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Il numero di marzo '06

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Finalmente il Contratto

Tredici mesi di trattativa, 60 ore di sciopero, proteste nelle piazze e nelle strade, poi finalmente il Contratto. E' stata una trattativa complicata e sofferta, una trattativa anche troppo lunga influenzata dalle divisioni interne di Federmeccanica e da una pesante crisi del settore. Chi all'interno di Federmeccanica puntava a mettere in discussione il ruolo del Contratto Nazionale ne è uscito sconfitto.

I risultati raggiunti sono positivi. L'aumento salariale concordato è di 100 euro medi mensili (V° livello) che corrisponde al pieno recupero del differenziale di inflazione relativo al biennio 2003-2004 (0,9%), al pieno recupero dell'inflazione prevista per il 2005-2006 (4% contro il 3,2% stabilito dal governo), più l'aumento per i primi sei mesi del 2007 (1%). A compensazione per il ritardato rinnovo, a tutti i lavoratori in forza, viene erogata una "una tantum" di 320 euro ( 160 euro a febbraio e 160 euro a giugno 2006) che si aggiungono agli 86 euro già percepiti sotto la voce Indennità di Vacanza Contrattuale (IVC).

Inoltre, ai lavoratori privi di contrattazione aziendale e che non usufruiscono di altre voci salariali oltre ai minimi tabellari nazionali, sarà erogata nel giugno 2007 una cifra di 130 euro a titolo perequativo, con l'impegno di definire nel prossimo rinnovo contrattuale, le modalità di consolidamento in uno specifico istituto salariale. Finalmente si è abbattuto un tabù, iniziando a fare un po' di giustizia nei confronti dei lavoratori delle piccole aziende che dovrà portare in futuro al riconoscimento pieno del secondo livello di contrattazione per tutti.

Quello che doveva essere un rinnovo contrattuale salariale è diventato anche altro. Le modifiche normative avvenute dopo l'emanazione della legge 30 (d.l. 276/03) ha posto la necessità di affrontare la tematica dei rapporti di lavoro e dell'apprendistato con l'obiettivo di dare una regolamentazione certa e ridurre gli ambiti di precarietà ormai sempre più presenti negli ambienti lavorativi.

Sull'apprendistato è stato raggiunto un buon accordo che migliora sensibilmente quanto contenuto nella legge. L'istituto del nuovo apprendistato (apprendistato professionalizzante) potrà diventare il principale strumento per l'ingresso al lavoro dei giovani sostituendo, almeno in parte, il forte ricorso all'uso di rapporti di lavoro a tempo o in somministrazione attualmente presente nelle aziende. L'accordo prevede il rilancio e la valorizzazione delle Commissioni Paritetiche Territoriali per la Formazione. La durata dei contratti di apprendistato è fissata come segue:

- per i lavoratori che avranno uno sbocco finale al terzo livello e lavorano sulle linee di montaggio il periodo previsto è di 24 mesi, mentre per gli altri, il periodo è di 42 mesi (che diventano 36 mesi nel caso di lavoratori in possesso di diploma );

- 52 mesi per i contratti che avranno lo sbocco al quarto livello (che diventano 46 nel caso di lavoratori in possesso di diploma);

- 60 mesi per i contratti che avranno lo sbocco al quinto livello (che diventano di 54 mesi nel caso di lavoratori in possesso di diploma e di 34 mesi nel caso di lavoratori in possesso di laurea);

- per i contratti che avranno lo sbocco al sesto o settimo livello, per cui comunque è richiesto la presenza di una laurea, il periodo di apprendistato sarà rispettivamente di 38 e 42 mesi.

Nello stesso modo è stata regolamentata anche la retribuzione infatti l'assunzione avverrà fino ad massimo di due livelli inferiori a quello di sbocco finale: dopo un terzo della durata dell'apprendistato la retribuzione riconosciuta dovrà essere quella del livello superiore a quello di assunzione, e dopo due terzi della durata dell'apprendistato, la retribuzione dovrà essere quella prevista per il livello di sbocco finale.

L'accordo prevede anche la regolamentazione della formazione: il primo anno sono previste 160 ore di formazione ( 40 ore di formazione generale, 40 di formazione teorica e 80 di formazione pratica); il secondo anno le ore di formazione sono 140 (20 di generale, 40 di teorica, 80 di pratica); dal terzo anno in poi la formazione annua sarà di 120 ore di cui 40 teorica.

