freccia__s.gif (396 byte)

Il numero di marzo '09

marzo09.jpg (27561 byte)

linea_verticale.gif (64 byte)

 

Quando l'ideologia torna a prevalere sulla ragione

Nel mese di gennaio è stato raggiunto un accordo importante tra le parti imprenditoriali e le organizzazioni sindacali sul sistema delle relazioni sindacali. Come è noto tale accordo non è stato firmato dalla sola Cgil che ha deciso di organizzare da sola un referendum.

La storia degli ultimi 8 anni aveva visto le Organizzazioni Sindacali Cgil-Cisl-Uil e ancora di più Fim-Fiom-Uilm impegnate in un confronto duro sul ruolo del sindacato in Italia, in qualche caso andando anche oltre i limiti consentiti di un civile dibattito democratico, soprattutto nei luoghi di lavoro.

Nel nostro territorio tali diversità e tensioni sono state gestite con consapevolezza e rispetto reciproco, consentendo tutto sommato, di mantenere rapporti costruttivi e ogniqualvolta si presentava l’occasione, recuperare velocemente i rapporto unitari consentendo anche iniziative particolarmente importanti.

La consapevolezza, che tra i lavoratori, tra le persone, ci sono opinioni e aspettative diverse, tutte legittime e tutte da rispettare, ha reso possibile un’unità di azione che speravamo duratura. Tale condizione aveva portato con il governo Prodi a siglare unitariamente la riforma del Welfare il 23 luglio 2007 e alla stesura di una piattaforma unitaria, ampiamente diffusa e discussa con i lavoratori (vedi Inserto).

Quella Piattaforma si poneva due obiettivi: riformare il sistema contrattuale per garantire un sistema di relazioni sindacali più certo a tutela dei lavoratori ed in particolare dei precari e una serie di interventi di politica fiscale per meglio tutelare i redditi da lavoro.

Per il nuovo sistema di relazioni sindacali si stabilivano alcuni obiettivi (cito i contenuti della piattaforma e le parti virgolettate riportano fedelmente i testi): regole uguali per tutti (pubblici e privati); definizione di un nuovo indicatore di inflazione "utilizzando altri indicatori certi quali il deflattore dei consumi interno o l’indice armonizzato europeo corretto con il peso dei mutui"; " superamento del biennio economico e la fissazione della triennalità della vigenza contrattuale, unificando così la parte economica e quella normativa; superamento del meccanismo delle unatantum e della IVC in caso di ritardato rinnovo contrattuale prevedendo l’inizio del percorso di rinnovo 6 mesi prima e riconoscere l’aumento concordato dalla data di scadenza del Contratto precedente; rafforzamento della bilateralità quale "strumento attuativo esclusivamente al servizio della contrattazione; la "diffusione qualitativa e quantitativa del secondo livello di contrattazione" prevedendo la decontribuzione pienamente pensionabile con misure aggiuntive di detassazione che "potrà essere aziendale o territoriale potendosi dispiegare in una molteplicità di forme: regionale, provinciale, settoriale, di filiera, di comparto, ec.."; " la contrattazione di secondo livello sarà incentrata sul salario per obiettivo rispetto a parametri di produttività, qualità, redditività, efficienza, efficacia," ecc….

Questi erano i contenuti della piattaforma unitaria che riportiamo nell'inserto. Il risultato della trattativa ha portato all’accordo sulle regole della contrattazione i cui contenuti principali sono: la definizione di un nuovo indicatore dell’inflazione (IPCA), la triennalità economica e normativa dei contratti; la definizione della contrattazione di secondo livello; le misure incentivanti certe incrementate e rese strutturali come la defiscalizzazione e la decontribuzione; la spinta alla stipula di accordi per la diffusione della contrattazione nelle piccole e medie imprese; l’adozione dell’elemento economico di garanzia; la possibilità di derogare temporaneamente dalle norme contrattuali in funzione del governo delle situazioni di crisi evitando di essere costretti alle operazioni equilibristiche a cui spesso siamo stati costretti nel passato (pubblichiamo comunque l’accordo integrale).

