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Il numero di aprile '05

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Gli articoli
CCNL: Lo stato della trattativa
Congresso Fim: eletti i nuovi organismi dirigenti
Congresso Fim: documento finale
Mercato del Lavoro
Gelo sull'industria metalmeccanica
PressofusioneBrebbia: la fine di un incubo
Indennità di vacanza contrattuale
Globalizzazione? (Inserto La Sirena)
Precariato e ritmi di lavoro (Inserto La Sirena)
Unità Sindacale (Inserto La Sirena)
Giovani al congresso (Inserto La Sirena)

CCNL

Lo stato della trattativa

Si è svolto a Roma il 1 aprile 2005, il secondo incontro per il rinnovo del biennio economico 2005-2006 del contratto nazionale dei metalmeccanici.

Come è ormai noto la posizione di Federmeccanica (non si discosta quella di Unionmeccanica) è di riconoscere un aumento di 60 euro contro la richiesta di 105. Mentre andiamo in stampa, sono in corso altri incontri che potrebbero modificare le posizioni fino ad oggi espresse ma ci sembra ugualmente importante fare il punto della situazione visto che i tempi che ci aspettano sono piuttosto complicati.

Le differenze che portano a tali cifre sono:

- Federmeccanica sostiene che il differenziale di inflazione del passato biennio sia di 0,5 punti a cui vanno aggiunti 3,1 punti d'inflazione programmata dal Governo per il prossimo biennio (1,6 per il 2005, 1,5 per il 2006). Il totale da 3,6 che moltiplicato per il "valore punto'' di 16,55 euro (il valore convenzionalmente attribuito ad ogni punto d'inflazione per accordo tra le parti), porta alla cifra di 59,58 euro.

- Fim-Fiom-Uilm hanno invece costruito la richiesta di 105 euro su un differenziale di inflazione dell'ultimo biennio pari a 0,9 punti (la differenza di 4 decimali rispetto al calcolo di Federmeccanica è dovuta all'utilizzo di un diverso indice di misurazione dell'inflazione), e ad un'inflazione prevista dai maggiori istituti economici per il prossimo biennio pari a 2 punti nel 2005 e 2 punti nel 2006, oltre a un ulteriore 1,4% dovuto alla inadeguatezza del `'paniere'' di misurazione del costo della vita. Il totale da 6,3 che moltiplicato 16,55 porta alla cifra di 105 euro.

Sono differenze notevoli e che non si registravano da anni nel confronto tra le parti per il rinnovo di un Contratto Nazionale, differenze che aumentano se si aggiunge la cifra di 25 euro richiesti per i lavoratori che non hanno fatto o non faranno la contrattazione aziendale, e che Federmeccanica ha assolutamente escluso possa essere riconosciuta.

Peraltro, sono aperti con Federmeccanica (e Unionmeccanica), altri tavoli di confronto. Uno di questi tavoli è quello sull'apprendistato, con l'obiettivo di arrivare ad una nuova disciplina contrattuale di questo istituto, come previsto dal Decreto legislativo 276/2003, attuativo della legge 30. Gli aspetti da definire sono: la durata dei contratti di apprendistato, l'inquadramento, la retribuzione, la quantità e le modalità della formazione dei lavoratori. Vi è poi quello che deve regolamentare le diverse tipologie contrattuali stabilite dalla legge 30.

Per Fim-Fiom-Uil l'obiettivo rimane quello di fissare una percentuale unica di contratti atipici sul totale della forza lavoro in azienda e convenire su un percorso che preveda il confronto con le Rsu finalizzato a stabilizzare l'occupazione temporanea.

Federmeccanica, anziché replicare nel merito all'impianto illustrato dai sindacati, ha posto sul tavolo una sua piattaforma. Ha sostenuto, in particolare che, se non s'interviene, l'attuale congiuntura può determinare conseguenze strutturali sulla categoria, fino al punto di mettere a rischio la stessa sopravvivenza delle imprese del settore. In buona sostanza, Federmeccanica chiede di riscrivere in maniera strutturale e definitiva l'art. 5 del contratto nazionale di lavoro, relativo all'orario, stravolgendo l'impianto attuale (orario annuo, straordinario volontario, esigibilità diretta delle flessibilità plurisettimanali oltre i casi previsti dal contratto, ecc.).