Alla scadenza dei contratti le aziende dovranno confermare almeno il 70 % dei lavoratori (la legge 30 non prevedeva alcun obbligo) seppur con una franchigia dei primi quattro.

Sull'altro tema invece si è realizzato lo scontro più duro: a fronte della richiesta di Fim, Fiom, Uilm di introdurre una percentuale massima del 15% come possibilità per le aziende di ricorrere ad assunzioni cosiddette atipiche, Federmeccanica ha preteso la disponibilità di un maggior uso delle flessibilità non contrattate. La soluzione raggiunta prevede:

1- la sperimentazione dell'orario plurisettimanale fino ad oggi previsto per i lavori stagionali allargando la casistica a "ragioni produttive e di mercato", confermano la procedura prevista dal CCNL (contrattazione delle modalità con la RSU) e nell'ambito dell'attuale limite delle 64 ore annue;

2- viene insediata una Commissione Nazionale con il compito di definire entro giugno 2006 la regolamentazione dei limiti massimi di utilizzo dei contratti atipici e dei percorsi di inserimento e stabilizzazione dei rapporti di lavoro, anche attraverso una differenziazione merceologica per comparti e, nel caso la Commissione non dovesse definire tale regolamentazione, decadrà anche la sperimentazione sull'orario plurisettimanale.

Un buon Contratto come è stato valutato anche dall'assemblea nazionale dei delegati che lo ha approvato con soli tre contrari e dal referendum con l'85% di consensi.

Un Contratto che ha consentito anche la riprese dei rapporti unitari confermando la bontà di quanto fatto. La ritrovata unità dovrà essere l'occasione per avviare un dibattito forte sul futuro della contrattazione oltre che dare risposte ai problemi ancora aperti (vedi ad esempio il tema delle professionalità). In un'epoca in cui l'inflazione è ormai abbastanza stabile, i rinnovi biennali si fanno con un anno di ritardo, la contrattazione integrativa è sempre più difficile, i bisogni dei lavoratori sono sempre più diversificati, forse occorre osare nuove proposte.

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Artigiani metalmeccanici

Siglato l'accordo interconfederale

Il 14 febbraio è stato finalmente raggiunto tra Cgil, Cisl, Uil e le Associazioni Artigiane l'accordo interconfederale dell'Artigianato, sulla riforma del modello contrattuale, rilanciando così le relazioni sindacali ed il sistema della bilateralità.

I rapporti con le Associazioni Artigiane erano infatti bloccati proprio perché l'accordo precedente era ormai scaduto da anni con le conseguenze su tutti i livelli della contrattazione: l'ultimo Contratto Nazionale dei Metalmeccanici firmato risale ormai al 1996 (scaduto ormai da quasi 6 anni) e l'ultimo accordo integrativo regionale risale al 1998.

Ma tale accordo va oltre il solo settore artigiano poiché, il sistema delle relazioni sindacali per i settori industriali (quello del luglio 1993) è ormai profondamente in crisi ed è tempo che Cgil Cisl Uil affrontino con forza il problema. L'accordo con le associazioni Artigiane potrebbe essere un utile punto di riferimento.

Nel merito, l'accordo raggiunto consente di avviare i negoziati per la stipula dei nuovi Ccnl dei vari comparti, compresa la regolamentazione del contratto di apprendistato, e successivamente le trattative nelle regioni per definire i contratti regionali.

L'accordo che avrà una durata di quattro anni, riconferma il sistema della contrattazione basato su due livelli, nazionale e decentrato, il Ccnl tutela il potere di acquisto delle retribuzioni dagli effetti dell'inflazione mentre la contrattazione decentrata, ridistribuisce la produttività e integra la tutela del potere di acquisto in caso di scostamento tra l'inflazione presa a riferimento e quella reale all'epoca degli accordi regionali.

Alle parti nazionali è affidato l'esercizio di una clausola di garanzia nei confronti delle Regioni che non realizzano gli accordi decentrati.

Una strutturazione più organica delle materie tra i due livelli contrattuali conferma al Ccnl le materie previste a titolo esclusivo dall'accordo del 17 marzo 2004 nonché quanto in prospettiva eventualmente rinviato dalla legislazione. In particolare, il livello contrattuale nazionale di categoria tratta i seguenti argomenti a titolo esclusivo: regole (luoghi, tempi, modalità delle trattative), diritti sindacali, inquadramento, salario nazionale, altre materie espressamente rinviate dalla legislazione,disciplina generale orario di lavoro.

