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Il numero di aprile '06

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Gli articoli
CCNL:calma apparente
Formazione
Terra Futura 2006
Mobilità Europea: problemi per i frontalieri con la Svizzera
5 per mille: di cosa si tratta
8 marzo (Inserto la Sirena)
Laureati e Mercato del Lavoro  (Inserto la Sirena)
Flessibilità e precariato  (Inserto la Sirena)
CCNL: Come la pensano i lavoratori ? (Inserto la Sirena)
CCNL: siamo alle solite (Inserto la Sirena)
La pillola   (Inserto la Sirena)
Protocollo di Kioto?   (Inserto la Sirena)
 

CALMA APPARENTE

La positiva conclusione del Contratto Nazionale sembrerebbe poter consentire un periodo di relativa calma anche se rimangono da gestire le parti concordemente rinviate:

- quelle sull'apprendistato per la definizione dei profili formativi;

- quella sulle percentuali per i lavori atipici;

- la riforma dell'inquadramento unico con la speranza che la ritrovata unità consenta alla Fiom finalmente di diventare parte attiva.

Sul versante contrattuale poi, si dovrà finalmente cercare di portare a compimento il rinnovo del contratto per l'artigianato. Dopo la positiva conclusione con l'accordo interconfederale del 14 febbraio 2006 (vedi Informazione n° 153) si devono per forza trovare le giuste soluzioni ad una vicenda aperta ormai da 6 anni (il CCNL artigiani è infatti scaduto il 30 giugno 2000).

Si apre inoltre la stagione della contrattazione articolata che vedrà coinvolte la maggior parte delle aziende nel tentativo di rinnovare gli accordi aziendali, in una situazione economica peraltro ancora molto complicata.

La situazione economica dà qualche segnale di miglioramento, ma non bisogna farsi illusioni. Da tempo è chiaro che le nostre difficoltà hanno ragioni strutturali: i settori che competono a livello internazionale sono caratterizzati da una specializzazione verso prodotti a basso valore aggiunto, che soffre la competizione dei paesi in via di sviluppo.

Il nostro paese ha una forte propensione verso attività protette dalla concorrenza, che in questi anni sono state avvantaggiate dalle politiche del governo di centrodestra e fanno sentire il loro peso parassitario su tutta l'economia.

L'arresto dello sviluppo economico di questi anni ha favorito crescenti iniquità nella distribuzione della ricchezza. C'è chi si è arricchito (prevalentemente lavoratori autonomi, professionisti, imprenditori), ma i più poveri hanno visto peggiorare le loro condizioni, in termini sia di reddito reale percepito che di servizi sociali.

Le elezioni ci sono state, ha vinto il centrosinistra, ma il risultato più politicamente rilevante mi pare che sia determinato dal fatto che chi ha vinto ha vinto con una maggioranza risicata. Un dato con cui si dovrà fare i conti ma che mi pare possa rilanciare con forza la necessità di una seria politica della concertazione.

Per realizzare infatti gli interventi necessari a far ripartire l'economia ci sarà bisogno di un forte consenso e coinvolgimento di tutti gli attori sociali e quindi delle organizzazioni sindacali.

Per noi la scala delle priorità è presto definita:

- far riprendere la macchina dell'economia, con uno sviluppo che sia ricco di lavoro;

- combattere la precarietà;

- intervenire sulla distribuzione del reddito per riequilibrarla.

Per quanto riguarda la prima questione, occorre intervenire per aiutare una vera ripresa della crescita economica, e dunque anche della crescita del lavoro, e ciò è possibile solo puntando soprattutto sull'innovazione, sui settori nuovi e su quelli tradizionali per innovarli. Così si gioca la nostra competitività, non sui bassi costi. Occorre incominciare a fare serie politiche di settore. Così come occorre puntare sul forte sostegno alla formazione, definendo politiche adeguate di sostegno. Il governo può svolgere un ruolo fondamentale con il sistema della tassazione e degli incentivi verso le aziende che innovano o che puntano alla stabilizzazione e crescita dell'occupazione anziché continuare a privilegiare i settori protetti.

Per quanto riguarda il secondo argomento, il lavoro in Italia è diventato troppo precario ed è urgente intervenire per correggere la logica della legge 30, che ha moltiplicato all'inverosimile le tipologie dei rapporti di lavoro flessibili, nell'illusione di creare per questa via più occupazione.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti: l'occupazione è aumentata di poco ma contestualmente molto lavoro stabile è stato trasformato in precario, con tutte le conseguenze sociali.

Va quindi profondamente rivista la legge 30 a partire dalla eliminazione di una serie di tipologie contrattuali che non servono e contestualmente realizzare gli ammortizzatori sociali adeguati al nuovo mercato del lavoro e fornire così una rete di sicurezza per aiutare chi resta senza lavoro, anche quelli delle piccole aziende, non solo a sopravvivere, ma anche a riprendere il lavoro. Va quindi definito un nuovo sistema di tutele. Lo statuto dei lavori, da tempo proposto dalla Cisl non è più rinviabile.

Infine, sulla terza questione, si tratta di arrivare a una ricomposizione che, attraverso una rivisitazione dell'accordo del '93 rilanci l'impianto della contrattazione collettiva rendendola più certa ed esigibile, rivedendo in particolare i meccanismi che calcolano i livelli di inflazione ma anche rendendo più certa la contrattazione integrativa per tutti. Ma sul versante della tutela dei salari, sarà necessario aprire anche un confronto con il governo rispetto al ripristino del fiscal drag (che il centro destra aveva bloccato per tre anni, producendo con ciò una sensibile perdita di potere d'acquisto). Ma deve cambiare anche la politica fiscale, che negli ultimi anni ha favorito soprattutto i redditi alti.

