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Il numero di settembre '05

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Previdenza complementare e TFR

Il tema del conferimento del TFR, che ha occupato l'orizzonte negli ultimi mesi, non è che la punta dell'iceberg: in gioco c'è una profonda trasformazione ed una possibile, oltre che auspicabile estensione della previdenza complementare nel nostro Paese. Una recente indagine dell'ISAE evidenzia che la maggior parte dei lavoratori è incerta (il 44% dichiara di non essere ancora in grado di decidere) o intende mantenere il TFR presso l'azienda (42,2%). Questo significa che dobbiamo prepararci a sostenere in modo attivo la nostra visione in un confronto che non si esaurirà certo a giugno del 2006, termine teorico per la scelta del conferimento del TFR, ma che caratterizzerà gli anni a venire.

Peraltro, le aspettative di reddito che potranno essere soddisfatte dalla pensione Inps non sono sufficienti per una vita soddisfacente. Il rapporto di strategia nazionale sulle pensioni disegna un forte ridimensionamento della copertura garantita dalla previdenza pubblica obbligatoria: per un sessantenne con 35 anni di contribuzione che andrà in pensione nel 2030 il tasso di sostituzione sarà pari al 49,6% (contro l'attuale 65-66%). La previdenza complementare potrebbe garantire un parziale recupero di 14,5 punti percentuali, ma deve diventare in qualche modo "necessaria", è davvero "complementare", cioè necessario completamento, non integrativa, un "surplus" così come molti, anche fra noi, sono abituati a considerarla.

Il piatto della previdenza complementare è di quelli che mettono appetito: 13 miliardi di euro l'anno è la consistenza stimata del TFR maturando e, secondo proiezioni della Commissione di Vigilanza sui fondi pensione, la COVIP, il 50% di questa somma potrebbe essere destinata alla previdenza complementare nell'arco di 3 anni. Per tacere del resto, dei contributi dei lavoratori e dei datori di lavoro. Evidente perché banche ed assicurazioni vogliono "liberare il mercato" dei fondi pensionistici complementari da rendite di posizione (quelle dei fondi negoziali come Cometa o Fondapi) ritenute ingiustificate.

Il Governo, dopo la presentazione dello schema di decreto legislativo del 1° luglio scorso, a fronte delle critiche, si è detto più volte disponibile a cambiare, e ad accogliere la maggior parte delle nostre richieste.

Ci sono stati più incontri nei quali, CGIL-CISL-UIL hanno presentato unitariamente le controdeduzioni e le proposte, elaborato un secondo avviso comune delle parti sociali che è stato presentato al Ministro Maroni. Avviso comune sottoscritto da 22 organizzazioni, cosa per certi versi straordinaria, soprattutto di questi tempi, ma non da ANIA ed ABI, organizzazioni rappresentative di assicurazioni e banche. L'ANIA, l'organizzazione rappresentativa delle compagnie di assicurazione, si prefigge di tutelare, a suo dire, la "libertà di scelta" (dei lavoratori ndr) e afferma che se dovessero essere accolti i nostri rilievi in tema di non trasferibilità del contributo del datore di lavoro ai piani assicurativi individuali, i cosidetti cd. PIP, "il lavoratore non sarebbe più libero di realizzare scelte individuali".

Questa è una delle problematiche che rende complicato l'eventuale accordo. Ecco perché tanto insistiamo sui temi della trasparenza e della confrontabilità dei costi fra tutte le forme possibili di previdenza complementare: per analoghe ragioni in Gran Bretagna e Germania si sono imposti tetti massimi ai costi. La nostra idea di libertà è garantire che il lavoratore possa avere una chiara e completa informazione circa l'incidenza delle commissioni sia in rapporto al rendimento lordo che ai versamenti effettuati.

Bisogna essere chiari, soprattutto nei confronti dei giovani: la libertà di scelta è solo un'illusione, il tempo è una risorsa preziosa. Anche per queste ragioni rinviare la soluzione dei problemi aperti sarebbe disastroso ma rimane il dubbio: sarà davvero la volta buona? Chiederselo è legittimo, perché i problemi ai quali non si è in grado oggi di dare risposta sono diversi, e c'è concretamente il rischio che ne rimanga alla fine del confronto qualcuno di troppo, vanificando le possibilità di un'intesa (se il decreto legislativo non entra in vigore entro il 6 ottobre 2005 salta tutto).