I CCNL avranno una durata di 4 anni.

Il ruolo della contrattazione decentrata risulta rafforzato dovendo da un lato sviluppare la parte applicativa delle suddette materie e dall'altro regolare le restanti. Per quanto concerne la parte economica, la contrattazione regionale avrà il compito di ridistribuire la produttività del lavoro sulla base di parametri congiuntamente concordati fra le parti a livello regionale.

Il livello decentrato di categoria avrà inoltre il compito di integrare la tutela del potere d'acquisto delle retribuzioni in caso di scostamento tra l'inflazione presa a riferimento e l'inflazione reale relativa al primo biennio. L'eventuale quota relativa verrà evidenziata nella retribuzione con voce separata e sarà conglobata nei minimi contrattuali in occasione del rinnovo del CCNL.

I Contratti regionali decorrono di norma dal 25° mese dalla scadenza del precedente Contratto Nazionale.

Entro il mese di marzo 2006 è prevista la costituzione di due commissioni, una per l'avvio della razionalizzazione dei Ccnl e per la copertura dei settori scoperti, l'altra per la revisione dell'inquadramento e del sistema di classificazione.

L'intesa prevede che i Ccnl copriranno il periodo 1/1/2005 – 31/12/2008 e indica nel 2% l'inflazione concordata quale parametro per la definizione dei nuovi minimi contrattuali per quanto riguarda la copertura salariale 2005.

L'intesa, inoltre, rilancia il sistema bilaterale. Viene attivata la Consulta degli Enti Bilaterali Regionali quale strumento per il monitoraggio, il confronto e la verifica dei sistemi di funzionamento e, all'Ente Bilaterale Nazionale, viene affidato il compito, in precedenza del Fondo Nazionale di Sostegno al Reddito, di coordinare eventuali interventi di solidarietà a fronte di eventi eccezionali o calamità naturali prevedendo, inoltre, presso di esso, costituzione di tre osservatori (ammortizzatori sociali, funzionamento bilateralità, contrattazione).

Le parti nazionali avvieranno un confronto al fine di aggiornare e specificare la missione dell'Ente Bilaterale Nazionale, con il coinvolgimento delle parti sociali regionali e sentiti l'Ebna e gli Enti Bilaterali Regionali.

L'intesa fissa inoltre alcuni indirizzi di gestione e ambiti di intervento per gli enti bilaterali dell'artigianato al fine di garantire omogeneità, trasparenza ed efficacia all'intero sistema ed aggiorna le quote relative ai rappresentanti per la sicurezza e per le relazioni sindacali affidando alle parti regionali il compito di adeguare le quote del Fondo sostegno al reddito e di eventuali altre prestazioni concordate a livello regionale.

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Baby bonus

La legge Finanziaria del 2006 ha istituito un Fondo di 1.140 milioni di euro presso il Ministero dell'Economia e delle finanze per la realizzazione di interventi volti al sostegno delle famiglie e della solidarietà per lo sviluppo socio-economico. Tale intervento, meglio noto come "baby bonus ", ha creato parecchia confusione poiché è arrivata la comunicazione anche a persone che non ne avevano il diritto.

Sulla bontà ed efficacia del provvedimento ci sarebbe molto da dire. Vogliamo qui limitarci a tentare di fare chiarezza almeno sul funzionamento.

La legge prevede l'erogazione di un bonus di 1000 euro a chi esercita la potestà sui figli secondo i seguenti criteri:

- per ogni figlio nato o adottato nell'anno 2005;

- per ogni secondo figlio nato nel 2006 o ulteriore per ordine di nascita (quindi niente per il primo nato), o adottato nell'anno 2006.

Per quanto riguarda i requisiti richiesti, ha diritto alla riscossione dell'assegno la persona che:

- esercita la potestà sui figli in deroga ad ogni disposizione vigente in materia di minori;

- è cittadino italiano o comunitario;

- è residente in Italia;

- appartiene a un nucleo familiare con un reddito complessivo non superiore a 50.000 euro (per i nati nel 2005 il reddito di riferimento è quello del 2004, per i nati nel 2006 è quello del 2005).

Per nucleo familiare s'intende quello di cui all'articolo 1 del decreto del Ministro della sanità 22 gennaio 1993, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 21 del 27 gennaio 1993. ("Art.1 : [.] concorrono i redditi complessivi, riferiti all'anno precedente, posseduti dai singoli componenti il nucleo familiare); oltre ai familiari a carico di cui all'art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1986, n. 917 (T.U.I.R.) e successive modificazioni e integrazioni, in ogni caso il coniuge purché non legalmente ed effettivamente separato.