Misureremo il governo rispetto a come si porrà su tali questioni, pronti a fare la nostra parte come abbiamo sempre fatto, con serietà e proposte, a prescindere dal colore del governo di turno.

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Formazione Continua

Riunita la Commissione Fondi Interprofessionali della FIM di Varese

Lo scorso 7 aprile si è tenuta la prima riunione della Commissione istituita dalla FIM di Varese per seguire le attività dei Fondi Interprofessionali per la formazione professionale continua nelle aziende metalmeccaniche della nostra provincia.

Durante la riunione i delegati presenti hanno discusso della situazione attuale e hanno approfondito con il responsabile della CISL di Varese, Giovanni Pedrinelli, l'evoluzione dei progetti di Fondimpresa e di Fondapi. Era presente anche Carlo Motta dello IAL (l'Istituto per la Formazione Professionale istituito dalla CISL), che ha illustrato le attività in cui è coinvolto lo IAL in Lombardia.

Dai lavori è emersa l'importanza che la Formazione Professionale Continua ha per la salvaguardia dell'occupazione ed il miglioramento della professionalità dei lavoratori, soprattutto in un mercato intenzionale sempre più competitivo. Non a caso l'Unione Europea ha lanciato negli anni scorsi importanti programmi a sostegno della formazione continua indicando in quella l'unica strada per vincere le sfide dei nuovi mercati.

Ma non sempre le situazioni che incontriamo risultano facili da gestire. In particolare sono state evidenziate dagli interventi che, soprattutto in questa prima fase le RSU non sono state debitamente coinvolte nei processi informativi e di avvio delle attività nelle aziende. Inoltre, non sempre è chiaro sia alle aziende che ai lavoratori e ai delegati quali siano esattamente i contorni e le regole che sovraintendono a queste nuove forme di finanziamento della formazione.

Sarà quindi necessario continuare nella complessa attività informativa e formativa sia dei quadri dirigenti del sindacato che delle RSU, specie nelle realtà più significative del nostro territorio. In questo senso pensiamo che la Confederazione debba farsi carico di un'azione formativa articolata tesa al raggiungimento di una maggiore consapevolezza delle questioni in campo. Si rende poi necessario fornire ai delegati strumenti operativi semplici e capaci di permettere un'attività di conoscenza dei fabbisogni formativi dei lavoratori per poi essere in grado di sostenere nelle rivendicazioni sindacali un ruolo attivo e propositivo, soprattutto perché alla base del finanziamento dei Fondi c'è lo 0,30% della retribuzione dei lavoratori.

In questo senso pensiamo che si possa realizzare compiutamente la bilateralità che è alla base dell'istituzione dei Fondi Interprofessionali voluti unitariamente da CISL, CGIL e UIL insieme alle loro articolazioni di categoria FIM, FIOM e UILM, che legittima nei fatti la competenza delle organizzazioni sindacali nella contrattazione della formazione dei lavoratori.

Graziano Resteghini

Cos'è lo IAL (Istituto Addestramento Lavoratori)

È dal 1955 che l'attività dello IAL CISL, l'ente di formazione promosso dalla Cisl, è parte del percorso di vita di centinaia di migliaia di persone che, come noi, credono che la formazione sia una forma di promozione e di tutela della persona oltre che una opportunità culturale.

Questa particolare tensione verso la valorizzazione della persona e lo sviluppo delle sue potenzialità, unitamente alla convinzione che il futuro del lavoro sarà segnato sempre più dalla componente della qualità del sapere e delle competenze, ci ha indotto a riorientare la nostra attenzione dall'addestramento all'apprendimento.

Per questa ragione, anche a seguito delle recenti riforme del mercato del lavoro e del sistema dell'istruzione, abbiamo voluto ampliare il nostro orizzonte di azione per arrivare a coprire l'intera filiera della formazione: dall'orientamento alla qualificazione dei giovani che vogliono inserirsi nel mondo del lavoro, dalla formazione continua dei lavoratori, ai progetti di consulenza alle aziende, fino alla gestione sperimentale di modalità, innovative, d'incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Lo IAL CISL, oggi, è uno degli istituti di formazione più grandi d'Europa, con oltre 2.000 corsi realizzati ogni anno, per un totale di oltre 42 mila partecipanti. È strutturato in tutto il territorio nazionale con articolazioni regionali e territoriali. Nella nostra provincia è presente con una sede a Saronno ed un ufficio a Varese.

Cos'è Fondimpresa

Fondimpresa – Fondo paritetico interprofessionale nazionale per la formazione continua – è associazione, riconosciuta con decreto ministeriale del 28 novembre 2002, costituita da Confindustria e CGIL, CISL, UIL.

L'obiettivo principale di Fondimpresa è rendere semplice ed accessibile alle aziende (anche quelle di piccole dimensioni) e ai lavoratori, l'utilizzo della formazione, leva indispensabile per favorire l'innovazione e lo sviluppo.

Il Fondo serve a finanziare piani formativi aziendali, settoriali e territoriali concordati tra le parti sociali.

L'obiettivo di Fondimpresa è il miglioramento della competitività delle imprese e il potenziamento dell'occupabilità dei lavoratori.

