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Il numero di giugno '08

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La riforma del sistema contrattuale

In queste settimane si è discusso di riforma del sistema contrattuale sul documento unitario di Cgil-Cisl-Uil. La riflessione è iniziata ormai da diversi anni. Già il rinnovo del CCNL del 1999 segnò un'inversione di tendenza rispetto a quello del '94 firmato senza un'ora di sciopero e il giorno successivo alla scadenza.

Iniziava ad essere evidente che, un sistema di regole definito pochi anni prima (23 luglio 2003) necessitava di essere rivisto. I cambiamenti avvenuti negli ultimi 15 anni sono stati dirompenti cambiando completamente il contesto di riferimento.

Le crescenti esigenze di flessibilità andavano sempre più confermandosi richiedendo maggiore spazio ed articolazione per la contrattazione di secondo livello. Il 1997 fu l'anno che col pacchetto Treu, si iniziò ad introdurre maggiori flessibilità anche nel mercato del lavoro. Nel 2001 l'avvento dell'euro ridisegna completamente la mappa della competitività a livello europeo. La moneta unica, con ancora maggiore nettezza rispetto al patto di stabilità, toglie, infatti, ogni possibilità di recuperi "non virtuosi" di competitività attraverso svalutazioni monetarie. L'inflazione si è nel frattempo stabilizzata facendo venir meno una delle priorità della struttura contrattuale definita nel 1993. Tutti gli elementi di contesto, richiedevano un adeguamento del modello contrattuale.

Il 2003 è l'anno della legge Biagi e della massima caratterizzazione della CGIL come forza di opposizione politica. La legge Biagi, al di là delle connotazioni di quadro politico del momento, segna anche il momento più evidente (nonostante i numerosi rinvii alla contrattazione) di "invasione legislativa" nel campo della regolazione dei rapporti di lavoro. Dello stesso anno è il decreto legislativo, in recepimento di una direttiva europea, sull' orario di lavoro. Una struttura della contrattazione troppo rigida presta sempre più il fianco ad interventi legislativi.

Nel 2004 la CISL formalizza una propria proposta: "linee guida per la riforma degli assetti contrattuali", i cui contenuti si possono considerare anticipatori del documento finalmente approvato dai direttivi unitari CGIL CISL UIL del 12 maggio 2008. Si apre un tavolo di confronto formale sindacati-Confindustria, ma resterà negli annali per l'abbandono da parte del segretario generale della CGIL Guglielmo Epifani.

Finalmente nel 2008 la CISL avvia un gruppo di lavoro interno che definisce una proposta organica di riforma del modello contrattuale. Si apre il confronto tra le segreterie di CGIL CISL UIL e si definisce il testo che viene approvato dagli organismi di CISL e UIL, mentre la CGIL ha bisogno di un supplemento di istruttoria. Si apre anche un tavolo con Confindustria che, dopo un primo abbandono (stavolta del segretario generale della UIL Angeletti), definisce un'agenda di lavoro. Arriva, poi, la crisi di governo e l'aggiornamento del confronto appare scontato. Ma intanto il 12 maggio si celebra la riunione dei direttivi unitari che approva le "linee di riforma per la riforma della struttura della contrattazione" e le nuove regole per la democrazia sindacale e la rappresentanza

Il sindacato ha le carte in regola e il governo appena insediato è nella pienezza dei propri poteri, la Confindustria ha un vertice appena rinnovato e pronto al confronto. Vi sono, dunque, tutte le condizioni per l'avvio di un confronto in profondità.

Il tema diventa, adesso, quello del merito. La posizione sindacale è nota (vedi inserto), il governo per bocca del ministro del lavoro Sacconi sostiene la necessità di un alleggerimento del contratto nazionale, la Confindustria dice che di contrattazione territoriale neanche a parlarne.

Una prima riforma del modello contrattuale sarebbe opportuno che avvenisse sul piano del metodo (o addirittura dello stile negoziale), dare cioè vita ad un confronto senza pregiudiziali che imbavaglino le parti e rendano ciascuno prigioniero del proprio ruolo. Staremo a vedere.