Riteniamo quindi che vi sia una corrispondenza tra richieste e risultato finale. Questo è il motivo che ha portato la Cisl a firmare l’accordo. Non solo perché erano dieci anni che si tentava di riformare un assetto contrattuale che aveva limiti evidenti ed era figlio di una fase storica e di un contesto economico specifici. Ma soprattutto perché, nella situazione critica di debolezza economica che viviamo è positivo avere raggiunto un risultato conclusivo dopo un negoziato complesso durato 10 mesi. Sappiamo bene che nelle fasi di difficoltà, se non ci sono regole a vincere è il più forte.

Abbiamo sperimentato in questi anni i limiti del modello definito nel 1993 e ne abbiamo pagato il prezzo e le insufficienze. Li abbiamo pagati a livello nazionale. L’ultima volta, nel recente rinnovo del CCNL, quando da luglio 2007 a dicembre dello stesso anno il confronto si è arenato sul contenzioso del tasso di inflazione da prendere a riferimento per calcolare gli aumenti salariali.

E lo abbiamo pagato a livello decentrato, con una insufficiente diffusione del secondo livello di contrattazione, fatto che ha comportato l’unilateralità spinta da parte delle imprese nel riconoscimento del merito attraverso erogazioni senza regole oggettive.

Il significato dell’accordo è per noi alto anche per la filosofia delle relazioni sindacali che contiene e che coltiva. Un investimento sul confronto tra le parti sulla base di regole condivise e sulla coesione, in alternativa all’idea che il conflitto produca i risultati migliori e i benefici più consistenti per i lavoratori.

L’accordo inoltre prevede l’impegno a definire nuove regole in materia di rappresentanza e a farlo in tempi brevi. Dovrebbe quindi essere considerato normale concludere anche questa parte per poi procedere, in base alla norme concordate, alla consultazione dei lavoratori.

Il tema della rappresentanza e di quali strumenti utilizzare per verificare la condivisione dei lavoratori quando si fanno gli accordi o quando ci sono opinioni diverse è un argomento di cui si discute da troppo tempo: occorre regolamentare la materia.

Due sono fondamentalmente i problemi da risolvere. Il primo riguarda il ruolo che vogliamo dare agli iscritti al sindacato; noi riteniamo che tali lavoratori devono avere la precedenza nei momenti in cui si devono prendere le decisioni (peraltro da anni sosteniamo che anche i risultati della contrattazione dovrebbero privilegiare gli iscritti ma la Cgil è contraria). Il secondo è lo strumento, noi riteniamo che il referendum può essere usato ma secondo criteri che garantiscano davvero: l’informazione a tutti in modo corretto (e sappiamo cosa succede spesso nelle assemblee dove siamo in minoranza e dove spesso non ci è nemmeno consentito parlare), il coinvolgimento effettivo di tutti i lavoratori e pensionati (come arrivare nelle fabbriche non sindacalizzate, come garantire la presenza di tutte le posizioni in tutte le fabbriche, come può essere garantita la correttezza di una consultazione fatta nelle piazze o peggio nei mercati?)

Far finta che questi problemi non esistono e richiamarsi genericamente alla pratica referendaria, serve solo come alibi per la propria coscienza per nascondere la mancanza di risultati, costringiamo le persone a schierarsi più a difesa della propria organizzazione che alla valutazione dei contenuti. Si finisce così con il riproporre e perpetuare un vecchio modo di lavorare che ha nella difesa ideologica il proprio baricentro. E’ il ritorno del trionfo dell’ideologia sulla ragione e sulla razionalità.

E tutto ciò mentre il mondo va da un’altra parte e ci sarebbe bisogno di una forte unità di iniziativa sindacale che è possibile ritrovare solo con il rispetto delle idee altrui alla ricerca delle giuste e necessarie mediazioni.

Come se la storia del recente passato nulla ci avesse insegnato. Mi riferisco in particolare al quadriennio del precedente governo Berlusconi quando, nonostante gli scioperi unitari fatti, non si sono prodotti risultati minimamente significativi. Ciò conferma che, in un sistema politico maggioritario, chi ha la maggioranza governa e decide prescindendo dalle opinioni delle parti sociali e l’unico modo per modificare tali opinioni è quello di mantenere aperto un livello di contrattazione continuo, che produca risultati, anche parziali, ma costanti.