Il requisito del reddito deve essere autocertificato da chi esercita la potestà sui figli.

Per l'anno 2005 il Ministero dell'Economia e Finanze farà pervenire agli interessati comunicazione con l'indicazione dell'Ufficio postale di zona presso il quale è possibile riscuotere l'assegno (sempre che abbiano i requisiti sopra esposti visto che purtroppo la comunicazione è arrivata anche a chi non ne aveva il diritto).

Per l'anno 2006 la comunicazione perviene entro la fine del mese successivo a quello di nascita o di adozione, previa verifica dell'ordine di nascita.

La comunicazione reca in calce prestampata la formula ai fini dell'autocertificazione riguardo alla condizione del reddito. Essa va compilata e sottoscritta all'atto della riscossione dell'assegno.

 

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L'industria metalmeccanica ancora in crisi

Segnali di ripresa ancora deboli

Segnali ancora di preoccupazione arrivano dall'Osservatorio regionale sulle situazioni di crisi promosso dalla Fim-Cisl della Lombardia, che rileva sistematicamente la situazione nelle 5700 aziende sindacalizzate della regione e che ha evidenziato come alla fine del semestre appena trascorso risultano interessate da nuovi processi di crisi 522 aziende (672 quelle del semestre precedente), con 42.673 addetti (contro i 54.953 del semestre precedente) e un totale di 15.557 (21.917 i precedenti) lavoratori direttamente colpiti dalla crisi, con una incidenza rispetto agli addetti totali del 36% . Dai dati elaborati dall'Osservatorio risulta che:

1) L'andamento negativo registrato a partire dalla fine del 2002 e rimasto costante per tutto il 2003, è fortemente peggiorato nel corso del 2004 e si conferma nell corso del 2005, anche se si registra un live allentamento nell'ultima parte dell'anno appena concluso.

2) La dimensione media delle imprese coinvolte da processi di crisi passa dai 90 addetti per azienda del 2003, agli 82 del 2005, confermando un processo di estensione negativa della crisi anche alle piccole aziende.

3) Il ricorso alla Cassa Integrazione ordinaria (9.075 lavoratori nel semestre, 22.379 gli interessati nel 2005, contro i 23.469 del 2004, il 58% dei provvedimenti sospensivi), continua ad interessare la generalità delle dimensioni di impresa, e rappresenta il segnale più significativo di difficoltà che divengono presto strutturali, e si trasformano in ricorso alla mobilità secca, come si è visto nell'ultimo anno in molte situazioni aziendali.

4) Sempre alto e preoccupante il ricorso alla Cassa integrazione straordinaria, 82 le imprese coinvolte nel 2005, con 6.195 lavoratori colpiti, ben 1.809 Lavoratori in più rispetto alla fine del 2004 (6.195 contro 4.386), con la accentuazione dei processi di crisi aziendale, che rappresentano il 75% degli interventi, e che interessano molte medie aziende.

5) Il ricorso alla mobilità è notevole anche in questo semestre (3.675 lavoratori espulsi dal processo produttivo che si aggiungono ai 5.225 del 1° semestre). Gli 8.900 licenziamenti del 2005, contro i 10.700 del 2004, e i 7.300 provvedimenti registrati nel 2003, indicano il consolidarsi di una preoccupante tendenza alla riduzione dell'occupazione attraverso il ricorso al licenziamento secco.

6) Tra Cassa integrazione straordinaria e mobilità si registra un preoccupante livello di crisi strutturale che colpisce 374 aziende e oltre 15.000 lavoratori. Un livello che non accenna assolutamente a diminuire, e conferma una debolezza profonda della nostra industria.

7) Sono 29 (61 in tutto il 2005) le aziende che hanno cessato l'attività, con la perdita di 864 posti di lavoro (1.902 in tutto il 2005)

8) A confermare una situazione occupazionale molto grave si incarica il dato degli esuberi strutturali denunciati dalle aziende, che registra un valore impressionante di 5.175 lavoratori che si aggiungono ai 6.621 del 1° semestre.

il territorio Milanese si conferma come quello che presenta la maggiore presenza di situazioni di crisi (con il 21% dei provvedimenti sospensivi), seguito da Varese (15% dei provvedimenti) e Magenta-Legnano (14% dei provvedimenti), Brescia (13% dei provvedimenti) e Brianza (10% dei provvedimenti).