Fim, Fiom e Uilm si stanno infine muovendo per avviare un confronto che porti ad un'analisi condivisa sull'attuale stato del settore, attraverso riunioni degli Osservatori previsti dal contratto nazionale a partire da quello delle Telecomunicazioni e informatica (Ict), degli Elettrodomestici, delle Moto e motocicli, della Siderurgia, settori particolarmente colpiti dalla crisi, per individuare gli interventi necessari a tutela delle aziende e dell'occupazione.

Settori sempre più colpiti dalla globalizzazione del mercato dove la tendenza è sempre più quella di competere riducendo i diritti sindacali e precarizzando i rapporti di lavoro. Settori che necessitano sempre più di adeguate politiche di coordinamento a livello quantomeno europeo e, in assenza di ciò, adeguate politiche di supporto.

Infine, deve continuare il confronto tra le parti per la riforma del sistema degli inquadramenti professionali, tema che da tempo aspetta risposte e su cui finalmente si è convenuto di intervenire.

Trattativa dunque complicata e che rischia di portare anche il rinnovo del contratto metalmeccanici ad allungare la lista dei contratti che vengono rinnovati quando ormai sono in scadenza (vedi pubblico impiego) e peraltro con scarsi risultati.

Tale possibilità non è affatto da trascurare. Se infatti non si riuscisse ad arrivare al rinnovo prima delle ferie, si finirebbe inevitabilmente nel pieno della campagna elettorale. Il contratto diventerebbe quindi occasione di strumentalizzazione ad altri fini con il rischio di annullare tutto il lavoro fatto per tentare di ricostruire i rapporti unitari e di questo ne gioverebbe soprattutto coloro che da tempo lavorano contro il Contratto Nazionale.

Di tutto ciò è opportuno che le segreterie di Fim-Fiom-Uilm, ma anche i delegati sindacali ne tengano conto.

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La Fim a Congresso

Eletti i nuovi organismi dirigenti

Il 31 marzo e 1 aprile si è svolto il 1° Congresso Territoriale della Fim di Varese. Primo Congresso perché, lo scorso anno anche la Cisl si è costituita in provincia con l'aggregazione dei due Comprensori Varese-Laghi e Ticino-Olona e ciò ha consentito il ritorno alla provincia di tutta la Unione Sindacale (scelta che la Fim fece già nel 1997) e consentire cosi, da quel momento, che tutti gli atti formali si possano espletare a livello provinciale.

Una scelta importante, tanto attesa che consente una razionalizzazione delle risorse impegnate e una più coorente politica di intervento garantendo contestualmente una riduzione delle risorse impegnate e quindi dei costi, risorse umane ed economiche che possono essere usate in altri ambiti.

Un Congresso importante che ha visto la partecipazione di 100 delegati in rappresentanza dei 3.808 iscritti presenti nelle aziende metalmeccaniche, caratterizzato da una notevole presenza di giovani delegati, uomini e donne, provenineti da medie e piccole fabbriche che danno un segno forte di vitalità a conferma che, i giovani vogliono essere protagonisti della loro storia. Di tale presenza ne ha tratto giovamento il dibattito che, dopo tanto tempo è stato caratterizzato proprio da interventi di giovani delegati provenienti da medie e piccole fabbriche (all'interno riportiamo alcuni interventi e riflessioni).

Al termine dei lavori è stato eletto il nuovo Consiglio Direttivo e successivamente, i nuovi consiglieri hanno eletto il segretario generale e la nuova segreteria con la conferma di Loris Andreotti (segretario generale), Mario Ballante e Graziano Resteghini (segretari).

La votazione invece del Comitato Esecutivo è stata rinviata alla successiva riunione del Consiglio Direttivo nel quale saranno definiti anche gli incarichi di segreteria.

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Il documento conclusivo approvato al Congresso Fim di Varese

Il 1° Congresso della FIM-CISL di Varese tenutosi il 31 marzo e 1° aprile a Villa Cagnola di Gazzada fa propria, condivide ed approva la relazione del segretario generale uscente.

Esprime forti preoccupazioni sulle difficoltà determinate dai processi di globalizzazione in atto. Le contraddizioni economiche derivanti dalla internazionalizzazione dei mercati, capaci di mettere in discussione le sovranità nazionali e culturali dei paesi interpellano con forza l'esperienza sindacale e ne mettono in discussione i tradizionali termini di riferimento produttivi, istituzionali e sociali.