 

Freccia_alto.gif (405 byte)

La Fim a Congresso

Eletti i nuovi organismi dirigenti

Il 26 e 27 febbraio si è svolto il 2° Congresso Territoriale della Fim di Varese.

Un Congresso importante che ha visto la partecipazione di 107 delegati in rappresentanza dei 4.057 iscritti presenti nelle aziende metalmeccaniche. Un Congresso che si è collocato in un momento importante per la vita sindacale, sia per la situazione di crisi economica che sta attraversando il paese sia per le tensioni presenti tra le organizzazioni sindacali.

Un’occasione quindi per fare il punto della situazione con franchezza, andare ad evidenziare gli eventuali limiti delle scelte fatte, verificare il consenso e definire i programmi e le iniziative per il futuro.

A partire dalla relazione del segretario uscente (chi è interessato può chiederla agli operatori sindacali o scaricarla dal nostro sito www.fim.varese.it) che ha affrontato punto per punto tutti gli aspetti problematici all’ordine del giorno formulando anche proposte e ipotesi di lavoro.

Riconoscere le differenze, unire le persone, contrattare, lo slogan del Congresso, rappresenta in modo sintetico le problematiche del nostro tempo. Una fase storica complicata dalla crisi economica che sta interessando tutto il mondo e che necessita di un forte spirito unitario che, nel rispetto delle differenze di opinione, sesso, generazionale, sia in grado di trovare le necessarie sintesi. Solo la contrattazione è lo strumento che può consentire di trovare le giuste risposte perché, essendo basata sul confronto continuo con la controparti e con i lavoratori rappresentati, permette di costruire le soluzioni con il consenso delle parti interessate.

Il dibattito è stato arricchito poi dagli interventi numerosi dei delegati presenti al Congresso. Giovani delegati, uomini e donne, provenienti anche da medie e piccole fabbriche che danno un segno forte di vitalità a conferma che, i giovani e donne, vogliono essere protagonisti della loro storia.

Il Congresso ha poi approvato un documento finale con gli impegni presi per il prossimo futuro (vedi pag. 4).

In conclusione dei lavori è stato eletto il nuovo Consiglio Direttivo composto da 76 componenti, i delegati che dovranno rappresentare la Fim di Varese al Congresso regionale Fim e quelli per il Congresso provinciale Cisl.

Al termine dei lavori, il nuovo Direttivo della Fim ha eletto il segretario generale e la segreteria riconfermando nelle cariche Loris Andreotti (segretario generale), Mario Ballante e Graziano Resteghini (segretari). La votazione invece del Comitato Esecutivo è stata rinviata alla successiva riunione del Consiglio Direttivo nel quale saranno definiti anche gli incarichi di segreteria.

La situazione organizzativa

Al Congresso è anche stato presentato lo stato di salute della Fim provinciale. I dati sono confortanti sia per il clima interno che per i risultati raggiunti. Tutto ciò è dovuto al lavoro di squadra che ha caratterizzato l’attività in questi anni. Un lavoro di squadra che ha visto protagonisti ben 250 delegati di fabbrica, un numero costantemente in crescita, in rappresentanza di 394 aziende. Una situazione che ha visto la crescita anche del numero di iscritti passando dai 4.019 del 2007 ai 4.057 del 2008 (nel 2005, l'anno del precedente congresso, erano 3.808). E tutto ciò nonostante i problemi che hanno toccato il settore industriale della nostra provincia che ha visto la chiusura o la forte riduzione di personale nel quadriennio precedente e che ha interessato parecchie aziende storiche (si pensi alla Atea, alla Italtractor, ecc…) dove la Fim era fortemente presente e radicata. Si riduce il numero delle aziende medio grosse e aumenta il numero delle aziende piccole o piccolissime con conseguente aggravio di lavoro.

E questo dato lo si sta registrando in maniera molto forte in questi primi mesi del 2009 con l’acutizzarsi della crisi economica. Segnale inequivocabile che ci si accorge dell’importanza del sindacato soprattutto quando se ne ha bisogno. Ne è una dimostrazione in questi giorni l'alto afflusso di persone negli uffici sindacali.