Cos'è FAPI

Il FAPI – Fondo Formazione PMI è un'associazione costituita da Confapi, CGIL, CISL, e UIL per promuovere le attività di Formazione Continua dei dipendenti delle PMI.

Le parti sociali costituenti il Fondo hanno espresso l'intenzione di voler sviluppare le politiche formative attraverso il metodo della negoziaizione e con l'obiettivo di finanziare piani formativi aziendali – territoriali, settoriali, regionali, interregionali e

nazionali – in coerenza con la programmazione regionale e:

-In accordo con la politica comunitaria e nazionale orientata allo sviluppo della formazione professionale e della formazione continua;

-In considerazione del fatto che le parti sociali possano svolgere un ruolo importante nell'ambito della formazione continua;

-In considerazione della specificità e della rilevanza delle Pmi nel sistema economico italiano;

-In considerazione della necessità di valorizzare i lavoratori nel corso della vita e dell'importanza del loro aggiornamento in relazione all'introduzione di nuove tecnologie e di nuovi metodi di produzione.

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Terra Futura 2006

La presenza della FIM

L'edizione di quest'anno della mostra/convegno delle buone pratiche di sostenibilità ha registrato delle cifre record di partecipazione. Le "parole d'ordine" di questa edizione erano "abitare, produrre, coltivare, agire, governare" e il crescente interesse di un sempre più vasto numero di persone per le declinazioni di queste parole d'ordine, temi fondamentali per la costruzione di "un altro mondo possibile", non può che essere una nota positiva nel panorama della società civile italiana. Una grande attenzione non solo per gli stand degli espositori e per le tante soluzioni proposte, ma anche per i temi trattati negli incontri pubblici. E all'interno di questa nota positiva non può che far piacere la grande presenza della FIM e della CISL nelle iniziative principali che hanno dato il "ritmo" alla manifestazione. Ricordiamo fra gli altri l'incontro organizzato dalla FIM: "come convertire una fabbrica di armi, lo spiegano Giorgio Caprioli e Gianni Alioti" facente parte del programma culturale principale di Terra Futura.

La presenza della FIM CISL a Terra Futura è stata inoltre caratterizzata dalla presenza dei Giovani FIM che, hanno potuto quest'anno approfondire la conoscenza delle tematiche trattate e si sono inoltre resi protagonisti, insieme all'ufficio internazionale della FIM e all'ISCOS, dell'incontro "GLOBALIZZAZIONE, DIRITTI, SOLIDARIETÀ: IL RUOLO DEI GIOVANI NEL SINDACATO" . L'incontro, è stato animato dagli interventi della FIM Nazionale e dell'ISCOS, che hanno portato le loro conoscenze a confronto.

Sono state le campagne internazionali a caratterizzare anche quest'anno lo spazio FIM a Terra Futura: FIM for Africa, il progetto di solidarietà e cooperazione che si propone di sostenere il Sintime, sindacato metalmeccanico del Mozambico, nella prevenzione e nella lotta all'AIDS, specie nei luoghi di lavoro, e nella formazione sindacale; la campagna di Boicottaggio della Coca Cola, a sostegno delle rivendicazioni del sindacato colombiano Sinaltrainal, vittima dal 1989 ad oggi dell'assassinio di 8 leader sindacali, decine di sequestri, torture, minacce di morte, sfollamenti forzati, montature giudiziarie.

Terra Futura 2006 si è rivelata quindi un'esperienza molto positiva che ha permesso di raggiungere persone che agiscono al di fuori della realtà sindacale ma che condividono i valori della solidarietà internazionale e che la necessità di un sindacato globale è condivisa e condivisibile.

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Nel 2006 si festeggia l' anno della mobilità Europea

Quale problemi per i frontalieri con la Svizzera.

La confederazione dei Sindacati Europei ha dichiarato il 2006 "anno della mobilità per il lavoro in Europa. Le frontiere dell'Unione nel frattempo stanno cambiando la geografia delle grandi regioni produttive: ai quindici paesi membri si stanno aggiungendo i dieci nuovi paesi provenienti dai frazionamenti delle nazioni dell'Est e stanno nascendo nuove regioni transfrontaliere, sopranazionali e interregionali. La dichiarazione della C.E.S. e l'impegno di dare ai lavoratori nuove certezze, rappresenta per la Confederazione Sindacale una sfida di un'ampiezza senza precedenti in termini politici, economici e sociali.

Il 14 febbraio scorso, i Sindacati Europei hanno fornito una dimostrazione di forza , portando a Strasburgo decine di migliaia di lavoratori. Questo ha spinto il parlamento Europeo su una posizione di netta contrapposizione alla Direttiva Bolkestein, con l'accorpamento trasversale di una coalizione politica che ha in pratica svuotato di contenuti questa legge, che rischiava di distruggere lo stato Sociale dell'Unione Europea. In sostanza l'azione Sindacale ha convinto il parlamento Europeo a cancellare gli articoli della direttiva che riguardavano il principio secondo il quale un'impresa che delocalizza i propri servizi in un altro stato, membro dell'U.E. avrebbe potuto applicare le regole esistenti nel paese di appartenenza. Questo atteggiamento, come si può ben capire avrebbe cancellato tutti i diritti sostanziali dei lavoratori, avrebbe abbattuto lo stato sociale dei paesi Europei, avrebbe in sintesi rappresentato una concorrenza sleale all'interno del mondo del lavoro.

