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Il numero di dicembre '07

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Gli articoli
CCNL: trattativa ancora in salita
Le tasse in Lombardia: giuste e necessarie?
Dimissioni volontarie
"Dimissione protetta": importante accordo con Asl
LaborLab: come ti cerco il lavoro
Legge 123 : salute e sicurezza sul lavoro
Osservatorio regionale crisi: segnali di ripresa in Lombardia
La Fim cresce alla Usag
I controlli delle malattie
"Il sindacato è una terra di mezzo" :dal libro di Giorgio Caprioli

CCNL, poco si muove

Trattativa ancora in salita

Dopo le iniziative di sciopero di novembre poco si è mosso e le distanze rimangono ancora forti. Sono in corso una serie di incontri sui singoli temi e a delegazioni ristrette per tentare di esplorare tutte le possibilità che consentano passi in avanti concreti.

Si ritornerà poi in seduta plenaria per una valutazione complessiva. Probabilmente all'uscita del nostro giornale la situazione avrà avuto un'ulteriore evoluzione che oggi è difficile prevedere. Come sempre siamo impegnati a mantenere aggiornate le informazioni tramite i comunicati sindacali, gli articoli sulla stampa, internet, ecc..

Tutti continuano a dichiarare di voler arrivare in tempi brevi ad un accordo ma francamente ci sembra che sempre più vengano al nocciolo le differenze strutturali rispetto al modo con cui debba reggersi il sistema delle relazioni sindacali in Italia e sempre più sembra prendere consistenza all'interno di Federmeccanica la posizione di chi spinge verso il superamento del Contratto Nazionale (nel senso che ritengono non lo si debba più fare) posizione che sembra trovare sempre più spazio anche dentro Confindustria (vedi le recenti dichiarazioni di Montezzemolo). Sono segnali che ci devono far pensare e spingerci a prendere decisioni, prima di trovarsi poi costretti a farlo in situazioni di difficoltà. Sono ormai anni che la Fim sostiene, purtroppo spesso contro tutti, la necessità di andare al superamento degli accordi del 1993, per definire modalità nuove di relazioni sindacali che riequilibrino le materie di compentenza dei livelli contrattuali (nazionali e aziendali) andando a precisarne meglio gli ambiti e le competenze, sapendo che una serie di materie dovranno probabilmente essere demandate esclusivamente al livello locale (aziendale o territoriale) lasciando al livello nazionale sempre più esclusivamente un ruolo di pianificazione e di tutela dei livelli minimi di garanzia.

Il non aver risolto negli anni scorsi tale questione ci crea tutti i problemi che ci troviamo ad affrontare ogni qual volta rinnoviamo il Contratto, scaricando per di più sui metalmeccanici tutte le tensioni di un problema irrisolto per tutti. Speriamo che sia davvero l'ultima volta visto che finalmente Cgil, Cisl e Uil sembrano seriamente intenzionate finalmente ad aprire un confronto con il governo e con Confindustria anche su tale questione. Ma ancora una volta le speranze che finiscono per sommarsi alle aspettative, sono tante (compresa quella di un governo precario che non si sa quanto riuscirà a durare) e, come dicevamo nell'editoriale del precedente numero di Informazione, facciamo sempre fatica a far buon uso della nostra storia.

 


Le tasse locali in Lombardia: giuste e necessarie?

Hanno diminuito le tasse sulle proprietà ed hanno aumentato le tasse sui redditi: scelta discutibile ma è quella che hanno compiuto i sindaci, le giunte, i consigli comunali della Lombardia. Meno lci e più addizionale lrpef è quanto risulta dalla ricerca fatta dal dipartimento Fisco e Territorio della Cisl Lombardia e che mostra cosa è avvenuto nei 1.546 comuni della regione in questi mesi del 2007.

Questi gli esiti di una simile scelta: 1.136 comuni applicano l'addizionale nel 2007; agli abitanti di ben 473 comuni lombardi, quasi un terzo del totale, l'addizionale è stata aumentata; una fetta importante della popolazione Lombarda (379.520 cittadini di 73 comuni) sopporta una tassa che fino al 2006 non pagava; complessivamente i cittadini residenti nei comuni con addizionale hanno avuto un incremento di aliquota rispetto al 2006 pari al 43%; ciascun contribuente paga al suo Comune una addizionale pari allo 0,30% del proprio reddito imponibile; sono ben 119 i Comuni che hanno deciso aliquote oltre quello 0,5% che, sino all'ultima Finanziaria, era rimasto il limite d'imposta invalicabile per le amministrazioni locali, fra essi, i comuni di Bergamo e Varese sono saliti sino allo 0,7%.