Come ormai tradizione da anni, anche quest’anno sono stati premiati i delegati che maggiormente hanno partecipato al raggiungimento di tali risultati. Il segretario nazionale Bruno Vitali ha consegnato l’orologio Fim a: Groli Armando della ditta Rmt Valvomeccanica, Testa Adelio della LP di Venegono, Abdullah Rahaman della ACSA di Gallarate, Fantozzi Riccardo della Agusta e Casiraghi Davide della Whirlpool.

Infine, è stato salutato con il riconoscimento della Fim anche Ielpo Francesco, componente storico del Direttivo Fim e da qualche anno revisore dei conti oltre che delegato della Bragonzi. Ielpo durante il 2008 ha maturato il requisito della pensione e quindi ha lasciato la Fim. A lui un ringraziamento per il lavoro svolto e il contributo dato in tutti questi anni.

Freccia_alto.gif (405 byte)

Documento Conclusivo del 2° Congresso Fim di Varese

Il congresso della FIM-CISL di Varese tenutosi il 27 febbraio 2009 a Villa Cagnola di Gazzada approva la relazione del segretario generale con i contributi portati dai delegati.

Esprime grave preoccupazione per la crisi economica e finanziaria che sta attraversando

tutti i paesi ed in maniera particolare il nostro. Una crisi che inevitabilmente avrà pesanti riflessi sulla vita dei lavoratori e dei ceti sociali più deboli in generale e che porterà certamente ad allargare l’area di disagio sociale. Ciò vale a maggior ragione in un paese come il nostro dove sono più marcati disuguaglianze e squilibri e dove si fa sempre più evidente il fenomeno della frammentazione sociale.

Una crisi pesante che dobbiamo affrontare come opportunità per dare nuova spinta e linfa al nostro agire, perché vengano introdotte dinamiche di solidarietà nei meccanismi di mercato dominato da individualismo e da una logica di sola profittabilità.

In questo senso riteniamo che i provvedimenti del governo varati con il pacchetto anticrisi, devono essere considerati insufficienti ed occorre invece estendere e generalizzare gli ammortizzatori sociali, indispensabili per evitare che i riflessi della crisi si riflettano solo ed esclusivamente sui lavoratori.

Il Congresso esprime preoccupazione per la mancata sottoscrizione da parte della CGIL dell’accordo sulla riforma contrattuale. Una preoccupazione forte in quanto oggi più che mai i lavoratori hanno bisogno di un sindacato unitario per meglio rispondere a chi si ostina a perseguire una logica di deregolamentazione contrattuale.

L’unità sindacale è per noi un valore aggiunto, un orizzonte strategico che bisogna costruire giorno dopo giorno assumendosi responsabilità e cercando mediazioni possibili.

Il congresso ritiene doveroso impegnarsi a ricercare linguaggi ed elaborazioni comuni tra FIM-FIOM-UILM territoriali per chiudere e recuperare una fase terribile di deterioramento dei rapporti. Fenomeno che, in questi anni si è inevitabilmente trasferito nei luoghi di lavoro determinando gravi difficoltà per la soluzione dei problemi e per gli stessi lavoratori.

La Fim auspica che insieme alla definizione delle specifiche intese si affronti anche il tema della rappresentanza sindacale e della consultazione dei lavoratori e che ciò permetta alla Cgil di rimanere ai tavoli per una conclusione unitaria.

La FIM ritiene centrale la contrattazione come risorsa per sviluppare un nuovo protagonismo in grado di intercettare nuove domande e rappresentare nuovi bisogni, a partire dalla tutela dei soggetti più deboli del mercato del lavoro evitando che flessibilità sia sinonimo di precarietà.

In tal senso ritiene di ribadire che il contratto a tempo indeterminato sia lo strumento primario di accesso al mercato del lavoro. Ritiene altresì sia necessario semplificare le tipologie nuove di ingresso al lavoro, ridurle, onde evitare che diventino un facile strumento di precarietà.

La FIM ritiene necessaria la revisione del patto associativo su cui si fonda la ripartizione delle risorse all’interno della CISL. Le proposte approvate con la specifica mozione allegata vanno in tale direzione.

Il Congresso inoltre ritiene si debba lavorare sempre più nel nostro territorio per una sempre maggiore sinergia con la Cisl e le altre categorie per garantire servizi agli iscritti sempre più professionali ed efficienti ma anche per il rafforzamento di un intervento sindacale in grado di affrontare le nuove sfide che arrivano dal decentramento amministrativo.

