delle relazioni sindacale in una delle più importanti aziende della zona Laghi.

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