Ritiene che si debbano privilegiare le armi della politica e della ragione a quello della forza, soprattutto dopo le recenti azioni militari internazionali coperte da una propaganda che, nascondendosi dietro la necessità di esportare la democrazia, di fatto ha cercato di imporre il proprio modello culturale e sociale.

La democrazia non è esportabile, ma bensì va fatta crescere nella cultura delle popolazioni, garantendo loro pari dignità di vita, di condizione economica, di opportunità.

Finche il 75% dei popoli della Terra continuerà ad essere condannato a vivere potendo contare solo sulla possibilità di consumo del 25% delle risorse disponibili, mentre il restante 25% consuma troppo spesso dissennatamente il 75% delle risorse disponibili, nel mondo non potrà esserci ne pace, ne libertà, ne democrazia, ne sicurezza. Non saranno certo le guerre che riusciranno a risolvere questioni di tale portata.

Occorre far crescere istituzioni democratiche e sindacali internazionali che consentano di dare un governo politico ai processi di globalizzazione, orientandoli ad uno sviluppo economico-sociale equilibrato e rispettoso della dignità

In tal senso ritiene necessario rafforzare il ruolo del sindacato europeo e internazionale per regolamentare in modo più equo e sostenibile un processo di evoluzione che oggi reagisce solamente ad input controllati prevalentemente dai grandi centri del potere finanziario.

L'esperienza prodotta nell'ultimo decennio dall'azione dal Sindacato Confederale Italiano, arricchita da altre esperienze similari sperimentate in altri Paesi del nord Europa, può rappresentare un valido percorso sul quale far convergere l'interesse dei Paesi della Comunità Europea e costruire un'efficace modello di relazioni che porti alla realizzazione di un unico progetto continentale di sviluppo sostenibile dove l'azione moderatrice del Sindacato e i principi meno liberisti dell'economia di mercato possano coesistere.

Lungo questa strada vanno costruiti passaggi intermedi prevedendo il rafforzamento dei Comitati aziendali europei in una prospettiva di allargamento della loro azione anche fuori dai confini europei, ma soprattutto dando loro la strumentazione contrattuale adeguata per evitare che finiscano per essere semplici agenti di trasmissione delle decisioni assunte dalle multinazionali.

Ma alle iniziative internazionali occorre far seguire anche serie politiche di sostegno in Italia. Il sistema industriale soffre di una carenza ormai cronica di strategie di sviluppo. Necessita una nuova politica concertativa che consenta la ripresa del confronto e l'individuazione di adeguate iniziative che portino ad un nuovo patto per lo sviluppo.

Il Congresso della Fim di Varese ribadendo la scelta dell'autonomia come valore portante della propria vita associativa e riconfermando la validità delle attuali norme statutarie, ritiene di denunciare con forza che la politica economica del governo è sbagliata, non offre prospettive adeguate, pesa sulle tasche dei lavoratori e fa mancare un seria politica di sostegno all'industria.

Lo sciopero in programma per il 15 aprile è da considerarsi quindi una prima iniziativa volta a richiedere interventi urgenti e l'avvio di una nuova politica di confronto.

Il Congresso della Fim di Varese ritiene altresì che la contrattazione deve rimanere lo strumento principale e più efficace per mediare tra i bisogni, sempre maggiori e più diversificati dei lavoratori e gli interessi del sistema imprenditoriale. A tal proposito auspica una rapida conclusione della vertenza sul rinnovo salariale per il secondo biennio dell'attuale CCNL e portare a compimento la riforma dell'inquadramento professionale.

Anche sulle tematiche del mercato del lavoro assoggettato a continue forme di flessibilità il ruolo negoziale del Sindacato deve essere centrale nel ricercare nuove forme di tutela per i lavoratori, sia durante le fasi di impiego sia nella ricerca di una nuova collocazione. È in questo senso necessario definire uno Statuto dei Lavori per ridurre gli abusi dell'utilizzo di contratti atipici che troppo spesso sono stipulati in sostituzione di un regolare rapporto di lavoro subordinato.

Bisogna inserire nuovi strumenti di copertura assistenziale che rendano meno traumatiche le attese di impiego, nel contempo agire in modo più incisivo su programmi formativi appropriati tesi a valorizzare una professionalità da spendere non più in favore di un'unica impresa ma all'interno di un mercato del lavoro sempre più selettivo.