Il Congresso ritiene indispensabile che si apra una seria discussione interna alla Cisl sul tema delle risorse energetiche per il futuro con il fine di privilegiare l’uso delle energie naturali e rinnovabili.

Approvato all’unanimità

Freccia_alto.gif (405 byte)

La crisi colpisce Varese

Sempre più aziende ricorrono alla cassa integrazione

La crisi economica si sta fortemente aggravando anche nella nostra provincia. I dati sono allarmanti. Nella sola zona di Busto Arsizio, su un totale di 70 aziende seguite dalla FIM, ben 37 hanno in corso la cassa integrazione ordinaria, così come nella zona di Saronno, su un totale di 40 aziende sono 12 le aziende che stanno ricorrendo alla cassa integrazione e così via nelle altre zone della nostra provincia.

Tra le aziende che stanno ricorrendo alla cassa integrazione ci sono aziende storiche della nostra provincia, grosse e meno grosse, aziende che neppure sapevano cosa fosse la cassa integrazione. Solo per citarne alcune si va dalla Fratelli Borroni alla Riva Acciai, alla Finnord, grossi problemi sono presenti alla INDA di Caravate, e così via, senza contare l’accordo raggiunto alla Whirlpool dove non sono stati rinnovati alla scadenza i contratti a tempo determinato o di somministrazione per circa 200 lavoratori ed è già in programma il ricorso alla mobilità con accompagnamento alla pensione per circa altri 150 lavoratori a partire dal mese di settembre. Anche BTicino, azienda che negli ultimi anni ha raggiunto risultati economici eccezionali, alla fine ha dovuto arrendersi a questa situazione. Per ora si tratta di pochi giorni di C.I.G.O. ma che seguono una fase di chiusure collettive con l'utilizzo di ferie arretrate, e comunque anche in questo caso si è verificata la perdita di quasi tutti i contratti a termine e somministrati (circa 350). E' questo il problema grave che purtroppo trova poco spazio nei mass-media, ma che ha raggiunto ormai livelli troppo alti ed è ancora senza risposte adeguate di ammortizzatori sociali.

Se infatti consideriamo coloro che avendo contratti a tempo non se li sono visti rinnovati (praticamente quasi tutti), la situazione è di forte preoccupazione anche perché la cassa integrazione ordinaria può trascinare con se il ricorso alla Cigs o peggio, per moltissime piccole aziende la mobilità, con l’esclusione dal processo produttivo di migliaia di lavoratori.

E’ sicuramente importante l’accordo raggiunto nella nostra provincia con il sistema bancario sulla possibilità di avere anticipata la Cassa integrazione straordinaria e la cassa integrazione in deroga. In una situazione di così grande difficoltà è importante trovare soluzioni che evitino di far gravare tutto il peso della crisi sui lavoratori. La mancanza di liquidità che sta gravando su molte aziende determina l’impossibilità delle stesse di anticipare l’indennità Inps, privilegiando il pagamento diretto al lavoratore che però, normalmente avviene dopo diversi mesi. L’accordo prevede che:

· le Banche, a richiesta del lavoratore, concedano finanziamenti individuali regolati sul conto corrente, fino ad un importo massimo di euro 6.300,00. L’importo anticipabile sarà, infatti, pari all'80% della retribuzione mensile fino a un massimo di 900,00 euro per rata erogata per un periodo massimo di 7 mesi;

· le Banche, sempre attraverso i loro sportelli, attiveranno le procedure necessarie per la concessione delle anticipazioni, secondo le modalità singolarmente definite da ciascun istituto di credito e valide per tutti i suoi clienti, alle persone che ne faranno richiesta, garantendo condizioni prive di costi bancari e ad un tasso non superiore al tasso EURIBOR 3 mesi.