Di contro, si riduce l'lci sulla casa di abitazione: la abbassano ben 7 dei comuni capoluogo di provincia e diminuisce il numero dei comuni che applicano aliquote superiori al 4,5. Ma la riduzione dell'lci è modesta e non compensa gli aumenti dell'lrpef, anche perché porta vantaggi per la sola parte, seppure molto ampia, dei cittadini proprietari di casa. Il quadro che ne esce non è pertanto confortante e tantomeno corrisponde a criteri di equità.

Pagare le tasse è un dovere per ogni cittadino che ne abbia la possibilità nei limiti definiti dalle leggi, un dovere reso "necessario" dal bisogno di finanziare lo Stato (la Regione, il Comune) perché esso compia le opere "necessarie" al bene della comunità. Per ogni imposizione fiscale e per qualunque suo aumento, è proprio tale necessità a segnare il discrimine tra decisione legittima e sopruso. La politica deve muoversi su questo filo e il compito degli amministratori, nei loro atti, è coglierne il segno, rispettarne il limite, far percepire giusta la norma e l'imposizione.

Le polemiche che riguardano il comportamento della politica, il suo rapporto con i cittadini, l'utilità della sua azione ed i suoi costi ci dicono che spesso questo segno è stato superato. Troppo di ciò che è prelevato dal reddito dei cittadini, infatti, appare ed è usato per scopi non rispondenti agli interessi generali.

L'enorme voragine fiscale prodotta dai molti disonesti che si sottraggono al loro dovere di cittadinanza, è diventata sempre di più ragione di diffidenza nei confronti delle istituzioni e del fisco anche da parte della pluralità degli onesti che vedono scaricate sulle loro tasche il peso di quel furto. Le stesse eccessive evoluzioni ed involuzioni del sistema fiscale, mai uguale a se stesso per due anni di fila (nei sistemi di calcolo, nelle aliquote, nelle detrazioni, nelle deduzioni, financo nella modulistica), appaiono come un modo di agire della politica, quasi un suo capriccio, che si fa beffe del bisogno di stabilire un patto duraturo, chiaro ed onesto tra amministrazione e cittadino.

E così è anche il comportamento dei diversi soggetti istituzionali (Stato, Regioni e Comuni) quando, in ragione della diversa allocazione dei poteri, anziché ripartire differentemente fra loro le entrate fiscali esistenti, aggiungono tasse a tasse sullo stesso cittadino in una sorta di perverso federalismo fiscale. Un paradosso, questo, che fa il paio con lo strano silenzio che accompagna dibattiti, provocazioni e prime decisioni sul federalismo fiscale rispetto all'idea, per noi fondamentale e comunque di buon senso, che esso avvenga in una condizione di pressione fiscale complessiva invariata. Occorre allora che a premessa del federalismo fiscale, perché esso non diventi penalizzante per i cittadini, si definisca un patto tra i diversi livelli istituzionali per stabilire la pressione fiscale massima e la sua ripartizione collegata ai diversi compiti e funzioni. Una preoccupazione che si accentua in previsione della riorganizzazione del sistema di valutazione dei fabbricati ai fini catastali, attraverso l'adozione del catasto patrimoniale.

Aumenta dunque per ora, la pressione fiscale complessiva ed è ciò che il sindacato aveva previsto e denunciato come inevitabile esito della Finanziaria 2007, così come era già avvenuto negli anni precedenti. La Finanziaria, infatti, riducendo i trasferimenti ai Comuni li ha autorizzati a recuperare il sottratto attraverso l'innalzamento delle addizionali Irpef fino allo 0,8%, del reddito imponibile rispetto al precedente 0,5%. Così come ha autorizzato le Regioni all'aumento. E se la Regione Lombardia non ha modificato la sua quota di addizionale è solo

perché lo aveva fatto abbondantemente ed anticipatamente negli anni precedenti, seppure con modalità che hanno differenziato gli incrementi in ragione delle diverse condizioni di reddito.

I Comuni lombardi hanno, invece, largamente utilizzata tale possibilità per fare fronte ai minori trasferimenti da parte dello Stato. Anziché prodursi in una ricerca virtuosa di risparmi e di riduzioni degli sprechi sembrano avere, più semplicemente, scelto di scaricare il corrispettivo sui lavoratori, i pensionati, le famiglie. Gli aumenti sono stati deliberati, spesso, partendo da due presupposti entrambi erratissimi:

- il primo di essi è che il Comune ha proprio bisogno di incrementare le entrate perché deve fare i conti con spese incomprimibili e crescenti e non ha aree di spreco su cui intervenire per evitare tasse aggiuntive;

  • il secondo è che, comunque, si tratta di aumenti contenuti nell'ordine di 20-30 euro aggiuntivi per ogni O, l % in più di addizionale (fino ad un max dello 0,8%) e il sacrificio richiesto sarebbe pertanto lieve rispetto alla necessità pubblica.