In questo senso vanno attivati gli enti bilaterali per consentire giuste risposte dentro un'impostazione partecipativa superando tutte le riserve oggi presenti. Il tutto da svolgersi in modo privilegiato ma non esclusivo, con l'ausilio anche del contratto provinciale per realizzare completamente il secondo livello di contrattazione per i lavoratori delle piccole fabbriche dove non si riesce a fare la contrattazione aziendale e consentire un maggior intervento in tema di orari di lavoro, tutela della salute e benefici normativi.

Per favorire tali processi occorre una politica coordinata con la Cisl. Ciò può avvenire con la ricostituzione del Coordinamento del settore industria allo scopo di meglio interloquire con le controparti locali e far diventare la provincia un vero soggetto attivo sulle politiche locali.

Un maggior coordinamento con la Cisl è necessario anche per garantire più attenzione agli iscritti prevedendo corsie preferenziali ai servizi (CAAF, Inas, Ufficio Vertenze, ecc.). Contestualmente si ritiene necessario iniziare, anche con le altre categorie, una discussione seria sulla qualità dei servizi presenti nel territorio.

Per quanto riguarda l'organizzazione interna, occorre perseverare nelle politiche informative e formative per rendere le RSU sempre più autosufficienti e all'altezza delle nuove sfide, valorizzando le potenzialità e identità presenti nella FIM di Varese, a partire dalle realtà dei giovani e di quella dei lavoratori stranieri associati nell'Anolf.

Approvato con 2 astenuti.

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Il Mercato del Lavoro che cambia

Nel mio lavoro verifico tutti i giorni gli effetti sui lavoratori sia dell'applicazione o meno dei contratti di lavoro che delle leggi, come da ultimo la riforma cosiddetta Biagi che ha modificato radicalmente la legislazione del lavoro.

Le considerazioni che esporrò possono aiutare, se ce ne fosse bisogno, a comprendere meglio le difficoltà che in questi ultimi anni stanno coinvolgendo e sconvolgendo il mondo del lavoro e delle imprese.

La mancanza di liquidità per quanto riguarda la giurisdizione del tribunale di Busto Arsizio, ha visto la richiesta di istanze per procedure concorsuali che ha coinvolto 400 imprese, di queste, come ufficio vertenze ne abbiamo seguito solo una parte, con un incremento però del 46,1% rispetto il 2003 e un più 31,1% di lavoratori coinvolti.

La mancanza di liquidità delle aziende si è tradotta per noi in un incremento di vertenze per recupero crediti dell'8,2% rispetto sempre al 2003, e rappresentano oltre il 70% del totale delle vertenze e questo a conferma di quanto detto prima. Abbiamo recuperato crediti per 797.000 euro.

Le aziende coinvolte, nella stragrande maggioranza dei casi, sia nei fallimenti che nel recupero crediti sono di piccole o medie dimensioni che notoriamente hanno difficoltà di accesso al credito anche perché gli viene praticato un tasso d'interesse più alto rispetto alle grandi aziende. La mancanza del territorio di banche cooperative o di piccolo credito e di un tavolo concertativo tra enti locali, associazioni padronali, sindacali e associazione bancaria non favorisce certo queste imprese.

Il contenzioso è aumentato, tant'è che le pratiche passate agli avvocati nel 2004 sono aumentate passando dal 47,7% del 2003 al 63,5% del 2004. Questo dato è in linea con il dato nazionale. Infatti il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, Favara, nell'inaugurazione l'anno Giudiziario 2005 ha evidenziato che il contenzioso civile è di 12 milioni di cause, di queste ben il 43% è di lavoro e previdenza nel primo grado di giudizio, per passare al 46% nel giudizio d'appello. Inoltre, aggiunge Favara, l'esigenza di una giustizia rapida è resa ancor più urgente dalla crescente "precarizzazione" dei rapporti di lavoro, dovendosi evitare che alla maggiore debolezza sociale che tale fenomeno comporta per il lavoratore si cumuli una ridotta tutela giudiziaria dei suoi diritti.

La domanda però sorge spontanea, come diceva Antonio Lubrano, questa lentezza giudiziaria che reca un danno al lavoratore a chi giova?

Il 24-10-2004 sono venuti a scadere i contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Abbiamo già notato che molte aziende e qualche Ente Locale hanno proposto ai lavoratori , non potendo fare i contratti a progetto perché non c'era un progetto i contratti in associazione e partecipazione, oppure di farsi assumere da imprese cooperative, suggerite ovviamente dalle aziende o dall'Ente Locale, per svolgere le stesse mansioni di prima.