In queste aree sono presenti insediamenti industriali importanti, sia nei comparti tradizionali che in quelli innovativi del settore metalmeccanico, e che vedono una presenza cospicua sia di grandi imprese di livello nazionale e internazionale, sia di imprese di medie-piccole dimensioni, storicamente radicate sul territorio.

I settori (analizzati secondo la classificazione Istat) maggiormente interessati da processi di crisi risultano essere quelli delle macchine ed apparecchi meccanici, installazione, manutenzione con il 37% degli interventi (sempre il 37% nel semestre precedente), della meccanica e della lavorazione dei prodotti in metallo con il 25% di interventi (contro il 20%), della fabbricazione di autoveicoli e mezzi di trasporto con l' 11% di interventi (8% precedenti), della metallurgia con l' 11% (10% precedente), delle macchine e apparecchi elettrici con il 7% di interventi (contro il 12% precedente).

Dai dati emerge la profonda difficoltà in cui versa ancora il settore metalmeccanico. Le aziende hanno ripreso ad investire ancora in maniera minimale, soprattutto in innovazione dei prodotti e servizi, e il sistema industriale risente di questa carenza di strategie di sviluppo da parte delle imprese. II settore industriale risente pesantemente dei processi di crisi, e delle de-localizzazioni delle attività, che investono diversi settori importanti della componentistica, degli elettrodomestici, dell'energia, dell'elettromeccanica, delle telecomunicazioni. La politica economica del governo del nostro paese non è stata in grado di offrire prospettive per fronteggiare le esigenze del settore industriale. Non si è tenuto conto delle indicazioni del movimento sindacale, e le singoli casi di crisi vengono affrontati in un'ottica di pura emergenza.

La Cisl e la Fim stanno a più riprese avanzando proposte sui temi della formazione, degli investimenti, del sostegno all'innovazione dei prodotti, per sostenere la competitività del nostro sistema industriale, ma non arrivano risposte concrete da parte delle istituzioni nazionali e locali, e delle imprese stesse, mentre prosegue il progressivo deteriorarsi del tessuto industriale, e il nostro sistema perde importanti opportunità di mercati e di prodotti. La Cisl e la Fim lanciano con forza l'allarme per un urgente intervento a sostegno del nostro sistema industriale, in grado di orientare le scelte per impedirne la deriva, e operare per il suo concreto rafforzamento.

 

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Lavoro Notturno alla Cobra

Contrattate condizioni migliorative

La Cobra A.T. (ex Delta Elettronica) è tra le poche aziende produttrici di antifurti per auto ancora presenti sul territorio Varesino.

La produzione degli antifurto per auto che ha segnato la fortuna di parecchi nuovi imprenditori varesini negli anni '80, ha vissuto un momento di forte difficoltà negli anni '90 a causa della sempre maggiore concorrenza ma soprattutto di una riorganizzazione che ha interessato il settore e ha portato alla chiusura di parecchie aziende.

Solo chi ha saputo muoversi per tempo comprendendo i cambiamenti che stavano avvenendo e organizzandosi conseguentemente soprattutto investendo in automazione è resistito.

La Cobra A.T. è una di queste aziende che dopo un breve periodo di difficoltà all'inizio degli anni '90, affrontati con una forte riorganizzazione, oggi è la realtà più significativa presente sul territorio e sta vivendo un periodo molto positivo.

La situazione di posistività ha consentito la crescita anche occupazionale (oggi attestata sulle 300 unità) ma anche la necessità di darsi una struttura organizzativa adeguata ad affrontare periodicamente anche momenti di sovraccarico produttivo.

Proprio per trovare una soluzione a tali picchi, da tempo è partita una sperimentazione che tende ad affrontarli facendo ricorso per brevi periodi al lavoro notturno.

La sperimentazione iniziata nel luglio 2005 ha dato buoni risultati e convinto le parti a fare un accordo definitivo che regolasse in particolare i trattamenti economici per i lavoratori coinvolti.

L'accordo prevede oltre alle maggiorazioni previste dal Contratto Nazionale e la riconferma delle pause e del ticket restaurant regolate da un precedente accordo aziendale, un ulteriore indennità per ogni notte lavorata pari a euro 16 per i lavoratori di 2° e 3° livello e di euro 17 per i lavoratori di 4° , 5° , 5° s e 6° livello professionale.