E’ altrettanto significativa anche l’esperienza avviata in provincia di Varese fortemente voluta dalla Cisl sulle "doti lavoro", il nuovo sistema di ricollocazione dei lavoratori tramite l’intervento delle politiche attive del lavoro (orientamento, formazione professionale, supporto alla ricerca di un nuovo posto di lavoro) di cui abbiamo già spiegato il funzionamento nel nostro giornale n° 166 di ottobre (chi fosse interessato lo può chiedere a funzionari sindacali o scaricarlo dal sito www.fim.varese.it). L’avvio è stato piuttosto complicato come peraltro è stato complicato arrivare all’accordo, ma ora che finalmente è stato avviato ci attendiamo possa diventare un utile strumento peri lavoratori oltre che riferimento generale per una riforma del mercato del lavoro che deve vedere nelle politiche attive per il lavoro uno degli strumenti necessari e concreti di gestione in una situazione sempre più flessibile ed in movimento.

Occorrono però interventi legislativi importanti per tutelare l’occupazione, l’esperienza professionale e insieme la ricchezza del nostro territorio. Purtroppo l’intervento fatto dal governo per estendere gli ammortizzatori sociali finalizzato ad evitare il licenziamento per i lavoratori precari e per i settori che non ne avevano diritto è ancora praticamente inapplicabile e ancora non si intravedono soluzioni convincenti in grado di rispondere in modo adeguato. Occorrono maggiore incisività e coraggio.  

Freccia_alto.gif (405 byte)

La crisi alla Meccanica Finnord

Tra speranze e delusioni

La situazione di crisi che imperversa nel settore automotiv ha colpito anche la zona del Gallaratese, in particolare la Meccanica Finnord S.p.A di Jerago, l’azienda che produce raccordi e tubazioni del sistema frenante d’auto e moto.

La cassa integrazione ordinaria è iniziata a settembre 2008 per i 403 lavoratori della Finnord, indistintamente tra operai e impiegati. La cassa è stata chiesta inizialmente per tutte le maestranze e per un periodo di 13 settimane, ma a gennaio l’azienda ha richiesto ulteriori 13 settimane di CIGO.

Non abituati a tale provvedimento, poiché in più di 40 anni d’attività l’azienda è ricorsa agli ammortizzatori sociali solo una volta, i dipendenti hanno dimostrato subito grande preoccupazione per il futuro del proprio posto di lavoro.

La RSU di fabbrica ha un rapporto di grande unità sindacale e può contare sulla partecipazione e disponibilità delle maestranze, abituate alla mobilitazione e, quando serve, alla "lotta dura senza paura". Lo hanno dimostrato nell’ultimo contratto nazionale bloccando per ben due giorni l’autostrada a Cavaria e la strada provinciale varesina. Questa unità interna ha consentito d’ottenere un’omogenea cassa integrazione per tutti coinvolgendo nella rotazione anche gli attrezzisti e nel caso di reparti completamente chiusi anche i capi reparto, per evitare il solito circolo vizioso con i soliti nomi. L’accordo prevedeva anche da parte della RSU il controllo e la verifica dei nominativi al fine di ottenere il dovuto ricambio delle maestranze operanti nei vari reparti. La cosa più importante e concreta che si è ottenuto, è stata quella di non dare in mano ai capi reparto l’organizzazione del personale da lasciare a casa in CIGO, creando anche del risentimento da parte di alcuni capi che si sono sentiti sminuiti del loro ruolo.

Oggi la situazione purtroppo è cambiata, le dovute rotazioni sono state un po’ messe da parte poiché l’azienda ritiene molti lavoratori capaci di svolgere un'unica mansione e che ciò limita le possibilità di rotazione, costringendo a privilegiare coloro che, secondo un'opinione miope, sono in grado di svolgere più mansioni.

Sono così iniziati forti contrasti con la direzione che sembra irremovibile dalle posizioni prese. A breve vi sarà un incontro in sede Univa a Gallarate per definire i dettagli di ulteriori 13 settimane di CIGO. La RSU al completo fortemente unita, solleverà anche in quella sede le problematiche sopra citate nella speranza d’ottenere un miglioramento delle posizioni lavorative e della rotazione stessa.

Altro nodo da sciogliere, per la RSU, è legato al fatto che solo alcuni reparti hanno lavoro sufficiente per tutte le maestranze, questo ovviamente crea malumore e forti perplessità nelle maestranze in forza nei reparti più colpiti dalla CIGO.