 

 
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Eletto il nuovo segretario nazionale

Beppe subentra a Giorgio

Giuseppe Farina (Beppe) è il nuovo segretario generale della Fim eletto dal Consiglio Generale nella riunione del 10 giugno. Nato a Luco dei Marsi (L'Aquila) il 19 febbraio 1954 e vissuto a Roma, coniugato con due figli.

Dopo il diploma superiore si impiega in una piccola azienda metalmeccanica romana, dove si avvicina al sindacato, e contemporaneamente si iscrive alla Facoltà di Sociologia.

Lascia gli studi universitari quando inizia a svolgere attività sindacale a tempo pieno, prima nella Fim-Cisl di Latina e poi, per alcuni anni, nella Fim di Roma, entrando nella Segreteria provinciale.

Nel 1990 viene chiamato alla Federazione nazionale in qualità di coordinatore. Gli è affidato l'incarico di alcuni grandi gruppi, tra cui Finmeccanica, Fincantieri, Nuovo Pignone, che seguirà fino al 1999. Nell'ambito di questo incarico, affronta impegnative ristrutturazioni industriali e la fase di privatizzazione di importanti industrie pubbliche.

Nel 1999 viene eletto nella Segreteria Nazionale della Fim, con Giorgio Caprioli segretario generale, assumendo la responsabilità delle politiche sindacali. Con questa funzione partecipa alla gestione degli accordi separati del 2001 e 2003 per il rinnovo del Contratto Nazionale dei metalmeccanici.

Nel 2004 assume la responsabilità delle politiche organizzative, ottenendo risultati positivi sia nella gestione amministrativa che nella crescita dell'organizzazione.

Beppe subentra a Giorgio Caprioli, nato a Bergamo il 15 aprile 1952, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Statale di Milano.

La sua attività nel sindacato ha inizio nel 1978, quando entra alla Cisl di Bergamo in qualità di operatore alla formazione. Nel 1982 assume lo stesso incarico presso la Fim regionale della Lombardia, e nel 1992 viene eletto nella Segreteria Nazionale della Fim. L'8 febbraio 1999 viene eletto segretario generale della Fim-Cisl.

Gli anni della sua gestione sono stati sicuramente anni difficili basta ricordare i due contratti separati luglio 2001 e maggio 2003, firmati da Fim e Uilm con le controparti, senza la Fiom. Anni difficili, ma con la sua guida hanno consentito il rafforzamento della Fim, sia in numeri che in consapevolezza.

Particolarmente significativo è stato il lavoro di analisi ed elaborazione che ha consentito, prima una serie di sperimentazioni e poi la proposta di riforma dell'inquadramento unico.

Giorgio lascia la Fim perché al termine del suo mandato (come previsto dallo statuto) ma assumerà un incarico in Cisl, dove si occuperà di Agi Lavoro (nuova agenzia della confederazione per l'intervento nel mercato del lavoro) e del coordinamento di un progetto di rilancio della contrattazione di secondo livello.

A Giorgio va sicuramente un ringraziamento per quanto fatto e a Beppe un augurio perché possa riuscire a far crescere ancora di più la nostra organizzazione. Buon lavoro a tutti e due.

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Detassati gli straordinari

Un provvedimento discutibile

Il provvedimento emanato dal governo in tema di detassazione degli straordinari e dei premi costituisce un primo atto con cui lo stesso intende applicare il proprio programma.

Un provvedimento che sicuramente ha trovato largo consenso anche tra i lavoratori ma su cui è necessaria qualche riflettessione più approfondita rispetto agli effetti che può produrre.