La zona a nord della Lombardia: Varese, Como, Sondrio e Verbano Cusio Ossola, rappresenta un bacino di lavoro transfrontaliere verso il Canton Ticino, e il Canton Grigioni che interessa circa quarantamila lavoratori e lavoratrici. Dal 1982 CGIL-CISL-UIL, in accordo con i sindacati Svizzeri Organizzazione Cristiano Sociale e Unione Sindacati Svizzeri, hanno dato vita ad un Consiglio Sindacale Interregionale, con il Ticino seguito nel 1995 da un CSI con il Canton Grigioni. Queste iniziative hanno permesso di creare luoghi e occasioni di conoscenza, confronto e azioni rivolte a tutelare questi lavoratori, sempre dimenticati e sconosciuti dalle Istituzioni, in materia di salario, malattia, previdenza.

Con l'avvento degli accordi Bilaterali Svizzera Unione Europea, avvenuta il 1 giugno 2002, ha rappresentato un ulteriore passo in avanti per una graduale introduzione della libera circolazione reciproca dei paesi Europei anche con la Svizzera. Diciamo graduale in quanto il governo confederale elvetico che ha frontiere con diversi paesi Europei, non ha mostrato un grande entusiasmo alla firma degli accordi bilaterali, tant'è che tutto si muove a piccoli passi ed a tappe prestabilite, solo nel 2007 sarà possibile estendere la mobilità dei cittadini Europei in Svizzera, in tutti i Cantoni, e solo nel 2012, se non avverrà un referendum abrogativo si potrà parlare di una definizione totale degli accordi firmati.

A tutt'oggi comunque i Sindacati registrano una grande cautela da parte Svizzera, nell'applicazione delle normative contenute negli accordi bilaterali: esempio non è ancora a regime il controllo, sull'applicazione delle normative riguardanti la sicurezza sul lavoro, delle normative sui salari (poca estensione dei contratti collettivi), vengono denunciati molti tentativi padronali di applicare tagli economici e quindi dumping salariale. Dal 2004, i permessi hanno subito una modifica, questo ha causato una mancanza di controllo sui flussi delle assunzioni e dei licenziamenti, ma soprattutto ha causato un aumento notevole delle prestazioni fuori controllo. Significa che i lavoratori atipici o piccoli artigiani italiani, non avendo bisogno del permesso di lavoro causa la durata inferiore ai tre mesi della prestazione, hanno potuto prestare servizi al di fuori delle norme del mercato. Si parla per l'anno 2005 di circa 11.000 lavoratori su un totale di quarantamila. Anche per questo motivo il Consiglio Sindacale Interregionale, intende creare un Osservatorio territoriale sul mercato del lavoro, attraverso strumenti come gli sportelli EURES, al fine di coinvolgere in un'azione di controllo anche le Istituzioni Italiane e Svizzere e le parti Sociali territoriali, al fine di bloccare le azioni che provocherebbero un abbattimento del valore sociale ed economico delle prestazioni dei nostri lavoratori, introducendo in Svizzera, gli stessi principi della direttiva Bolkestein cancellati dal parlamento Europeo.

Osvaldo Caro Responsabile Ufficio Frontalieri Cisl Varese

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5 PER MILLE: DI COSA SI TRATTA

Da quest'anno è possibile dare sostegno alle organizzazioni di volontariato, alle ONLUS, alle associazioni di promozione sociale e alle fondazioni, destinando loro il 5 per mille della propria Imposta sul Reddito delle persone fisiche (IRPEF). Compiendo questa scelta, non dovrai pagare un'imposta più alta e potrai comunque scegliere la destinazione dell'otto per mille.

GLI ENTI PROMOSSI DALLA CISL A CUI PUOI DESTINARE IL 5 PER MILLE

Firma a favore di uno tra questi enti o associazioni promossi dalla CISL:

ANTEAS VARESE – Associazione nazionale terza età attiva: nata all'interno della FNP e promossa da anziani e pensionati, è un'associazione aperta all'incontro con i giovani e con tutti coloro che condividono l'impegno della solidarietà civile e sociale, dall'assistenza ai non autosufficienti, dalle attività culturali a quelle di integrazione con gli immigrati e gli extracomunitari. CF: 95048250120

ANOLF VARESE Associazione Nazionale Oltre le frontiere: è un'associazione a carattere volontario che ha come scopo la crescita dell'amicizia e della fratellanza tra i popoli. È attiva su diversi fronti per promuovere l'interazione tra gruppi sociali diversi, per una società multiculturale in cui vi sia uguaglianza di diritti e doveri, nel rispetto dei valori delle singole etnie, culture e religioni. CF: 95048250120

ISCOS – Istituto sindacale per la Cooperazione e lo sviluppo: è la ONG della CISL da oltre vent'anni impegnata nella promozione della solidarietà tra i lavoratori italiani e quelli dei paesi del sud del mondo. È presente con 10 sedi estere e numerosi progetti di sviluppo in Africa, America Centrale e Latina, Asia ed Europa. CF: 97028820583

ADICONSUM – Associazione per la difesa dei consumatori: è l'Associazione che garantisce ai consumatori consulenza e assistenza in diversi settori del mercato, dai servizi bancari e finanziari a quelli pubblici, dalla sicurezza alimentare alla garanzia nell'acquisto di case e beni immobili. CF: 96107650580

COME FARE ¼

La scelta del soggetto cui destinare il 5 per mille deve essere compiuta utilizzando il modello CUD 2006, il modello 730 - 2006 o il modello Unico Persone Fisiche 2006.