Per concludere il governo doveva immediatamente prendere serie misure, come peraltro lo dovrebbero fare tutti coloro che hanno in qualche modo responsabilità di governo per gli incentivi alle rottamazioni del settore automotiv e non aspettare mesi e mesi prima di muovere qualche cosa.

Ci auguriamo che il governo in questa crisi che sta colpendo tutte le case motociclistiche e automobilistiche intervenga ancora con risorse più cospicue, magari con una rottamazione governativa seria e non cavillata da mille difficoltà come è adesso, al fine di garantire un rilancio nell’economia nazionale fortemente penalizzata da tutte queste incertezze.

D’Andrea Sabrina e Ronga Marco

RSU Meccanica Finnord S.p.A.

Freccia_alto.gif (405 byte)

Infortunio sul lavoro? Rivolgiti alla Cisl

Ancora troppi sono gli infortuni sul lavoro. In caso di infortunio, anche non grave, è sempre opportuno comunicarlo al proprio rappresentante sindacale o al patronato.

Per ogni infortunio sul lavoro superiori a 3 giorni, e sempre opportuno rivolgersi al patronato INAS-CISL per verificare tramite i medici del patronato il grado percentuale di invalidità permanente attribuito dall’I.N.A.I.L. ed eventualmente impugnare la valutazione se ritenuta non adeguata.

Nel caso di infortunio o malattia professionale grave verrà fatta una valutazione dell’infortunio e quindi procedere all’eventuale richiesta di risarcimento dei danni.

Freccia_alto.gif (405 byte)

Settore aeronautico

Al di là dei successi, volo a vista?

Agusta Westland e Alenia Aermacchi sono finite in prima pagina per due contratti importanti a livello internazionale, nel 2005 Agusta con il Marine One per il presidente USA e oggi Aermacchi con l’accordo dei 48 M346 per gli Emirati Arabi Uniti. Il fattore principale che ha determinato questi successi è sicuramente rappresentato dagli investimenti in due settori, quello della ricerca e sviluppo e quello sul personale. La combinazione di notevoli impegni, tra cui quello dello Stato, ha permesso alle aziende di diventare leader a livello mondiale. L’appartenenza ad un grande gruppo che da finanziaria di stato si è trasformata in holding industriale ha fatto il resto. Le aziende sono entrate nel gruppo Finmeccanica e dentro questo gruppo l’azienda di Cascina Costa ha acquisito l’inglese Westland e si è affermata come uno dei più grandi costruttori di elicotteri a livello mondiale mentre Aermacchi è entrata a pieno titolo nel settore aeronautico guidato dalla Alenia Aeronautica con la primaria esperienza nel settore dell’addestramento e della costruzione delle gondole motore per i jet civili. Tutto bene? Credo che qualche riflessione sia opportuna.

La complessità della crisi finanziaria ed economica rischia di mettere in discussione tante certezze. L’abbiamo visto ad esempio con la "querelle" innescata dalle dichiarazioni di Barak Obama che ha criticato l’aumento dei costi delle forniture da parte di Agusta Westland e lo vediamo anche dalla riduzione dei volumi d’affari delle compagnie aeree. La situazione delle aziende può essere paragonato quindi ad un quadro con qualche zona d’ombra ma che complessivamente ha più di un soggetto vivace.