Riteniamo sbagliati questi presupposti e le loro conseguenze: non considerano infatti come gli incrementi di addizionale siano una aggiunta alle tasse, ai ticket, agli incrementi di tariffe, di prezzi e di costi che già gravano sulle famiglie e che per molte di esse anche il poco è tanto.

Per questo abbiamo richiesto ai Comuni che ogni decisione fosse preceduta da un confronto con il sindacato, che meglio valutasse l'effettiva necessità di ritoccare le addizionali in ordine alle difficoltà di bilancio, agli impegni di spesa, alla socialità degli interventi da sostenere. Un confronto per verificare la possibilità di intervenire in riduzione di voci di spesa, di eliminazione di sprechi. Perché nell'applicazione dell'imposta e dei suoi eventuali aumenti si introducessero, almeno, forme di differenziazione e soglie di esenzione per fasce, considerando, attraverso l'uso dell'Isee, le condizioni reddituali e patrimoniali delle famiglie.

Queste nostre richieste, se non hanno riportato grandissimi successi, registrano però prime decisioni interessanti da parte di un certo numero di amministrazioni che ci incoraggiano a perseverare in questa direzione negli anni a venire, così come ci incoraggia la riconfermata possibilità di concordare, in molti comuni parti spesso importanti di politiche sociali.

Si riconferma in questo modo l'idea che la concertazione, a partire dal territorio, non è la forzatura che le parti sociali e il sindacato fanno per interferire su decisioni che non li riguardano ma è, invece e sempre di più, il modo per dare valore pieno alla funzione propria della politica, intesa come l'impegno ad operare le scelte possibili, in funzione del bene comune, attraverso percorsi condivisi nei quali crescere la responsabilità di tutti.

Franco Giorgi Segretario Cisl Lombardia

 Chi vuole approfondire i risultati della ricerca può richiederli agli operatori sindacali o alla segreteria provinciale Fim.

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DIMISSIONI VOLONTARIE

VALIDE SOLO SE FATTE SUL MODULO DEL MINISTERO

L'8 novembre 2007 la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato il testo della legge 188/2007 contente le "disposizioni per la risoluzione del contratto di lavoro per dimissioni volontarie.

Con questa decisione si dovrebbe eliminare la pratica, molto diffusa nel nostro paese di quelle che chiamiamo " dimissioni in bianco" che le aziende fanno sottoscrivere ai lavoratori e lavoratrici al momento dell'assunzione e pronte per essere utilizzate a loro discrezione. In particolare questa modalità ,viene utilizzate dalle imprese al momento dell'assunzione di giovani donne, per risolvere il rapporto di lavoro senza problemi, in caso di maternità La nuova legge prevede che le dimissioni volontarie debbano essere presentate utilizzando un apposito modulo predisposto dal Ministero del Lavoro e saranno valide solo se rassegnate entro 15 giorni dalla data di ritiro del modulo. Riguarderà le dimissioni volontarie presentate da tutti i lavoratori indipendentemente dal tipo di contratto e dalla durata (collaboratori coordinati e continuativi, collaboratori occasionali, e anche da soci di cooperative).

Un successivo decreto del Ministero del Lavoro da emanarsi entro 3 mesi dall'entrata in vigore della legge, definirà le caratteristiche del modulo che potrà essere scaricato dal sito internet del Ministero del Lavoro, dalle direzioni provinciali del lavoro o nelle sedi sindacali.

 

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Importante accordo tra Cgil-Cisl-Uil e ASL

Definito il percorso per la "dimissione protetta"

Nel primi mesi del 2007, Cgil-Cisl-Uil di Varese avevano presentato all'ASL la richiesta di attivazione, in provincia di Varese, di un percorso di continuità assistenziale a fronte di dimissioni dall'ospedale. Nel mese di ottobre è stato sottoscritto con l'ASL della provincia di Varese e le strutture pubbliche e private accreditate, un importante "protocollo d'intesa" per la dimissione protetta di pazienti che necessitano di assistenza domiciliare. La dimissione protetta consiste in una sequenza integrata di interventi volti a promuovere e garantire la continuità delle cure tra l'ambito specialistico ospedaliero e l'ambito dell'assistenza primaria (dopo le dimissioni dall'ospedale), ossia le cure domiciliari. E' un meccanismo di tutela della persona "fragile", rivolta ai pazienti clinicamente dimissionabili, ma che necessitano di un supporto a domicilio, perché non in grado di autogestire le cure e le proprie funzioni quotidiane.