In particolare siamo preoccupati per la non florida situazione delle casse dello Stato. Ne derivano cogenti vincoli di spesa che mal si conciliano con la necessità di trovare compensazioni, a favore delle imprese rispetto alla perdita della possibilità di utilizzo del TFR, anche attraverso la riduzione del costo del lavoro. Compensazioni non facili a quantificarsi ma che si prospettano di notevole entità (il vice ministro dell'economia, Baldassarri, sostiene che lo stato dovrebbe accollarsi 5-6 miliardi di euro nei prossimi 10 anni).

Ma vi sono altri problemi da risolvere: quello del Pubblico Impiego che è stato escluso dalla Previdenza Complementare e quello dei lavoratori atipici e/o parasubordinati.

Se è vero infatti che si prevede il loro ingresso nel sistema della previdenza complementare, per questi lavoratori le proiezioni parlano di tassi medi di sostituzione della previdenza pubblica totalmente insufficienti (30%), o ai problemi legati alla discontinuità dell'esperienza lavorativa ma anche alle aliquote di contribuzione ridotte (19%). La previdenza complementare, senza le coperture invocate da noi per colmare i buchi di una carriera lavorativa discontinua, senza ammortizzatori sociali a disposizione ed in presenza di redditi mediamente bassi, tali da non lasciare spazio a scelte discrezionali di investimento, non può raggiungere dimensioni significative, colmando l'insostenibile gap fra attese future di reddito e capacità di risposta dell'attuale sistema previdenziale.

Noi crediamo che debba essere privilegiata una visione sociale e contrattuale della previdenza complementare e che valga la pena battersi per una sua piena affermazione: fare un accordo, il migliore possibile, è certamente, in questo senso, cosa di grande importanza. La nostra idea è quella delle origini, semplice e non priva di capacità di attrazione: contrattare una prestazione previdenziale complementare a quella pubblica (rafforzando Cometa e Fondapi e far partire Artofond) usare la contrattazione per alimentare un fondo che è di proprietà di tutti gli associati, non di una Banca o di un'Assicurazione e nemmeno di un Sindacato.

Così come saremo impegnati, nel caso che il decreto giunga in porto come risultante di un accordo, a dare tutte le informazioni necessarie.

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Fondi di pensione integrativa come opportunità etiche

Il caso della Deutsche Bank

In questi giorni è al centro del dibattito la legge che dovrebbe obbligare il versamento del tfr per la costituzione della pensione integrativa. Sul tema abbiamo già fatto specifiche comunicazioni nei numeri precedenti del nostro giornale e cercheremo di tenervi informati sull'evoluzione che ci sarà nei prossimi mesi. Uno dei punti maggiormente contestati da parte sindacale alla impostazione del governo è il tentativo di equiparare le forme di pensione integrativa contrattuali a quelle individuali. Il motivo di tale impostazione sindacale è dovuto alla convinzione che solo per via contrattuale si possono dare risposte adeguate alle esigenze di lavoratori ed imprese e contestualmente garantire trasparenza nella gestione oltre che opportunità negli investimenti.

I Fondi di Pensione integrativi stanno infatti diventando una grande opportunità di investimento (si pensi a quante aziende Italiane sono ormai nelle mani di fondi pensionistici americani o tedeschi) e contestualmente possono diventare anche una grande occasione per la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese. In Italia la situazione è ancora in uno stato iniziale proprio perché le risorse sono limitate anche perché c'è ancora molta titubanza da parte dei lavoratori ad aderire (si pensi che a COMETA che ormai funziona da parecchi anni, aderisce meno del 30% degli aventi diritto) ma qualche esperienza interessante incomincia a nascere. Su proposta sindacale infatti, il Consiglio di Amministrazione del Fondo Pensione contrattuale dei dipendenti italiani del Gruppo Deutsche Bank ha deliberato l'investimento di 5 milioni di euro nel Fondo Valori Responsabili Monetario di Etica Sgr. L'iniziativa è stata proposta dai Consiglieri, eletti dai lavoratori iscritti al fondo, candidati dalle organizzazioni sindacali FALCRI, FIBA-CISL, FISAC-CGIL, UILCA-UIL.

Il patrimonio di Valori Responsabili Monetario è investito in titoli di Stati selezionati in base a criteri sociali e ambientali rigorosi: libertà di stampa, spesa pubblica per la sanità e l'istruzione, uso di energie rinnovabili, aree naturali protette, rispetto delle convenzioni internazionali sui diritti dei lavoratori ecc.. Esclusi a priori i Paesi che non rispettano i diritti umani o sono retti da regimi dittatoriali.