Per destinare il 5 per mille della tua imposta ad uno dei nostri enti o associazioni devi apporre la tua firma, come nell'esempio sotto riportato, e quindi inserire il codice fiscale dell'organizzazione che hai scelto e che puoi trovare all'indirizzo www.cisl.it

Se hai ricevuto il modello CUD 2006 e non sei tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi, devi prima compilare la Scheda per la scelta della destinazione del cinque per mille dell'IRPEF e poi consegnarla in busta chiusa allo sportello di una banca o di un ufficio postale tra il 2 maggio 2006 e il 31 luglio 2006. La busta deve recare l'indicazione "SCELTA PER LA DESTINAZIONE DEL CINQUE PER MILLE DELL'IRPEF", nonché il codice fiscale, il cognome e nome del contribuente. Il servizio di ricezione delle scelte da parte delle banche e degli uffici postali è gratuito. Se invece presenti il modello 730, devi compilare il modello 730-1bis e consegnarlo in busta chiusa insieme alla tua dichiarazione. Se infine presenti il modello Unico devi compilare l'apposita sezione del frontespizio.

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LE DONNE, EROINE DEL NOSTRO TEMPO

Perché l’otto marzo? Questa data oggi è considerata un giorno di festa ed è l’icona dell’emancipazione femminile. L’otto marzo è una festa che ha radici lontane e che corrisponde all’anniversario di una triste storia.

Era il 1908, da alcuni giorni le operaie dell’industria tessile "Cotton" , negli Stati Uniti, scioperavano per denunciare le disagiate condizioni in cui erano costrette a lavorare. Per evitare che la protesta potesse uscire dallo stabilimento, temendo un danno di immagine, il titolare dell’azienda pensò di sbarrare le porte dell’azienda. Scoppiò un incendio e ben 129 donne persero la vita.

Quell’episodio divenne l’emblema del disagio sociale che la donna subiva e continua a subire e divenne episodio di stimolo e sviluppo di una cultura di emancipazione della donna.

Tuttavia, nel corso degli ultimi anni, questa ricorrenza è andata sempre più perdendo il suo valore iniziale, ci ritroviamo così a chiamarla semplicemente "festa" e a festeggiarla svuotando gli alberi di mimosa che fioriscono in questo periodo e riempiendo numerosi locali che organizzano serate in cui non vi è neanche l’ombra dello spirito che anima questa festa. La natura commerciale ha prevalso sui valori di fondo, sulle radici della propria cultura, che una società matura non dovrebbe mai dimenticare.

Quest’anno la festa è stata dedicata anche alla celebrazione del 60° anniversario del voto delle donne. Nel 1946, infatti, per la prima volta nella storia del nostro paese, le donne ottennero il diritto di esprimere il proprio voto e ad essere elette nelle camere parlamentari. Ottennero cioè il diritto di partecipare attivamente alla vita politica del proprio paese e a collaborare nella definizione delle sorti. E’ certamente una ricorrenza importante da ricordare anche se guardando la situazione odierna, vediamo il "molto" che resta ancora da fare. Ad esempio, l’Italia è uno dei paesi con la minore rappresentanza femminile in parlamento e al senato, è ai primi posti in Europa per quanto riguarda la percentuale di donne che abbandona il lavoro a causa della inconciliabilità fra obblighi di lavoratrice e necessità famigliari, per il bassissimo tasso di occupazione femminile e per il mancato riconoscimento di occupazione nei posti di responsabilità (la donna infatti deve ancora faticare molto per farsi accettare in diverse professioni a "tradizione maschile").

E anche nella vita famigliare, la divisione dei compiti domestici, le responsabilità sull’educazione dei figli e l’assistenza ai genitori anziani (per citare solo i casi più evidenti a tutti) si evidenzia che la parità è ancora una affermazione di principio scritta sulla carta ma ancora non pienamente strutturata nella nostra cultura.

E non dimentichiamoci che stiamo parlando del mondo occidentale perché fuori da questi confini culturali, in diversi paesi, le donne vivono ancora in condizioni disperate!

Di Bassani Patrizia, Franze Luciana, Lobina Liliana RSU TCI Light e Gei di Saronno

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Laureati e Mercato del Lavoro

Ma quanto rende alla fine quel "pezzo di carta"

Conosco molti coetanei laureati o che si stanno laureando e anche molti genitori preoccupati che fanno molti sacrifici per riuscire a far avere un futuro hai propi figli. Il problema che si pongono è sempre lo stesso: riusciranno ha trovare una sistemazione adeguata? quanto prenderanno in busta paga?

Io la bacchetta magica non c’è l’ho, ma ho provato a fare una ricerca, su quanto effettivamente vale quel "pezzo di carta" la cosiddetta laurea.

Il periodo più critico del mercato del lavoro dei laureati registrato negli ultimi anni, si sta esaurendo e aumenta progressivamente la quota di ragazzi che decide di progredire nella propria formazione.

Questo almeno il dato che emerge dal rapporto dell’Ansa e AlmaLaurea (AlmaLaurea è nata nel 1994 su iniziativa dell’Osservatorio Statistico dell’ Università di Bologna, con il sostegno del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, con l’intento di mettere in relazione aziende e laureati) che ha coinvolto settantaquattromila laureati, compresi per la prima volta, le matricole che hanno concluso gli studi con una laurea triennale.