Secondo uno studio del professor Luigi Ferrari, docente di sociologia presso l 'Università Bicocca di Milano, in Lombardia i CO.CO.CO. sono circa 650mila, ma i precari effettivi sono oltre 150mila, di questi oltre la metà ritiene di essere utilizzato come un lavoratore dipendente mascherato, ma accetta di lavorare come collaboratore non avendo alternative e il 30% vive in uno stato di resa senza condizioni! Per il Professor Boeri della Bocconi di Milano i CO.CO.CO. sono divenuti un elemento strutturale dei bilanci delle aziende, perché rappresentano una voce flessibile.

Sempre per quanto riguarda la flessibilità parliamo dei Contratti a Termine. La vecchia Legge 230/62 era molto restrittiva e per ricorrervi l'azienda doveva dimostrarne la necessità, inoltre se il primo contratto era di 3 oppure di 6 mesi, il rinnovo non poteva superare il periodo del primo, pena la nullità del contratto stesso e l'assunzione a tempo indeterminato del lavoratore. La nuova Legge, il Dlgs 368/2001 prevede che il contratto a tempo determinato può essere prorogato fino a 3 anni, il periodo del secondo contratto può essere superiore al primo, inoltre ci sono meno vincoli per le aziende.

Per il Part-Time invece il nuovo Dlgs 276/2003 stabilisce che l'orario di lavoro fino a 40 ore settimanali non è considerato straordinario ma va considerato come prolungamento dell'orario di lavoro, abroga la maggiorazione del 50% che passa all'1%, a fronte della modifica dell'orario di lavoro da parte del datore (turno, fascia ecc.) il termine di preavviso al lavoratore passa da 10 giorni a 2, è abolito il diritto di prelazione, è abolita la motivazione del mancato accoglimento della domanda di part-time. In questo modo alla lavoratrice o lavoratore in part-time viene preclusa la possibilità di un secondo rapporto di lavoro, ma ancor peggio una programmazione dei suoi interessi personali.

A proposito di Cooperative, la Legge 30/2003 ha modificato sostanzialmente la Legge precedente a partire dal fatto che in caso di contenzioso tra socio-lavoratore e cooperativa è competente il giudice ordinario e non più il giudice del lavoro, con costi enormi per il lavoratore in quanto non viene applicato l'art. 41 della Legge 300/1970 con i conseguenti tempi biblici per la chiusura della vertenza.

Fondo di garanzia

La legge delega sulle pensioni approvata il 28/7/2004 art. 1 comma 2 punto 9 elimina il contributo a carico delle aziende Fondo di Garanzia. La legge 311/2004 (Finanziaria 2005) non ha previsto il rifinanziamento di questo istituto; il governo entro il 30 giugno deve emanare un decreto attuativo, ma dubito che trovi i soldi o abbia la volontà di farlo!

Lavoro nero

Anche a Busto e Gallarate si registra un leggero calo di vertenze, forse dovute alle diverse nuove forme contrattuali, forse perché ormai ad ogni angolo di strada c'è un'agenzia di lavoro interinale, (a proposito, non è diminuita la disoccupazione, solo che chi cerca lavoro non si iscrive più da parecchi anni all'ufficio di collocamento ma ad una o più agenzie), però i dati del Inps nazionale sono comunque allarmanti: nei primi 9 mesi dell'anno 2004 l'evasione contributiva è aumentata del 135% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente passando da 398 milioni a 935 milioni di contributi evasi e 51.685 lavoratori completamente sconosciuti agli istituti di previdenza di cui 7.564 lavoratori extracomunitari . Questo ultimo dato è confermato anche nel nostro territorio, infatti per le vertenze aperte per il lavoro nero, l'80% sono lavoratori italiani e il 20% extracomunitari, il 60% è nell'area del commercio e delle colf, il 20% nell'edilizia e il restante 20% nel tessile.