"Con l'investimento in un fondo etico raggiungiamo contemporaneamente tre obiettivi: rendimenti in linea con il mercato, diversificazione del portafoglio e attenzione alla tutela dell'ambiente e dei diritti" - spiega Maurizio Gemelli, Vicepresidente del Fondo. E aggiunge: "Un fondo pensione non puo' limitarsi a garantire solo un ritorno economico: a cosa serve una buona pensione se l'aria è sempre più inquinata e i diritti sociali sempre meno tutelati?".

Il fondo contrattuale di Deutsche Bank è il primo in Italia ad aver scelto di investire una parte del proprio patrimonio in un fondo di Etica Sgr. L'esempio di Deutsche Bank potrebbe presto essere seguito da altri fondi.

A.L.

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CCNL Metalmeccanci

Trattativa ancora in salita

Erano anni che non si registrava una situazione così complicata. Dopo nove mesi dalla sua scadenza non si intravede ancora la possibilità di giungere ad una conclusione. La trattativa dovrebbe riprendere il 4 ottobre ma in un clima non diverso da quello che a luglio ha portato alla situazione di blocco. Federmeccanica non solo non ha aperto alcuno spazio di confronto rispetto alle richieste della piattaforma unitaria, ma lo ha progressivamente irrigidito con impraticabili proposte di scambio e interpretazioni restrittive degli spazi salariali siamo ancora fermi ai 60 euro nonostante altre categorie abbiano già firmato accordi molto più alti (vedi alimentaristi).

Il patto unitario tra Fim, Fiom e Uilm tiene è ciò ha consentito, seppur dopo un vivace dibattito che comunque fa sempre bene, di giungere alla stesura di un documento su cui chiedere alle controparti la ripresa del confronto. Tale documento infatti, se da una parte respinge le provocazioni di Federmeccanica sullo "scambio" dall'altra prende atto della necessità che vi sono altri temi, oltre a quello salariale, a cui occorre dare risposta.

Il documento infatti conferma la necessità di trovare una soluzione ad incrementi salariali in grado di tutelare il potere d'acquisto dei lavoratori e di consentire una partecipazione agli aumenti di produttività, secondo quanto definito nella piattaforma.

Ma il documento prevede anche l'impegno a dare una risposta contrattuale sulla regolamentazione del mercato del lavoro nelle sue varie articolazioni (tempo determinato, part-time, lavori atipici, apprendistato), per ridurre i rischi crescenti di precarizzazione e rafforzi le opportunità di accesso alla formazione. D'altronde, dopo l'uscita della legge 30, si rende necessario trovare la giuste soluzioni e anche in questo caso i metalmeccanici sono tra le poche categorie che ancora non hanno trovato un accordo.

Infine, la riattivazione del percorso per la riforma dell'inquadramento professionale, rispetto alla quale va completato il lavoro comune per arrivare a una soluzione unitaria.

Proposte quindi che vanno oltre il semplice rinnovo biennale per costringere Federmeccanica a uscire dalla posizione assunta. Una indisponibilità significherebbe ammettere l'intenzione di mettere in discussione il sistema di le relazioni sindacali costruito in questi anni assumendosene tutte le responsabilità. Si sa che in Federmeccanica è presente anche un componente sempre più consistente che ha anche tale proposito, ma riteniamo che una scelta di questo tipo finirebbe per far male alle stesse aziende.

Lo sciopero del 29 settembre si colloca quindi in un momento che potrebbe essere decisivo: sbloccare la trattativa con proposte nuove, per giungere entro fine anno ad un accordo almeno sulla parte salariale. Crediamo non convenga a nessuno arrivare alle elezioni politiche con il CCNL dei Metalmeccanici ancora aperto.

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Riflessioni di fine estate

L'estate che abbiamo appena trascorso è stata caratterizzata da diversi eventi: l'uragano che ha travolto il sud degli USA e New Orleans, il caso Fazio, la polemica Formgoni-Cé, ecc. ecc.

Ma una questione ha in qualche modo attraversato anche il mondo sindacale: mi riferisco alla vicenda che ha visto il ministro del Welfare andare "in soccorso" ad una organizzazione sindacale autonoma che la dirigenza di Alitalia non considera più un interlocutore affidabile e credibile.