Il primo dato che risulta dalla ricerca è l’aumento delle precarietà, infatti, nel 2005 il 48,5% di chi ha conseguito la laurea nel 2004, ha un trovato impiego con contratto atipico, il 7,1% è senza contratto, e il 4,8% ne ha uno d’inserimento (formazione lavoro o apprendistato). In pratica solo il 39,2% può vantare un lavoro a tempo indeterminato. Situazione quindi notevolmente peggiorata rispetto ai quattro anni precedenti: nel 2001 infatti il 45,7% dei giovani laureati da un anno, aveva già in tasca un contratto a tempo indeterminato ed era "solo" del 37,4% la percentuale degli atipici. A sorpresa inoltre, si scopre che il contratto a tempo determinato caratterizza il pubblico impiego più del privato (25 laureati su cento contro i 38 su cento nel pubblico).

Con dati alla mano dall’indagine sempre di Ansa e AlmaLaurea, risulta purtroppo in netta ripresa la pratica della raccomandazione, cioè la richiesta di essere segnalati ai datori di lavoro. Il fenomeno dichiarato dalla ricerca, porta l’Italia a occupare un poco lusinghiero primato tra i Paesi Europei.

Non è molto confortante neppure il dato relativo ai riconoscimenti economici soprattutto se disarticolato per sesso o per area geografica: gli uomini guadagnano 1.136 euro al mese e le donne 885 euro, inoltre a cinque anni dal titolo, i guadagni mensili netti dei laureati che lavorano al Nord (1.366 euro) sono più elevati rispetto a quelli di chi lavora nel Centro (1.281 euro) e dal Sud (1.191 euro).

In conclusione, anch’io leggendo tutti i dati descritti nella ricerca mi trovo in difficoltà a trovare delle risposte immediate, posso dare solo un contributo dicendo che l’ultimo contratto firmato da noi metalmeccanici, prevede una prima regolamentazione dell’apprendistato introdotto dalla legge 30. Anche per i laureati sarà possibile usufruire dell’istituto ma solo per lavori inerenti la materia di laurea, con il vantaggio di prevedere l’assunzione a tempo indeterminato a fine del periodo. Qualche passo avanti si è fatto ma bisogna fare di più, partendo da leggi concrete che il futuro governo, sia di destra o di sinistra deve prevedere, ma il sindacato ha l’obbligo di far sentire la sua opinione. Io mi chiedo solo: ma se dovessimo raddoppiare la quota di laureati , il nostro mercato del lavoro, che già annaspa, sarebbe in grado di assorbirli?

MARCO RONGA R.S.U. Meccanica Finnord

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LA FLESSIBILITA’ E IL PRECARIATO

Da un po’ di tempo questo connubio è diventato un punto critico per i lavoratori i quali si trovano a dover sottostare a meccanismi imposti dalle aziende che rendono così difficile avere una vita regolare.

Nessuno può mettere in discussione il fatto che il nostro settore sia in crisi come per la maggior parte delle categorie e per questo ha bisogno anche di un aiuto da parte di noi lavoratori.

Solo cosi infatti l’azienda stessa riesce ad essere più competitiva sul mercato e tutelare soprattutto i migliaia di posti di lavoro.

Con il nuovo contratto metalmeccanico la Fim Cisl come altre organizzazioni sindacali, ha dato prova di aver tenuto conto di queste problematiche accordandosi su misure come l’orario plurisettimanale, l’apprendistato e soprattutto la formazione che è la giusta chiave per migliorare la qualità delle aziende e renderle così piu’ competitive.

E’ importante ricordare però che la questione flessibilità chiesta o imposta ai lavoratori non si deve confondere con i mini-contratti che tendenzialmente si stipulano oggi soprattutto con i nuovi lavoratori.

Per far fronte a questa realtà il Governo ha creato questi contratti atipici che dovevano rendere piu’ competitivo il mondo del lavoro ma che allo stesso tempo ha dato origine al precariato perché non ha tenuto conto dei disagi che potevano provocare questi contratti.

Il caso più lampante è quello dei lavoratori a tempo determinato che non possono avere ad esempio il finanziamento di un mutuo, ne per la casa ne per la macchina!

Se pensate a un lavoratore precario con l’incertezza del posto del lavoro, l’impossibilità di finanzamenti vi rendereste conto che è un emarginato, una persona priva della possibilità di crescere e di realizzarsi.

Pensate a un giovane o a una persona che ha perso l’impiego e adesso deve affrontare questa realtà.

Quello che succede è che dopo aver cambiato più di un posto di lavoro perché tutti a termine, gli anni passano e ci si trova a trenta anni senza un posto di lavoro fisso e senza niente alle spalle.

Richiamo quindi al buon senso chi ha il compito istituzionale di rivedere questi tipi di contratti e di trovare garanzie per questi lavoratori che sono il futuro dell’Italia.

RODRIGO GRANA

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RISULTATO DEL CCNL

COME LA PENSANO I LAVORATORI?

Dopo l’estenuante lotta che ci ha condotti alla fatidica firma del contratto, con gli aumenti salariali che tutti conosciamo, come si sentono i lavoratori? Sono soddisfatti? Sono stati rimborsati?