Presupposto fondamentale, per l'attuazione, è che venga effettuata un'attenta valutazione dei bisogni socio-sanitari del degente, e siano attivate tutte le procedure necessarie per dare il massimo della tutela al momento della dimissione coinvolgendo, di volta in volta e dove necessario, tutti gli attori dell'assistenza territoriale: la famiglia, il Medico di Medicina Generale o il Pediatra di Libera Scelta, l'Unità di Valutazione Distrettuale (presente in ogni Distretto), i Servizi Sociali Comunali territoriali, per un'eventuale supporto socio-assistenziale e le Associazioni di Volontariato presenti sul territorio.

L'accordo prevede che nel periodo precedente la dimissione, i professionisti Medici e Infermieri del reparto ospedaliero di degenza avviano un programma di educazione sanitaria finalizzata a rendere il paziente o un suo familiare il più possibile autonomo rispetto alla gestione di eventuali interventi, ove necessari. In casi di particolare complessità, ove possibile, è indicata una presa in carico graduale, già a partire dall'ultimo periodo di ricovero. L'équipe del territorio, che si prenderà cura dell'assistenza del paziente, contatta il personale del reparto ospedaliero e, mediante incontri programmati con il paziente stesso e con la sua famiglia, accompagna il passaggio dall'ambiente ospedaliero a quello domiciliare. Il medico specialista Responsabile dell'Unita Operativa di ricovero provvede, con un congruo anticipo sulla data di dimissione prevista, alla prescrizione di protesi, ausili, ecc., considerati necessari e urgenti per la domiciliarizzazione del paziente, a fronte di una menomazione grave e permanente. Il carattere di necessità e urgenza andrà esplicitato nel programma terapeutico allegato alla prescrizione. In caso di necessità di Nutrizione artificiale, lo specialista ospedaliero provvede alla prescrizione della stessa, compilando l'apposito modulo da trasmettere al distretto almeno 5 giorni lavorativi prima dalla data di dimissione (tempo necessario per la fornitura del materiale per le nutrizioni artificiali). In caso di necessità di interventi riabilitativi al domicilio, il medico del reparto ospedaliero richiede la visita del fisiatra, prima della dimissione del paziente. Sarà cura dello specialista redigere un dettagliato Piano di Assistenza Individuale che definisca gli obiettivi da raggiungere e che provveda alla prescrizione di eventuali ausili.

In presenza di patologie soggette ad esenzione del ticket, lo specialista ospedaliero provvede a redigere e consegnare al paziente l'apposito modulo. All'atto della dimissione il sanitario del reparto redige una lettera di dimissione da consegnare alla persona assistita o a chi ne esercita la tutela, contenente tutte le informazioni relative alle condizioni cliniche della persona dimessa, da trasmettere a cura della famiglia al Medico di Medicina Generale o Pediatra di Libera Scelta. Nella lettera di dimissione sono dettagliate: le circostanze del ricovero, l'iter diagnostico-terapeutico svolto, le variazioni significative del quadro clinico; il proseguimento delle terapie da eseguirsi a domicilio (con eventuale nota di avvenuta prima prescrizione nel rispetto del prontuario e delle note CUF); le modalità di esecuzione ed organizzazione di esami e/o di visite di controllo previste e di altre attività connesse con il ricovero e di eventuali rientri programmati presso la struttura ospedaliera; informazioni inerenti il ricovero ed il post-ricovero, in base alla tipologia del quadro clinico della persona: contestualmente lo specialista ospedaliero prescrive su ricettario regionale i farmaci necessari per proseguire le cure per almeno 72 ore.

Loris Andreotti

 

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LaborLab, o meglio: come ti cerco il lavoro

Lo Ial Cisl in prima linea

La Lombardia volta pagina sulle politiche attive del lavoro. A partire dall'inizio dello scorso mese di novembre, chi cerca un posto di lavoro non deve più rivolgersi necessariamente ai Centri per l'impiego o a qualche agenzia di lavoro interinale, può contare su un'offerta più ampia, tra cui anche un'agenzia del sindacato, anzi, per essere più precisi, della Cisl.

La "rivoluzione" è iniziata con il voto della legge regionale n.22, nel mese di settembre dello scorso anno. Secondo questa legge, in presenza di alcuni requisiti, riferiti alla professionalità del personale, al numero e alla certificazione ambientale delle sedi, ... anche gli enti privati hanno la possibilità di chiedere alla regione l'accreditamento, ossia la possibilità di ricevere finanziamenti regionali, finalizzati al sostegno della ricerca del lavoro da parte di cittadini domiciliati in Lombardia.