Senza entrare nel merito della questione specifica, per cui rimando alla lettura degli articoli del prof. Ichino pubblicati sul Corriere della Sera, mi è sembrata evidente la sproporzione dell'intervento del ministro. D'altra parte tutto ciò non ha sortito l'effetto sperato, tanto che la protesta continua tuttora e c'è stata pure una presa di posizione del ministro dei trasporti che nei fatti sconfessa il collega del Welfare.

Siamo alle solite: pur di rompere il fronte sindacale confederale tutto fa brodo!

Ma non è così che il nostro Paese fa dei passi avanti: non è continuando a dar colpa all'euro che si rimettono a posto i conti del Governo e quelli delle famiglie dei lavoratori.

Sul tavolo di competenza del ministro del Welfare ci sono ancora diversi temi caldi da affrontare: uno ad esempio è la conclusione della trattativa, che lo vede implicato in prima persona, del contratto del Pubblico Impiego. Al nostro, come al solito, dovremo pensarci noi, a partire dallo sciopero del 29 settembre.

A proposito, un amico mi faceva notare che quel giorno è il genetliaco (compleanno) del Cavaliere. Facciamogli un bel regalo: facciamo riuscire bene lo sciopero!

GR

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Le nuove regole della disoccupazione

Il decreto legge n. 35 del 14 marzo 2005, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 62 del 16 marzo 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005 n. 80, ha disposto, che la durata dei trattamenti di disoccupazione in pagamento dal 1° aprile 2005 al 31 dicembre 2006 è elevata a 7 mesi in favore dei lavoratori con età anagrafica inferiore a 50 anni e a 10 mesi in favore dei lavoratori con età anagrafica pari o superiore a 50 anni, purché gli stessi alla data del 1° aprile 2005 siano ancora beneficiari di tale indennità per almeno una giornata.

Per quanto riguarda l'età da prendere in considerazione al fine dell'elevazione della durata della prestazione, da sei a sette mesi e da nove a dieci mesi, si precisa che il possesso del requisito richiesto – età inferiore, pari o superiore a 50 anni – deve essere accertato con riferimento alla data di cessazione del rapporto di lavoro.

Tale norma ha elevato anche la percentuale di commisurazione dell'indennità alla retribuzione che, per le prestazioni in pagamento nel periodo 1° aprile 2005 – 31 dicembre 2006, sarà calcolata nel seguente modo:

a) per i lavoratori con età inferiore a 50 anni, i primi sei mesi al 50% e per il settimo mese al 30%;

b) per i lavoratori con età pari o superiore a 50 anni, i primi sei mesi al 50%, per i tre mesi successivi al 40% e per il decimo mese al 30%.

Durante tutto il periodo di percezione dell'indennità ordinaria di disoccupazione (210 ovvero 300 giornate) spetta l'assegno al nucleo familiare secondo la vigente normativa. La contribuzione figurativa spetta, invece, nel limite massimo di sei mesi, per i lavoratori con età anagrafica inferiore a 50 anni, e di nove mesi per i lavoratori con età anagrafica pari o superiore a 50 anni; per il settimo e per il decimo mese non sarà quindi, riconosciuta tale contribuzione.

Il comma 7 dell'articolo 13 della legge in esame ha stabilito che l'indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali, può essere riconosciuta anche ai lavoratori sospesi in conseguenza di situazioni aziendali dovute ad eventi transitori non imputabili all'imprenditore o ai lavoratori ovvero determinate da situazioni temporanee di mercato. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, definirà con apposito decreto le situazioni aziendali che daranno titolo all'indennità in caso di sospensione dell'attività lavorativa.

Sulla base di tale disposizione, pertanto, la prestazione potrà essere riconosciuta ai lavoratori sospesi a decorrere dal 17 marzo 2005, nel limite massimo di 65 giornate nell'anno mobile e nella misura del 50% della retribuzione; per tale periodo deve essere accreditata la contribuzione figurativa e, in presenza degli specifici requisiti di legge, devono essere concessi gli assegni per il nucleo familiare.

Il comma 8 dell'articolo 13 ha invece stabilito che l'indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti ridotti, può essere riconosciuta anche ai dipendenti delle imprese del settore artigianato, sospesi dall'attività lavorativa nel corso dell'anno 2005, in conseguenza di situazioni aziendali dovute ad eventi transitori non imputabili agli imprenditori o ai lavoratori.

Anche in questo caso, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, definirà con apposito decreto le situazioni aziendali che daranno titolo all'indennità in caso di sospensione dell'attività lavorativa.