Un sindacato contrattualista come la Cisl non può, nel valutare tali provvedimenti, sottovalutare gli evidenti effetti distorsivi che essi presentano e che non dobbiamo sottacere: sugli straordinari si premiano i lavoratori più forti per professione e nel mercato del lavoro, si penalizzano i lavoratori più deboli, le donne e le figure ad alta professionalità, non si incentiva il miglioramento della produttività, si incentiva un uso personale, e sempre più fuori dalle regole contrattuali, degli orari di lavoro. Per non parlare del fatto che ancora oggi, anno 2008, la gestione degli straordinari in azienda avviene in modo contradditorio, compresa la discriminazione tra chi sciopera e chi no, chi è iscritto al sindacato e chi no.

Ma più di ciò ci preoccupa nel provvedimento la defiscalizzazione fino a 3.000 euro annue di somme erogate sottoforma di premi legati all'andamento dell'impresa, senza che questi siano espressamente derivanti dalla contrattazione collettiva aziendale. Nella realtà questa formulazione volutamente ambigua non incentiva direttamente la contrattazione aziendale come avremmo voluto e rischia di dare vita a decise azioni di incentivi unilaterali con cui le aziende vogliono rafforzare il coinvolgimento diretto dei lavoratori al di fuori della contrattazione. La nostra categoria sta sviluppando una nuova fase di contrattazione aziendale, che rischia di essere messa in mora (invece che trarre vantaggio) dal nuovo sistema.

Siamo consapevoli che la natura sperimentale del provvedimento e le verifiche di fine anno costituiscono una occasione per dire la nostra. Sappiamo che è nostro obiettivo giungere prima di allora ad un'intesa con le controparti sul nuovo modello contrattuale.

Pensiamo tuttavia che la Fim e la Cisl non debbano esprimere unicamente un giudizio solo positivo su questi provvedimenti bensì, nel prendere atto degli stessi, si debbano preoccupare di contrastare la loro possibile applicazione contro le ragioni del sindacalismo e della contrattazione.

La Fim è pronta a sostenere il confronto che sta partendo e sostenere la posizione unitaria di CGIL CISL UIL definita nel documento unitario confederale su modello contrattuale e rappresentanza. Pensiamo che solo dicendo a chiare lettere cosa va bene e cosa non va bene possiamo pensare di recuperare nel futuro negoziato un ruolo più attivo. Non ci pare di vedere fantasmi se diciamo che in gioco c'è davvero il futuro del sindacato e della contrattazione nel nostro paese, e che dietro le scelte del governo compare sempre più un modello secondo cui le imprese vengono messe nelle condizioni di fare da sole e il ruolo del sindacato è sempre più marginale.

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Dalla CEE decisioni preoccupanti

L'orario di lavoro fino a 65 ore

Dopo un periodo di stallo della legislazione sociale comunitaria il Consiglio Europeo di Lubiana, nella sua sessione di lavoro del 9/10 giugno 2008, ha raggiunto un accordo politico, con il decisivo voto favorevole del governo italiano, sulla proposta di revisione della Direttiva sull'orario di lavoro (2003/88/CE) e sulla proposta di un nuova Direttiva sul Lavoro Interinale. Entrambi i testi sono ora al vaglio del Parlamento Europeo che, entro sei mesi, dovrà accettarli o proporre emendamenti.

Se, per quel che riguarda la nuova Direttiva sul lavoro temporaneo, la valutazione è sostanzialmente positiva, poiché viene affermato il principio della parità di trattamento dei lavoratori interinali con quelli a tempo indeterminato, a parità di mansioni svolte nella stessa azienda (derogabile per limitati periodi a livello nazionale solo attraverso la contrattazione collettiva), ben più problematica è la valutazione della revisione della Direttiva sull'Orario di Lavoro.