Aldilà dell'enfatizzazione da parte di qualcuno della riforma "Biagi", chi ha avuto modo di leggere "Il libro bianco sul mercato del lavoro" dell'ottobre 2001, si è subito reso conto che il Governo voleva smantellare 30 anni di giuslavorismo cambiando le regole, o per meglio dire, toglierne il più possibile, per rilanciare l'economia del nostro paese. Ciò non è avvenuto e secondo l'economista Maurizio Guandalini, autore insieme a Victor Uckmar del libro "Global Business 2005 Guida ai trend dell'economia mondiale" ciò non avverrà. Egli dice testualmente: "noi non possiamo essere concorrenti di paesi come la Cina e L'India sulle tipologie contrattuali di lavoro, la nostra forza deve essere rappresentata dall'innovazione e dalla ricerca, dalla qualità dei prodotti".

Occorrono progetti seri , la flessibilità nel lavoro non può essere la panacea di tutti i mali, anche perché spesso comporta condizioni di vita non etiche né morali. Ci si lamenta delle debolezze dei consumi ma è chiaro che non si può chiedere a chi guadagna 600 o 800 euro al mese di darsi alla pazza gioia, per non considerare il fatto che tra le nuove tipologie contrattuali, come i lavoratori a progetto, non è menzionato l'orario di lavoro. Inoltre in questi anni c'è stato un uso improprio degli stage che sono diventati strumento per raccogliere manovalanza a costo zero.

Per evitare tutto ciò occorre attirare i capitali stranieri come hanno fatto la Spagna e l'Irlanda con la riduzione dei costi dell'energia, l'eliminazione dei cavilli burocratici, una fiscalizzazione più mirata, incentivare la ricerca, modernizzare la scuola, l'università dura troppo e non prepara al mondo lavorativo e conclude dicendo: " questa dovrebbe essere una politica liberale, non ridurre i lavoratori alla disperazione".

E a proposito di tecnologia e innovazione, da un'indagine dell'informetion ad communication technology del world economic forum, l'Italia sulle nuove tecnologie è passata dal 28° posto al 45° , dietro la Giordania! Tra le cause lo studio evidenzia un'infrastruttura povera, carenza del sistema educativo e ancora una volta scarsa collaborazione tra industria e università.

Angelo Bonifacino Uff. Vertenze Busto Arsizio.

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Ancora gelo sull'industria metalmeccanica

La crisi non demorde e si estende anche nel secondo semestre 2004 colpendo tutte le dimensioni di impresa e i settori: il 12,5% in più di aziende, e ben il 29% in più di addetti complessivi. Sostanzialmente invariato il numero di aziende interessate da interventi di Cassa integrazione ordinaria, crescono invece quelle con Cassa Integrazione straordinaria ben del 30%, mentre aumentano le aziende che fanno ricorso alla mobilità (+52%).

Si conferma in diminuzione la dimensione media delle imprese coinvolte da processi di crisi che passa dai 90 addetti per azienda del 2003, ai 75 del 2004 e indica il progressivo coinvolgimento non solo delle grandi ma anche delle piccole aziende.

I dati sulle situazioni di crisi dell'occupazione nel settore metalmeccanico della Lombardia secondo l'elaborazione dell'Osservatorio Fim regionale dicono che:

1. Dopo il forte rallentamento congiunturale registrato nel 2001 (con l'impennata della Cassa Integrazione ordinaria) e la lieve ripresa del 2002, l'andamento negativo cominciato a settembre 2002 è proseguito per tutto il 2003, ed è fortemente peggiorato nel corso del 2004.

2. La dimensione media delle imprese coinvolte da processi di crisi passa dai 90 addetti per azienda del 2003, ai 75 del 2004, confermando un processo di estensione negativa della crisi anche alle piccole aziende, e ai diversi settori.

3. Si registra una diminuzione della Cassa integrazione ordinaria con un corrispondente e preoccupante aumento della Cassa integrazione straordinaria, con la costante accentuazione dei processi di crisi aziendale , che interessano molte medie aziende.

4. Il ricorso alla mobilità è in prepotente aumento anche in questo semestre, e dopo i 7.300 provvedimenti registrati nel 2003, sconta nei primi sei mesi ben 4.000 lavoratori espulsi dal processo produttivo, che aumentano di altri 6.729 nel secondo semestre, portando il numero dei licenziamenti con mobilità a ben 10.700 nel 2004 (+46% anno su anno).

5. Il ricorso alla Cassa Integrazione ordinaria si mantiene elevato (12.308 i Lavoratori interessati, il 58% dei provvedimenti sospensivi), continua ad interessare la generalità delle dimensioni di impresa, e rappresenta il segnale più significativo non solo di rallentamento congiunturale dell'attività industriale di molte imprese, ma di allarme di difficoltà già divenute strutturali in molte altre situazioni aziendali.