Per il riconoscimento del diritto a tale prestazione occorre, però, verificare l'appartenenza del datore di lavoro al settore artigianato e per il pagamento dell'indennità è necessario accertare che ci sia stato un intervento integrativo, pari almeno alla misura del 20%, a carico degli Enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva ovvero che gli stessi Enti abbiano provveduto a somministrare attività di formazione e qualificazione professionale, di durata non inferiore a 120 ore.

La prestazione spetta nel limite massimo di 65 giornate l'anno, nella misura del 30% della retribuzione relativa all'anno di riferimento, con il riconoscimento della contribuzione figurativa e degli eventuali assegni per il nucleo familiare.

A.L.

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"Fim for Africa".

Un progetto della Fim a sostegno del sindacato in Mozambico per prevenire la diffusione dell'AIDS.

Dopo il buon risultato ottenuto con l'iniziativa "Crianca 2000", l'intervento sostenuto dalla Fim in Brasile insieme alla Cnm che ha consentito di strappare dal lavoro minorile 529 bambini e avviare ad un lavoro regolare 223 persone (vedi articolo riassuntivo pubblicato su Informazione n° 143 del luglio 2004), la Fim lancia il progetto "Fim-CisI for Africa", promosso insieme all'Iscos (istituto della CisI per la cooperazione e lo sviluppo) e alla Cnm (i metalmeccanici brasiliani aderenti alla confederazione Cut) con lo scopo di sostenere il sindacato metalmeccanico del Mozambico, Sintime (affiliato alla confederazione Otm) nelle azioni di sensibilizzazione e formazione dei lavoratori nelle fabbriche sul contagio del virus HIV.

L'obiettivo è prevenire sia la diffusione dell'AIDS, sia affermare il diritto alla cura e la non discriminazione delle persone sieropositive nei luoghi di lavoro e nella società. In Mozambico ci sono 1,4 milioni di persone sieropositive o con AIDS, il 13,2 per cento del totale delle persone adulte comprese tra 15 e 49 anni. Nelle fabbriche questa percentuale raggiunge in molti casi il 15 per cento (1 lavoratore su 7), con una preoccupante tendenza all'aumento. Ogni anno in Mozambico l'AIDS uccide 400 maestri e insegnanti, nonché diverse centinaia di tecnici e operai qualificati nelle industrie, di infermieri e medici negli ospedali, di quadri e impiegati nell'amministrazione pubblica, di agronomi e contadini nelle campagne.

Il sindacato Sintime, in Mozambico, è presente in 153 imprese metalmeccaniche ed elettriche e organizza 89 comitati sindacali aziendali, ma solo il 25 per cento del totale del settore è coperto dalla contrattazione collettiva. La maggioranza dei metalmeccanici (il 75 per cento) guadagna quindi, solo il salario minimo corrispondente a meno di 50 euro il mese. È naturale in questo contesto che i sindacati siano deboli e poveri, pertanto privi dei mezzi necessari per formarsi, crescere e divenire soggetti politici autonomi. Per queste ragioni il progetto della Firn, oltre alla lotta contro l'AIDS, vuole contribuire a rafforzare in Mozambico un sindacalismo autentico e rappresentativo che, in un ambiente di povertà diffusa, sappia coniugare lo sviluppo della contrattazione collettiva con il ruolo di agente sociale.

L'azione della Firn e dell'Iscos sarà coordinata con la struttura subregionale per l'Africa meridionale della Fism (la Federazione internazionale dei sindacati metalmeccanici) e con le azioni programmate dalla Numsa (i metalmeccanici sudafricani della confederazione Cosatu) e dal Solidarity Center della confederazione sindacale americana AfI Ciò.

A sostegno di "Fim-CisI for Africa" è stato prodotto un CD musicale: il ricavato della sua vendita andrà interamente a beneficio del progetto. Il CD, il cui titolo è "Oltre il filo del tramonto", è stato realizzato da Moreno Dapit, il quale, oltre a fare il sindacalista nella Firn CisI di Udine, scrive anche testi e musiche di canzoni; tra l'altro collabora da diversi anni con i Nomadi. La voce di Moreno Dapit è accompagnata dall'orchestra "Canzoni di confine", una formazione di musicisti professionisti (conosciuti nel mondo della musica classica, del jazz e della canzone d'autore), che ogni anno anima l'omonima rassegna musicale in Friuli promossa da Sergio Endrigo. Il CD è in vendita al prezzo di 10 euro e può essere richiesto agli operatori sindacali e delegati della Fim.

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