Questi enti devono garantire l'erogazione di un certo numero di servizi (tra cui l'informazione, l'orientamento, l'autovalutazione, la formazione, l'incontro domanda-offerta di lavoro) da soli o in concorso con altri, ma fornendo un unico interlocutore all'utente.

In sostanza la filosofia che ha ispirato la legge è quella secondo cui non deve essere il cittadino che cerca lavoro ad andare a trovarsi i singoli servizi, uno qua, l'altro là, ma è invece l'ente accreditato a cui si rivolge che glieli deve rendere tutti alla portata di mano.

L'utente cioè si rivolge ad uno sportello accreditato e sulla base della propria situazione definisce con chi lo assiste l'elenco dei servizi o delle azioni che saranno necessarie per la sua promozione sul mercato del lavoro locale. Questo documento, che impegna sia l'ente che l'utente, si chiama Patto di servizio, alla firma del quale la regione rende disponibili all'ente le risorse necessarie per concretizzare quanto è stato previsto dal patto. L'insieme delle risorse è chiamato "dote-lavoro", proprio perché è un finanziamento riservato alle esigenze specifiche di quella persona. Una parte rilevante della dote viene erogata solo a risultato raggiunto, il posto di lavoro, ed anche questo è una "rivoluzione": finiscono infatti i finanziamenti "a prescindere".

Votata la legge n.22 sono occorsi parecchi mesi per organizzarne la gestione e soprattutto per accreditare gli enti. Dallo scorso mese di novembre è stato finalmente lanciato LaborLab, il primo progetto sperimentale per testare il funzionamento della legge. LaborLab si compone di due azioni. La prima finanzia 1.000 doti (92 in provincia di Varese) rivolte a disoccupati/inoccupati che abbiano compiuto 50 anni o, se donne, senza vincolo di età; la seconda finanzia 1.200 doti (111 in provincia) rivolte a interinali e assunti a termine con contratti brevi e a collaboratori a progetto o coordinati. L'obiettivo delle doti è l'assunzione a tempo indeterminato o a termine, ma con contratto di almeno un anno.

Agli inizi di dicembre, in provincia di Varese, le doti del primo tipo erano già state tutte prenotate, mentre ne restavano ancora disponibili dell'altro tipo.

Con l'inizio del prossimo anno si potrà contare su un finanziamento provinciale molto più consistente (1.142 doti) con un target leggermente differente: lavoratori disoccupati, in mobilità, cassintegrati. In questo caso una parte delle doti (248) potrà essere prenotata direttamente dalle parti che dovessero firmare accordi di crisi o di ristrutturazione, che comportano esuberi.

Sergio Moia

 

Lo Ial Cisl dispone di due sedi accreditate in provincia di Varese, una a Saronno ed una a Varese. Ha iniziato ad operare come agenzia di collocazione e ricollocazione di lavoratori, oltre che di formazione degli stessi, con la collaborazione di aziende specializzate nel settore: Fairplace, Articolo1, DBM Italia, Generale Industrielle, CB&A Management Consulting, Adecco.

Per maggiori informazioni sul servizio telefonare alla Cisl di Varese:

0332/283654

 

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Approvata la legge 123 in materia di salute e sicurezza sul lavoro

Maggiori vincoli sugli appalti

Dal 25 agosto 2007 è entrata in vigore l'importantissima Legge n. 123 del 3 agosto 2007 composta da 12 articoli. L'articolo 1 prevede Delega al Governo per predisporre il Testo Unico sulla salute, igiene e sicurezza sul lavoro (9 mesi di tempo) entro il 25 maggio 2008. Gli articoli dal 2 al 12 prevedono numerosi nuovi adempimenti e obblighi, destinati ad entrare in vigore in tempi differenti.

La legge recepisce importanti novità da tempo chieste dal sindacato che richiamiamo sinteticamente.

Anzitutto, l'obbligo di formulazione, in presenza di contratto di appalto o subappalto, di un documento specifico di VdR che richiami l'analisi dei rischi che possono emergere dalla promiscuità delle lavorazioni. Per ciascun contratto dovrà essere strutturato uno specifico documento che andrà allegato.

Nei contratti di appalto e subappalto devono essere specificati i costi della sicurezza relativi al lavoro da eseguire. Tali documenti devono essere messi a disposizione, su richiesta, dei RLS e delle organizzazioni sindacali.

Nelle attività di appalto e subappalto, i lavoratori devono essere forniti di tessera di riconoscimento, con fotografia, riportante i dati anagrafici del lavoratore e del suo datore di lavoro. In presenza di aziende con meno di dieci dipendenti, il tesserino deve essere sostituito da un registro delle presenze giornaliere sul posto di lavoro. I lavoratori che non espongono il tesserino saranno sanzionati in forma diretta.