Tale Direttiva prevede infatti, la possibilità di derogare all'orario massimo settimanale di lavoro e le nuove condizioni introdotte non possono certo definirsi rigorose. Se previsto in una legge nazionale o in un contratto collettivo, il limite massimo di 48 ore di lavoro settimanali potrà infatti essere superato, con il consenso del lavoratore, alle seguenti condizioni:

- accordo individuale di durata annuale, rinnovabile;

- non possono essere previste penalità per il lavoratore che rifiuti l'opt out;

- l'accordo non può valere per le prime quattro settimane di lavoro;

- è prevista possibilità di ritiro della firma anche con immediato effetto se comunicato entro i sei mesi o con due mesi di preavviso

- all'interno di questo sistema di deroghe un dipendente non può lavorare:

a) più di 60 ore a settimana, calcolate come media in un periodo di 3 mesi, salvo diversa indicazione della contrattazione collettiva o di un accordo tra le parti sociali.

b) più di 65 ore a settimana, calcolate come media in un periodo di 3 mesi, in assenza di contrattazione collettiva, se viene considerato come tempo di lavoro anche il periodo inattivo del tempo di guardia.

Tali limiti, già di per sé molto larghi, non sono previsti per contratti di durata inferiore alle 10 settimane in cui teoricamente è raggiungibile un limite massimo di addirittura 78 ore settimanali.

Cgil Cisl e Uil avevano espresso per tempo al Governo Italiano la loro contrarietà al compromesso che si andava profilando. Inoltre all'indomani delle conclusioni del Consiglio Europeo hanno ribadito la loro opinione contraria, in linea con quanto dichiarato anche dalla Ces, e chiesto un incontro sul tema ai parlamentari europei eletti in Italia per ottenere una riformulazione che tenga in maggior conto le esigenze di conciliazione delle lavoratrici e dei lavoratori ed i problemi legati alla sicurezza, in un'ottica di realizzazione di una vera flexicurity che non si limiti semplicemente ad una flessibilità unilaterale realizzata attraverso processi di liberalizzazione e deregolamentazione indiscriminati.

Va tenuto presente che, se approvate, le Direttive dovranno essere obbligatoriamente recepite da quei Paesi che assicurano livelli di tutela inferiori a quanto previsto dalle Direttive stesse, ma, in base alla clausola di non regresso, non avranno alcuna conseguenza automatica sulla nostra legislazione, che è migliorativa. E' tuttavia evidente che l'approvazione di Direttive europee che si posizionano a livelli di tutela inferiori a quelli previsti dalle leggi italiane ci espongono ad eventuali pressioni ad adeguare verso il basso la nostra legislazione.

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La "Convention 2008" conferma la crescita della Fim

Anche quest'anno si è tenuta la Convention della Fim di Varese. Un appuntamento annuale vissuto con interesse e partecipazione dai delegati Fim, perché consente di fare il punto sulla situazione organizzativa, fare proposte di cambiamento o miglioramento che possano consentire alla nostra organizzazione di meglio rispondere alle esigenze dei lavoratori.

Il primo elemento che viene verificato è lo stato del tesseramento: a livello provinciale e poi nelle singole realtà. La valutazione di tale dato è infatti importante per capire quali sono le dinamiche dell'industria metalmeccanica della nostra provincia ma anche per capire il livello di consenso che hanno le proposte della Fim. Il sindacato, ed in particolare la Fim è fondamentalmente un'associazione, la cui forza è strettamente legata alla rappresentatività di cui sa essere portatrice e quindi, in ultima analisi, al numero di associati su cui può contare. Il lavoro di proselitismo è pertanto fondamentale per l'affermazione anche politica del sindacato.

Il 2007 è stato un altro anno positivo ancora in leggera crescita, confermando il risultato importante conseguito nel 2006.

Sono risultati iscritti 4.019 lavoratori superando l'obiettivo stabilito ad inizio anno. Complessivamente tutta la Fim è andata bene superando la soglia dei 200.000 iscritti a livello nazionale.

Come è ormai tradizione, a fronte del raggiungimento degli obbietti fissati ad inizio anno sono stati premiati anche i delegati che maggiormente hanno partecipato al conseguimento di tale obiettivo. Sono stati quindi premiati: Musarra Salvatore della Hsqvarna per la zona Varese, De Leo Giuseppe della Inda per la zona Laghi, D'andrea Sabrina della Finnord per la zona Gallarate, Banfi Gianpaolo della Gefran (ex Siei) per la zona Saronno, Furrer Teresita della Pomini-Tenova per la zona Busto Arsizio e infine Grana Rodrigo del Agusta di Vergiate.