Un accordo positivo, apprezzato dai lavoratori poichè se da una parte risolve i problemi aziendali, dall'altra riconosce lo sforzo dei lavoratori.

 

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Pensione integrativa

Un'opportunità di partecipazione

Il decreto governativo sul futuro del TFR ha trovato una conclusione: la legge c'è. Entrerà in vigore dal gennaio 2008, con i sei mesi di "silenzio assenso" a disposizione dei lavoratori, dipendenti di aziende e servizi e dal primo luglio 2008 il destino del TFR sarà deciso dal lavoratore stesso.

Una legge complicata sia nel percorso sia nella stesura definitiva, con il sindacato e in particolare la Cisl protagonista nell'impedire che sul Trattamento di fine rapporto (TFR) potessero coincidere interessi esterni al mondo del lavoro. Voglio solo ricordare che la scelta di affiancare una seconda possibilità di pensione integrativa (a quella pubblica obbligatoria) viene da lontano, se ne parla da almeno 15 anni.

Non è che in questi anni fossero in molti a condividere la necessità di promuovere anche nel nostro paese il secondo pilastro previdenziale.

Perplessità emergevano sia da parte degli industriali, che delle forze politiche ed anche all'interno dello stesso sindacato. Solo l'accelerazione della riforma della pensione pubblica, con l'introduzione del sistema contributivo (a regime dal 2016), ha reso evidente la pesante ricaduta sulle pensioni future e la drastica riduzione della copertura economica.

Se poi si aggiunge l'introduzione nel nostro sistema di flessibilità spinta nei rapporti di lavoro, con la possibilità di versare all'Inps percentuali obbligatorie sempre più basse (20%, 15% del monte retribuzioni contro l'attuale 32%) per capire che la copertura pensionistica in futuro sarà molto bassa.

I contratti di lavoro, compreso quelli metalmeccanici, avevano anticipato il vuoto legislativo presente nel nostro paese. Seppure in ritardo, oggi finalmente una legge c'è. Una legge che permetterà ai lavoratori dipendenti di poter scegliere di aderire ad un fondo pensioni utilizzando tutto il Tfr maturando.

Ma la scelta non può essere lasciata al caso come in passato, dove il TFR era spesso visto più come un risparmio provvisorio (nel breve periodo) che una forma di previdenza per il futuro.

L'esperienza fino ad oggi maturata ci dimostra quanto sia ancora bassa l'adesione dei lavoratori dipendenti alle forme di pensione integrativa (sia ai fondi contrattuali che a quelli individuali): andrebbero approfondite le cause e fatte proposte adeguate. Il rinvio previsto dalla legge al 2008 rischia di rinviare l'attenzione al problema di altri tre anni.

Sarà necessario in questi tre anni che il sindacato eviti di lasciare un vuoto e che i lavoratori incomincino a pensarci seriamente sulle opportunità che tale strumento può dare a partire dall'importanza che può rivestire un fondo di pensione integrativa contrattuale.

Un'importanza derivante non solo dalla maggiore convenienza rispetto ad un fondo privato assicurativo o bancario relativo alla maggiore convenienza in termini di minor costo, di maggiori e più sicuri rendimenti, del contributo aggiuntivo a carico del datore di lavoro, ecc.., comunque finalizzati ad integrare la pensione che l'Inps non potrà più dare.

Dovranno maturare quelle che si possono definire "convenienze collettive" e cioè la possibilità di partecipare alle scelte di investimento e di influenzare i destini dell'economia Italiana. Già sul nostro giornale di settembre 2005 (vedi informazione n° 149), abbiamo riportato l'esperienza fatta alla Deutsche Bank dove, il Consiglio di Amministrazione del Fondo Pensione Contrattuale ha deliberato, su proposta delle rappresentanze dei lavoratori associati che gli investimenti non potessero essere fatti in titoli di paesi che non rispettassero i diritti umani o fossero retti da regimi dittatoriali. Ma la mole di soldi che si renderanno disponibili nel momento in cui entrerà in vigore la legge, sarà tale da riuscire a condizionare le sorti di parecchie grosse aziende come già accade oggi con i fondi di pensione americani o tedeschi (quante aziende storiche italiane sono controllate da tali fondi).

Una grande opportunità di partecipazione ai destini futuri di noi tutti che è a disposizione dei lavoratori e delle loro rappresentanze. Occorre però la consapevolezza di volerlo fare.

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