Nelle fabbriche c’è una miscela tra insoddisfatti, indifferenti, parzialmente soddisfatti e una minoranza di soddisfatti! Per assurdo quelli insoddisfatti o indifferenti sono quelli che non sono iscritti ad alcun sindacato, non hanno fatto nessuno sciopero e non si sono sciupati a far nulla per ottenere qualcosa. Questione differente tra i parzialmente soddisfatti e i pochi soddisfatti che hanno più o meno partecipato alla lotta e per questo motivo provano una certa soddisfazione! (più perché si è finalmente giunti ad una conclusione che per l’effettivo risultato che si è ottenuto, che comunque è da considerarsi più che accettabile).

Vorrei fare una parentesi e parlare di un gruppetto della mia azienda che si sente profondamente amareggiato. Queste persone si sono sentite "tradite" dai loro stessi colleghi perché mentre loro scioperavano e manifestavano, altri hanno fatto straordinari, guadagnandosi considerazione e aumento salariale da parte dell’azienda. Per questi personaggi, per fortuna pochi, si è poi aggiunto l’aumento contrattuale…. Capisco che queste cose sono vecchie più del sindacato, ma sono ancora accettabili?

Da ciò si capisce che quello che sta mancando in questi anni è quell’unione, quella forza di gruppo e quella compattezza che in passato ci hanno permesso di ottenere tutti i diritti di cui oggi usufruiamo e che stiamo rischiando di svalutare o addirittura di perdere.

Riconoscendo comunque i grossi cambiamenti nel mercato e tutte le sue difficoltà, le domande che ci poniamo sono: Q

Quanto realmente siamo in crisi? uanta voglia c’è da parte di tutti di reagire a queste difficoltà?

Chi ha vinto il braccio di ferro durato troppo? Non si è ben capito chi l’ha vinto ma vedo tutti i giorni i volti di chi l’ha perso!

Valentino Ceriani RSU Meccanica Borroni

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SIAMO ALLE SOLITE

Nulla è più gratificante di un buon risultato dopo una lotta dura e sfiancante.

Sintesi di ciò che si aggroviglia nei miei pensieri, l’indomani del raggiunto accordo per il rinnovo del CCNL della nostra categoria.

Si ,dura e lunga è stata la strada che ci ha portato a questo buon risultato.

Piena di insidie e al quanto dispendiosa (basti guardare le ore di sciopero effettuate), ma dispendiosa per chi?

Sicuramente non per i nostri colleghi "PARASSITI ", coloro che demandano agli altri il compito di lottare e rimetterci del loro per poi poter beneficiare di ciò che si è conquistato.

Grazie anche a loro, comunque , perché il loro comportamento ci fa sentire ancora più orgogliosi e soddisfatti; è vero non è giusto, però purtroppo il ben noto permissivismo italiano da adito a queste situazioni.

C’è chi vorrebbe le quote di servizio obbligatorie, chi vorrebbe applicare il contratto solo per gli iscritti; tutte le soluzioni trovano, in me, solidarietà, ma il problema è di principio.

Troppi sono gli ignavi che delegano altri alla risoluzione dei problemi e alla tutela dei diritti nelle lotte sindacali, alle elezioni amministrative, referendum, ecc.…

Non si ha più il coraggio di prendersi le proprie responsabilità e si aspetta criticando, l’operato degli altri.

Io invito i dirigenti della nostra organizzazione sindacale a trovare un giusto rimedio, in modo che i PARASSITI non abbiano gli stessi diritti e tutele di coloro che, con le proprie forze , i propri soldi e la propria anima , si impegnano per un futuro migliore.

CHIERICHETTI MASSIMO

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LA PILLOLA DI ALESSANDRA

Cari lettori e lettrici della Sirena,

Fermiamoci solo per un momento, guardiamoci intorno e cosa vediamo…? Io vedo un mondo in cui individualismo, egoismo, interessi personali e opportunismo dilagano e spesso influenzano in modo determinante le scelte delle persone e della società.

Penso che sarebbe bello se al mattino, appena svegli, ognuno di noi riuscisse a pensare sempre positivo iniziando la giornata con gioia e serenità da infondere. Senza avere solo l’obiettivo di migliorare la propria vita ma anche con quello di provare a migliorare quella degli altri. Perché, se ci pensiamo bene, la nostra felicità dipende molto dalla felicità di chi ci vive intorno!

Un caro saluto a tutti.

Alessandra Piazzi RSU Lascor

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Protocollo di Kioto?

I cambiamenti climatici in atto nel nostro pianeta sono uno dei temi più sentiti dall’opinione pubblica mondiale, infatti nel 1997 a Kioto si è tenuta la convenzione sul cambiamento climatico, dove è stato concordato il testo del protocollo per la riduzione delle emissioni dai cosiddetti "gas serra".

Il Protocollo di Kioto è un accordo Internazionale per la riduzione delle emissioni di sei gas, principali responsabili dell’effetto serra: anidride carbonica (CO2), metano (CH4), ossido di azoto ( N2O) , esafluoruro di zolfo (SF6) , idrofluorocarburi (HFCs) e perfluorocarburi (PFCs).

Il tasso di riduzione delle emissioni è differenziato per ogni Stato. Il valore medio di riduzione è pari al 5,2% quindi alcuni significativi tassi di riduzione sono: Unione Europea -8%, Usa -7%, Canada, Ungheria, Polonia e Giappone -6%, Russia Ucraina e Nuova Zelanda stabilizzazioni delle emissioni, Norvegia + 1%, Australia +8% ed Islanda +10%. L’obiettivo di riduzione è da realizzare nell’intervallo tra il 2008 e il 2012, utilizzando come anno base il 1990 per i primi tre gas o per i restanti tre a discrezione della parte concordata.