Nelle offerte per gare di appalto per lavori, servizi e forniture (per adesso all'interno dei meri contratti pubblici) devono essere indicati, risultando congrui, i costi del lavoro e della sicurezza in riferimento all'entità e caratteristiche del lavoro. Non sono ammessi i ribassi d'asta sui costi della sicurezza.

Gli ispettori del lavoro possono sospendere le attività produttive in caso di riscontro di irregolarità del lavoro (in merito ad occupazione, manodopera in nero superiore al 20%, od orario di lavoro, violazioni nei riposi e superamento dell'orario massimo settimanale) o in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro. A corredo, è anche prevista l'interdizione alla contrattazione con pubbliche amministrazioni e partecipazione a gare pubbliche. Solo in caso di rilievo di gravi e reiterate violazioni, da parte degli organi di vigilanza delle ASL, può essere disposta la sospensione dell'attività lavorativa.

In caso di istanza di regolarizzazione, sono sospese le eventuali verifiche da parte degli organi di vigilanza sullo specifico tema, ma non sugli aspetti della tutela della salute e sicurezza sul lavoro.

Il coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, affidato ai Comitati Regionali di Coordinamento (ex art.27 del d.lgs.626/94), fino all'emanazione di uno specifico decreto ri-organizzativo, è esercitato dal presidente della provincia o dall'Assessore da lui delegato.

Devono essere consegnati in copia, su richiesta del RLS, il documento di VdR e il Registro degli infortuni.

Gli RLST ( rls territoriali) possono svolgere la loro funzione in tutte le aziende del territorio o del comparto di competenza. Gli organismi paritetici (ex art.20 del d.lgs.626/94) possono effettuare sopralluoghi finalizzati a valutare l'applicazione delle vigenti norme in materia di sicurezza e tutela della salute sui luoghi di Lavoro. Degli esiti dei sopralluoghi deve essere informata la competente autorità di coordinamento delle attività di vigilanza. In caso di omicidio colposo o lesioni personali colpose gravi, nei termini previsti di responsabilità, vengono estese le sanzioni, di carattere amministrativo, per quota pecuniaria, anche alla personalità giuridica rappresentativa dell'azienda.

Dal 2008, i datori di lavoro potranno usufruire di un credito di imposta pari al 50% delle spese, per percorsi formativi certificati in materia di salute e sicurezza sul lavoro ai quali parteciperanno propri lavoratori dipendenti. Entro la fine dell'anno 2008 verranno assunti con ruoli di ispettori del lavoro circa 1300 nuove unità.

In caso di esercizio dell'azione penale per i delitti di omicidio colposo o di lesioni personali colpose, in presenza di violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che questi abbiano determinato una malattia professionale, il PM informa l'INAIL ai fini di una sua eventuale costituzione di parte civile e di azione di regresso. Importanti modifiche normative dunque. Spetta ora alle rappresentanze Sindacali pretenderne il rispetto.

Salvatore Manta

Dipartimento Ambiente e Sicurezza

 

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Segnali di ripresa in Lombardia

L'Osservatorio regionale della crisi e occupazione promosso dalla Fim-Cisl della Lombardia rileva sistematicamente la situazione nelle 5.700 aziende della regione, che occupano 550.000 lavoratori.

I dati relativi al semestre appena trascorso ci dicono che risultano interessate da crisi, 266 aziende (contro le 278 del semestre precedente), con 20.950 addetti (contro i 30.660 precedenti), con un totale di 8.841 Lavoratori direttamente colpiti dalla crisi, (9.619 i precedenti). Dai dati raccolti risulta inoltre che:

Prosegue l'allentamento della crisi nelle sue caratteristiche generali, avviato dalla fine del 2005, dopo l'andamento negativo che si è verificato tra la fine del 2002 e la prima parte del 2005, ma permane molto elevato il fenomeno delle crisi strutturali (Cigs e Mobilità) con quasi il 30% di lavoratori sospesi sul totale degli addetti delle aziende in crisi, e il 68% degli interventi di sospensione.

La dimensione media delle imprese coinvolte da processi di crisi si abbassa ai 79 addetti per azienda, confermando un processo di coinvolgimento nelle situazioni di crisi anche delle piccole aziende.

Il ricorso alla Cassa Integrazione ordinaria diminuisce, 2.842 lavoratori nel semestre (10.875 interessati nel 2006 contro i 22.379 del 2005, e i 23.469 del 2004). La diminuzione del ricorso alla Cigo rappresenta un segnale significativo di ripresa, anche se in molti casi nasconde situazioni di difficoltà che tendono a divenire strutturali e a trasformarsi in ricorso alla mobilità secca, come si è visto nell'ultimo anno in molte situazioni aziendali.