Per il 2008 è stato definito un obiettivo di iscritti ancora in crescita e piuttosto ambizioso: cercare di arrivare ai 4.050 iscritti. Obiettivo ambizioso perché, da una parte si sente il segno del rallentamento economico presente nell'economia italiana ma soprattutto perché, la presenza nelle aziende di lavoratori con contratto atipico riduce le possibilità di proselitismo. Il tournover nelle aziende è sempre più consistente e ciò si ripercuote anche sul dato della sindacalizzazione. Ogni anno infatti, tra contratti che scadono e persone che lasciano l'azienda per vari motivi (pensioni, cambi di lavoro, ecc..) il tournover degli gli iscritti è intorno al 20% (si è chiuso l'anno con 4.019 iscritti e si è ripartiti a gennaio con 3.213).

La Convention è stato anche l'occasione per presentare e discutere sul bilancio consuntivo 2007 e preventivo 2008. Un fatto importante di democrazia per consentire una discussione seria su come vengono spesi i soldi frutto del contributo dei lavoratori ma anche per definire le linee di sviluppo della nostra organizzazione. Come ormai avviene da qualche anno, riteniamo opportuno pubblicarlo sul nostro giornalino perché ci sembra importante rendere conto a tutti gli associati di come vengono utilizzate le quote versate (vedi tabella). Come si potrà inoltre constatare, l'attività sindacale vive quasi esclusivamente dei contributi degli iscritti e quindi una riduzione degli associati porta inevitabilmente ad una riduzione dei servizi e della attività.

Il buon andamento del tesseramento ha ovviamente consentito una chiusura positiva del bilancio con un attivo di euro 948,70 che sono stati destinati all'attività sindacale per il 2008 oltre a consentire il pagamento della quota parte di ristrutturazione della sede Cisl. Nel merito:

- sul fronte delle entrate la voce contribuzione sindacale sono le quote tessere pagate dagli associati mentre nella voce varie sono compresi: contributi una tantum derivanti da accordi aziendali laddove si iniziano a sperimentare quote di servizio per i lavoratori non iscritti, contributi volontari derivanti da servizi a non iscritti, e i contributi accantonati a disposizione di grosse fabbriche e zone che rappresenta solo una partita di giro sul capitolo dell'attività sindacale; proprio per l'incertezza di tali contributi a preventivo è stata messa una voce più bassa;

- sul fronte delle uscite invece, al capitolo costi generali compare a consuntivo la cifra di euro 40.657,47 cioè una cifra indicativamente superiore di 11.000 euro alla normale consistenza, dovuta appunto alla sistemazione della sede Cisl che nel 2008 non ci sarà;

- il capitolo più consistente è quello del costo del personale, la cui consistenza è solo apparente visto che nella Fim lavorano: 7 persone a tempo pieno e tre con contratto part time. Fortunatamente, la Fim di Varese può contare sul contributo di ancora parecchi volontari (tre di questi, ex delegati in pensione, sono stati fondamentali per il conseguimento dei risultati raggiunti).

- rimane il capitolo dolente dei contributi che vanno alle strutture regionale/nazionale (euro 178.590,95).

- infine, l'attività sindacale che rappresenta sicuramente l'aspetto più importante per un'organizzazione sindacale ma che purtroppo deve fare i conti con la scarsità di risorse.

E' evidente da tali dati come siano del tutto infondate e pretestuose le notizie che periodicamente vengono pubblicate da certa stampa sui "privilegi del sindacato".

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Ancora su ARTIFOND

La pensione integrativa per i lavoratori dell'artigianato

Anche i lavoratori dell'artigianato hanno il loro fondo di pensione complementare, si chiama ARTIFOND.