Il Protocollo di Kioto comprende i cosiddetti " meccanismi flessibili" , scappatoie grazie alla quale è possibile rispettare i parametri globali in presenza di paesi "indisciplinati ". Ad esempio, con il commercio delle emissioni, una nazione può acquistare il diritto ad inquinare dai paesi più "puliti". Inoltre i paesi evoluti possono infrangere i parametri del protocollo purché finanzino tecnologie per la riduzione dell’inquinamento nei paesi in via di sviluppo. Infine, è possibile guadagnare crediti piantando alberi nel terzo mondo.

Nelle sanzioni il Protocollo di Kioto prevede richiami e avvertimenti, ma nessuna multa, per i paesi che non rispettano i parametri. Le sanzioni, inoltre, scatteranno soltanto quando il protocollo sarà firmato dal 55% dei Paesi Internazionali e ci dovranno essere Paesi che producano almeno il 50% delle emissioni totali.

Tutto questo è l’accordo che era stato raggiunto. Ma l’Italia come è messa in questa situazione?

Mercoledì 15 febbraio 2006 è entrato in vigore il Protocollo di Kioto quindi è diventato vincolante e, almeno nelle intenzioni, sarà un cambiamento globale: saranno ammodernati gli impianti industriali, ridotto lo smog delle auto, abolito l’uso di alcune sostanze pericolose alla salute, rinnovata l’agricoltura e l’industria energetica (almeno lo spero!).

I governi di 141 Stati hanno firmato per salvare la terra. L’Unione Europea, la Russia, il Giappone, tutti hanno confermato il Protocollo, meno gli Stati Uniti: loro ancora stanno alla finestra. Nei prossimi sette anni, i governi si sono impegnati a completare il più costoso processo di ricostruzione delle tecnologie industriali mai avviato. In ballo c’è la salute del pianeta soffocato dall’inquinamento atmosferico e surriscaldato dall’effetto serra. La parte dolente purtroppo è che tre paesi europei non hanno ancora avuto il via da Bruxelles al piano nazionale antinquinamento, e tra questi stati c’è pure l’Italia, infatti i quattro paesi che non hanno ancora approvato i piani sono Italia, Repubblica Ceca, Polonia e Grecia.

Una rivista di scienze molto importante fatta da scienziati che si chiama Lancet riportante i dati di una ricerca, scrive: il riscaldamento della Terra effetto dei livelli troppo alti di gas serra nell’atmosfera, preoccupa gli scienziati, che hanno passato in rassegna decine di studi degli ultimi cinque anni. La ricerca sottolinea come il cambiamento del clima globale si ripercuoterà sulla salute umana, con rischi che si aggraveranno parallelamente all’intensificarsi di altre trasformazioni ambientali e sociali. La conseguenza più evidente è il mutamento del clima, dei livelli dei mari, delle precipitazioni, dell’umidità e dei venti. Questo porterà, avvertono gli scienziati, ad un aumento della mortalità per colpi di calore, malattie infettive, tra cui anche il colera, ma anche per allergie e fame, a causa della diminuzione dei raccolti.

Leggendo tutto ciò possono venire mille pensieri. In effetti una minore produzione di cibo sta affliggendo alcune regioni del mondo, probabilmente a causa di variazioni nelle temperature, piogge, regime del suoli, parassiti e malattie. Conseguenze forse del cambiamento del clima. Infatti a pensarci un po’, presso le popolazioni dal rifornimento alimentare insicuro, questo mutamento può già contribuire alla malnutrizione.

Per non parlare poi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha collocato i gas serra tra le dieci principali cause di invalidità ad esempio: asma, bronchiti, malattie cardiovascolari, sono nell’elenco dei disturbi provocati dalle sostanze inquinanti.

La Terra non ha conosciuto negli ultimi 1200 anni un riscaldamento climatico così intenso e prolungato come quello in atto dalla fine del 20° secolo. La perdita di ghiacci dalla grande isola della Groenlandia è più che raddoppiata in meno di quindici anni e i ghiacciai stanno velocemente scivolando in mare a una velocità che nessuno aveva predetto. Tutto questo porta alla conseguenza del riscaldamento globale. La riduzione dei ghiacci interessa l’intero pianeta e non è limitato a un breve periodo di tempo, e se il fenomeno continuerà nel prossimo futuro sicuramente i mari ne risentiranno con un evidente aumento del loro livello, numerosi Paesi depressi dovrebbero essere evacuati, ecc… Non voglio gufare ma proviamo a pensare alla nostra povera penisola Italiana e a soprattutto a Venezia, ognuno di noi può riflettere personalmente a quello che può succedere!!

In conclusione la mia riflessione da giovane mi porta a dire che il modo per vedere un futuro migliore e quello di cercare di alzare la voce per stappare le orecchie di qualcuno che le ha tappate. Io nel programmi politici sia di destra che di sinistra per le prossime elezioni non ho sentito nulla su tali temi e mi auguro che almeno in CISL si faccia qualcosa per dare delle risposte.

Oltretutto, una maggiore attenzione a tali problematiche, consentirebbe un approccio più attento anche a considerare i risvolti economici. Basti pensare alla valutazione dell’ impatto economico delle malattie, delle giornate perse dal lavoro, i costi che ricadono sulla sanità pubblica e quindi sulle tasse.

RONGA MARCO R.S.U. Meccanica Finnord

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