Sempre elevato e preoccupante permane il ricorso alla Cassa integrazione straordinaria, 47 aziende con 3.347 lavoratori nel semestre (89 le aziende coinvolte nel corso dell'anno 2006 con 7.148 lavoratori, 82 le imprese con 6.195 lavoratori coinvolti nel 2005, 82 aziende e 4.386 lavoratori coinvolti nel 2004), con la accentuazione dei processi di crisi aziendale, che rappresentano il 50% degli interventi di Cigs, e che interessano soprattutto le medie-grandi aziende.

Il ricorso alla mobilità permane elevato anche in questo semestre (2.652 lavoratori espulsi dal processo produttivo), pur in diminuzione rispetto alla fine 2006 (che aveva visto un numero di lavoratori licenziati pari a 3.039).

I dati della mobilità registrati nel corso degli anni precedenti: 5.823 lavoratori di 205 aziende nel 2006, 8.900 licenziamenti del 2005, 10.700 del 2004, e 7.300 del 2003, stanno ad indicare il permanere di una preoccupante tendenza alla riduzione dell'occupazione attraverso il ricorso al licenziamento secco.

Sono 13 le aziende che hanno cessato l'attività nel semestre (46 nell'anno 2006, 61 in tutto il 2005) con la perdita di 688 posti di lavoro (1.999 nell'anno 2006, e 1.902 nel 2005.

Rallenta la crisi congiunturale, segno di ripresa dell'industria, ma rimane lamorsa di crisi strutturali di importanti aziende e settori. Tra Cassa Integrazione straordinaria, mobilità e dichiarazioni di esuberi, si registra un preoccupante livello di crisi strutturale in essere e annunciata che coinvolge 138 aziende e ben 5.999 lavoratori. Un livello che non accenna a diminuire e che conferma il permanere di una situazione di debolezza profonda della nostra industria ed in particolare il permanere della difficoltà in cui versa il settore metalmeccanico:

Le aziende hanno ripreso i programmi di investimento nel semestre, ma pesano le carenze ancora evidenti soprattutto in innovazione dei prodotti e servizi, e il sistema industriale risente di un lungo periodo di assenza di strategie di sviluppo da parte delle imprese, che hanno riposto alte aspettative nei provvedimenti del governo in materia di riduzione del costo del lavoro, piuttosto che nelle proprie capacità.

II settore industriale della grande impresa è investito pesantemente dai processi di crisi, e dalle delocalizzazioni delle attività, in segmenti importanti della componentistica, degli elettrodomestici, dell'energia, dell'elettromeccanica, delle telecomunicazioni.

Il governo ha delineato con la legge finanziaria e con il recente Dpef importanti provvedimenti in materia di costo del lavoro e di investimenti, ma ancora impegnativa appare la strada per la messa a regime di scelte di investimento e di sviluppo da parte delle imprese, e di scelte di sostegno ai settori e di rilancio di politiche industriali utili e necessarie.

La Cisl e la Fim hanno operato nei confronti del Governo e delle imprese, sostenendo precise proposte sui temi della formazione, degli investimenti, del sostegno all'innovazione dei prodotti, per rilanciare la competitività del nostro sistema industriale, e sollecitano ora risposte tempestive e concrete del sistema produttivo per cogliere le importanti opportunità del mercato nazionale e internazionale. Il recente accordo su pensioni, stato sociale e competitività rappresenta una importante occasione per il nostro sistema industriale, per concretizzare finalmente strategie di investimento e di consolidamento dell'occupazione, che non va assolutamente persa.

 

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Rinnovata la RSU alla USAG

La Fim cresce

La USAG è un'azienda storica del territorio varesino. Tutti, nel corso della vita hanno avuto l'occasione di manovrare un utensile prodotto negli stabilimenti di Gemonio e Monvalle dove sono collocate le due unità produttive.

Il 28 novembre 2007 alla Usag si sono tenute le elezioni per il rinnovo della Rsu.

I risultati sono stati ottimi, la FIM ha raddoppiato il suo consenso tra i lavoratori e lavoratrici.

In una situazione produttiva difficile caratterizzata da una forte riduzione di personale con il ricorso alla mobilità, la FIM ha aumentato fortemente i suoi consensi contro un calo della FIOM che nel passato era abituata a schiaccianti vittorie elettorali.