Qui si innesta la riflessione sul distretto annunciato e poi messo in cantiere dall’UNIVA, l’associazione industriali della provincia di Varese. Come tutti i grandi settori anche quello aeronautico genera un indotto produttivo: le aziende, soprattutto dopo le grandi ristrutturazioni degli anni ’90, tendono a strutturarsi mantenendo il livello occupazionale necessario per tenere in casa il "core business" e decentrando parte della produzione e della progettazione. In alcuni casi le aziende si spingono anche a cercare il "risk sharing", cioè a coinvolgere i fornitori anche sui costi d’investimento, ovviamente in cambio di un maggior margine di guadagno in seguito. Queste condizioni hanno favorito la nascita di numerose aziende che si sono offerte come fornitori alle due aziende maggiori e non solo. Ma il lavoro in eccedenza non è automaticamente destinato all’indotto varesino. Questo perché l’estrema concorrenza fa si' che aziende di altri territori si aggiudichino le assegnazioni, deprimendo le potenzialità non sufficientemente supportate, sino ad ora, anche a livello logistico. Qui si può denunciare un ritardo a cui la politica locale non ha saputo rispondere adeguatamente. Il necessario intreccio imprese-scuola-territorio ha fatto fatica a decollare e ora si deve correre ai ripari. Infatti vedere che il lavoro che c’è, a volte se ne va dal territorio, specie in un momento di crisi come l’attuale, fa riflettere. L’iniziativa dell’Univa è positiva ma, come visto anche in altre realtà (vedi ad esempio la questione della presidenza della società per l’Expo 2015), il mondo imprenditoriale rischia una sorta di autoreferenzialità: tutto si fa e si basa sull’impresa. Il resto (istituzioni, scuola, università, sindacato e lavoratori) diventa un "di cui", necessario ma secondario. Su questa situazione dobbiamo riflettere tutti, sapendo che la autoreferenzialità è un male corrente nei nostri tempi: non ne è esente una certa politica, tutta presa a definire scambi per ottenere quello che in campagna elettorale viene promesso. Non ne è esente neanche un certo sindacato, tutto preso a ritagliarsi un posto nella scena.

Auspico che su questo tema ci sia un cambio di respiro. Per attuare il piano di distretto sarà necessario l’utilizzo di risorse pubbliche, anche comunitarie. In Europa c’è una maggior consapevolezza del ruolo del sindacato che viene chiamato ad esprimere un parere sui temi che coinvolgono le aziende e i lavoratori. Noi aspettiamo ma ci permettiamo anche di dire la nostra.

Infine, nel tempo, sia Alenia Aermacchi che Agusta hanno avviato una produzione civile che ha raggiunto livelli importanti: più della metà del fatturato del settore è generato da queste produzioni. Non è un caso: negli anni ’80 e ’90 i cambiamenti geopolitici generati dalla caduta del muro di Berlino hanno spostato ingenti risorse dai bilanci della difesa verso altri capitoli di spesa. Certo la riduzione di spese militari non è stata omogenea nel mondo e negli anni successivi all’attacco terroristico alle Twin Towers c’è stata una ripresa. Ma quella fase storica ha segnato in modo inequivocabile un cambio di strategia nelle aziende. C’è stato un generale accorpamento delle realtà produttive e una rivalutazione delle attività non militari.

La FIM, grazie anche all’elaborazione di alcuni dirigenti e alla sensibilità verso i temi etici che l’hanno sempre contraddistinta, elaborò una serie di proposte tese a sostenere la necessità di una diversificazione se non una vera e propria riconversione delle aziende che producevano per il settore militare. Nella realtà di questi anni quella posizione si è rivelata positiva e si ritrova nelle scelte fatte dalle aziende, di inserire organicamente le attività per l’aviazione commerciale. Tutto ciò ha permesso non solo la sopravvivenza ma anche l’affermazione di leadership a livello mondiale sia di Agusta che di Aermacchi. I buoni risultati raggiunti lo si deve anche a quelle iniziative. E’ la conferma che quando si affrontano i problemi in modo non ideologico si trovano giuste risposte. È importante per il sindacato sapere cosa si produce e per chi lo si produce. La legge 185 del 1990 sulla regolamentazione ed il controllo dell’esportazione di armi, che qualcuno ha cercato recentemente di indebolire, è un obiettivo successo di un movimento democratico di cui ha fatto parte il sindacato. Ma quello legislativo è il principio cui si deve fare riferimento. Il resto rischia di diventare ideologia.

Piuttosto al sindacato spetta di contrattare nelle aziende per tutelare i lavoratori e migliorare le loro condizioni sia di dipendenti che di cittadini. In questo senso occorre concludere positivamente il negoziato che è ancora aperto in Aermacchi per il rinnovo dell’accordo integrativo aziendale. Non è facile soprattutto per le complicazioni che stanno arrivando al tavolo sia dalla congiuntura economica che da quella sindacale. Fare un accordo non è mai semplice ma anche la storia del sindacato insegna che volere è potere. Per quello che ci riguarda "vogliamo". Quindi speriamo a breve di poter scrivere ancora un articolo questa volta sulla conclusione della vertenza.

Graziano Resteghini

Freccia_alto.gif (405 byte)