Artifond è un fondo istituito per via contrattuale da Fim-Fiom-Uilm e dalle Associazioni Artigiane dei datori di lavoro e l'adesione al fondo è volontaria. Possono aderirvi tutti i lavoratori dipendenti da aziende artigiane che abbiano superato il periodo di prova.

I soci del fondo sono i lavoratori che hanno aderito e le aziende dove ci sono i lavoratori che hanno aderito, poiché anche loro pagano la loro quota.

La misura della contribuzione annua è fissata, per tutti i settori con riferimento ai minimi tabellari, più contingenza, più EDR, in:

- 1% carico azienda;

- 1% carico lavoratore (può essere più alto a discrezione del lavoratore);

- TFR maturando secondo la normativa di legge;

Il contributo viene trattenuto mensilmente dalla busta paga. L'azienda deve fornire ai lavoratori un'appropriata comunicazione del versamento. In caso di mancato o ritardato versamento da parte dell'azienda, la stessa dovrà procedere al versamento della contribuzione dovuta, maggiorata dal versamento, dal periodo considerato, del rendimento dell'anno precedente e degli interessi legali di mora.

Tali versamenti potranno essere riscattati in due modi: o al momento della risoluzione del rapporto di lavoro oppure al momento della maturazione dei requisiti di pensione pubblica di anzianità o di vecchiaia.

Nel primo caso, l'interessato potrà decidere di farsi liquidare tutto quanto versato o in alternativa proseguire i versamenti presso l'azienda artigiana in cui andrà a lavorare; nel caso di nuova azienda industriale, potrà operare il trasferimento delle quote versate nel fondo cui aderisce la nuova azienda.

Potranno essere chieste anticipazioni secondo le norme di legge per l'acquisto della prima casa, per spese mediche o fino ad un limite del 30%, dopo 8 anni di iscrizione, per qualsiasi motivo.

E' possibile avere tutto il regolamento e le normative scaricandole dal sito www.artifond.it o in tutte le sedi sindacali dove si possono avere tutte le informazioni necessarie e aiuti per la compilazione del modulo di iscrizione.

Purtroppo, a differenza dei fondi di pensione integrativi dell'industria, Artifond fatica a camminare e sta mettendo a rischio l'esistenza stessa. Il basso numero di adesioni finora raccolte (poco più di 8.000 contro un potenziale di 1.600.000) è un dato di estrema preoccupazione.

Il motivo principale di tale scarsa adesione è sicuramente da imputarsi ai proprietari delle aziende artigiane che vedono in tale opportunità solo un costo di cui fanno volentieri a meno. E' però fondamentale che i lavoratori insistano per aderire perché di fronte ad un sistema previdenziale pubblico che darà sempre di meno (si calcola che con le ultime riforme chi andrà in pensione fra 30 anni percepirà una pensione che sarà pressappoco il 50% dell'ultima retribuzione contro l'attuale 70-75%), l'unico sistema per tutelarsi è quello della pensione integrativa contrattuale: perché costa meno, è meno tassato, utilizza un contributo dell'azienda.

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ASSEGNI AL NUCLEO FAMIGLIARE

Ricordiamo che nel mese di luglio va ripresentata la richiesta all'azienda per il riconoscimento dell'assegno per il nucleo familiare.

La finanziaria entrata in vigore il 1° Gennaio 2007, ha cambiato le regole in merito agli assegni familiari determinando le condizioni per molti lavoratori di ritornare a percepirli. Poiché le tabelle sono tante, non è più possibile pubblicarle interamente. Ricordiamo che l'ammontare degli assegni varia anche in funzione del fatto che in famiglia ci sia un solo genitore oppure famigliari inabili definiti da specifiche tabelle che si possono trovare anche nel sito della Fim (www.fim.varese.it).

Consigliamo quindi a tutti di rivolgersi ad una sede del patronato INAS-CISL o ai rappresentanti sindacali di fabbrica per le opportune verifiche o farsi aiutare a compilare la domanda portando il CUD o 730 del 2007.

 

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