Tra i vari dati positivi sottolineo la mia soddisfazione personale per essere il delegato più votato della nuova RSU di Gemonio, e per questo ringrazio tutti coloro che hanno posto fiducia in me. Ho sempre dimostrato serietà ed impegno nel portare avanti le richieste dei lavoratori e continuerò a farlo con lo stesso impegno e dedizione perché credo in quello che faccio. Oggi i delegati Rsu della FIM di Gemonio sono tre (prima erano due), io e due intraprendenti colleghe ed amiche, che si sono adoperate insieme al sottoscritto a dare una seria svolta di cambiamento ad una ideologia prettamente maschilista.

Sono profondamente convinto che nel prossimo triennio riusciremo ad operare delle buone contrattazioni e a migliorare le condizioni lavorative per noi tutti lavoratori della Usag .

 Pietro Falzone  

 

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I controlli delle malattie

Ritorniamo ancora sull'argomento poiché, troppo spesso si verificano situazioni di lavoratori che si sono visti respinte dall'Inps, le giustificazioni con cui hanno motivato l'assenza alla visita medica di controllo nelle fasce orarie stabilite.

La vigente legislazione prevede che il lavoratore in malattia è tenuto, fin dal primo giorno di assenza dal lavoro e per tutta la durata della malattia a trovarsi a disposizione nel domicilio comunicato al datore di lavoro, dalle ore 10 alle ore 12 e dalle ore 17 alle ore 19 (giorni domenicali e festivi compresi), per consentire l'accertamento del suo stato di salute, ricordiamo ancora una volta che secondo l'Inps, tutte le richieste di giustificazione, che hanno alla base motivazioni di carattere sanitario, comprese quelle relative alle assenze per visite specialistiche e per cure fisioterapiche, vengono esaminate dal medico legale dell'istituto, al quale compete il relativo giudizio professionale.

Per quanto concerne le assenze dovute a visite effettuate con carattere d'urgenza, le stesse vengono valutate caso per caso, ricordando che il giudizio del medico dell'INPS si fonda non solo sulle cause dell'urgenza, ma anche sulla reale capacità di accedere all'ambulatorio da parte del lavoratore, poiché talune infermità che richiedono l'intervento urgente del curante, spesso non dovrebbero consentire al paziente di recarsi all'ambulatorio, necessitando al contrario, l'intervento del medico a domicilio (ad esempio: minaccia di aborto, colica renale).

La sola dizione "visita urgente", annotata dal curante, senza la specificazione della causa reale (allegando documenti o certificazioni sulla patologia), in genere non viene accettata dall'Inps come giustificazione sufficiente.

Per quanto riguarda le visite specialistiche o gli esami strumentali, devono essere programmati al di fuori delle fasce di reperibilità, ad eccezione di quelli eseguiti presso strutture pubbliche.

Se ciò non fosse possibile, occorre avvisare l'Inps ed in particolare l'azienda. La normativa contrattuale prevede infatti che "sono fatte salve le necessità di assentarsi dal recapito comunicato per motivi inerenti la malattia o per gravi, eccezionali motivi familiari comunicati preventivamente, salvo casi di forza maggiore, all'azienda e successivamente documentati". In mancanza di tale condizione può accadere che, anche se l'INPS giustifica l'assenza, non sia disponibile a giustificarla l'azienda e quindi a non retribuire i primi tre giorni di malattia.

 

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Tratto da "Il sindacato è una terra di mezzo"

di Giorgio Caprioli

Il sindacato è una sorta di terra di mezzo: non deve mai perdere di vista le questioni generali e i grandi ideali, ma al tempo stesso legittima il proprio operare e la propria identità di organizzazione se, guardando a quei cieli alti, riesce a produrre miglioramenti concreti, anche su cose che sembrano piccole e irrilevanti rispetto all'enormità dei problemi.Il sindacato è un posto un po' strano, e non sempre piacevole, perché è faticoso mantenere un profilo di collegamento tra gli ideali di libertà e di uguaglianza e gli affari di tutti i giorni. Soprattutto oggi, quando sono entrati in crisi gli strumenti che facevano da collegamento tra ideali e concretezza: le ideologie, le grandi appartenenze politiche, animate dal desiderio o, se preferiamo, cementate dall'abitudine di dividere il mondo in due e di decidere da che parte stare.

Siamo contenti che non ci siano più ideologie totalizzanti: certo erano una grande comodità, ci facevano risparmiare un sacco di fatica scodellando le verità belle e pronte, bastava crederci; ma col tempo ci hanno portato fuori strada e oggi siamo chiamati alla ricostruzione lenta e faticosa di qualche bussola nuova. Le ideologie erano le mappe che ci aiutavano a trovare la direzione in cui camminare. Ma oggi non funzionano più e dobbiamo inventarci strumenti nuovi, avendo anche la pazienza di lasciar scorrere il tempo perché diventino efficaci.

 

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