6. Le aziende hanno bloccato ormai da 18 mesi i programmi di investimento, sia quelli che riguardano i processi produttivi, si quelli in innovazione dei prodotti e servizi, o in qualità.

7. II settore industriale risente pesantemente della ristrutturazione che coinvolge le grandi imprese, e dei settori della meccanica, dell'energia, delle macchine elettriche, oltre ai tradizionali dell'auto, delle telecomunicazioni, dell'impiantistica.

8. Il sistema industriale soffre di una carenza oramai cronica di strategie di sviluppo da parte delle imprese.

La Cisl e la Fim hanno operato perché fosse portato a conclusione il confronto con Confindustria e le altre Associazioni delle imprese industriali, sui temi della formazione, degli investimenti, del sostegno alla competitività del nostro sistema industriale, ma il silenzio del governo sul protocollo raggiunto il 19 giugno 2003, si è confermato come scelta precisa di omissione nel varo della legge finanziaria per il 2005. La politica economica del governo del nostro paese continua infatti ad essere carente e non offre prospettive per fronteggiare le esigenze del settore industriale.

Purtroppo, dai primi dati anche il 2005 non sembra dare segni di inversione. La Cisl e la Fim continueranno a battersi perché le scelte economiche rispondano ai bisogni del paese e dell'industria, perché si sia in grado di rafforzare il nostro sistema e impedire la marginalizzazione, facendo fare un salto di qualità alla nostra industria.

Proprio in questi giorni è esplosa la situazione Whirlpool. L'azienda ha dichiarato un esubero di circa 1.000 posti di lavoro determinati dalla difficoltà degli stabilimenti varesini di essere concorrenziali con i prezzi dei prodotti fabbricati dai paesi emergenti. Maggiormente toccato è il settore dei frigoriferi, ma sono interessate anche le cucine. E' sicuramente un dramma per la nostra provincia poichè saranno toccati da tale situazione lavoratori delle piccole e medie industrie che lavorano per la Whirlpool.

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PressofusioneBrebbia

La fine di un incubo

Il 7 aprile, con la consegna delle lettere di licenziamento, si è conclusa la lunga odissea dei 31 lavoratori della Pressofusione Brebbia. Sono quasi 120 giorni che i lavoratori e il sindacato aspettavano la fine di questa lunga e complicata vertenza. Una trattativa complessa fin dal primo minuto, con la proprietà che non ha mai dato garanzie sul pagamento delle spettanze dei dipendenti e del trattamento di fine rapporto. Spettanze che con il passare dei mesi sono aumentate e oggi potrebbero ammontare ad oltre 200.000 euro. Dal 10 dicembre questi lavoratori e le loro famiglie sono stati costretti a vivere con 750 euro, cifra dei due acconti dati dall'azienda tra gennaio e febbraio.

Sono state coinvolti gli enti pubblici e gli organi di stampa, ma una soluzione non è stata trovata. La stessa Regione Lombardia, nell'incontro del 5 aprile scorso, ha dovuto prendere atto che non c'erano le condizioni per determinare un accordo sindacale e quindi si dichiarava terminato il periodo previsto dalla legge per la procedura di mobilità e di licenziamenti collettivi. Adesso finalmente gli ex dipendenti potranno iscriversi alle liste speciali di collocamento, chiedere l'indennità di mobilità all'Inps e cercarsi un posto di lavoro indispensabile alla maggior parte di loro. Rimane un credito da parte dei lavoratori da recuperare attraverso gli uffici vertenze, un credito che è formato da oltre tre mensilità, la tredicesima mensilità dell'anno scorso, i giorni di aprile fino al licenziamento, il preavviso previsto dal contratto, le eventuali ferie e permessi maturati, gli assegni familiari non percepiti in questi mesi, il trattamento di fine rapporto e i contributi obbligatori per la pensione.

Se la proprietà porterà i libri in Tribunale, sarà un curatore fallimentare a vendere i beni ancora presenti e a retribuire gli ex dipendenti, altrimenti dovranno essere gli stessi lavoratori a chiedere il fallimento per riuscire a recuperare i crediti maturati. I sindacati Fim Cisl e Fiom Cgil danno un giudizio negativo anche su come la proprietà ha condotto l'intera vicenda dal momento della decisione di messa in liquidazione ad oggi: "Si poteva, anzi si doveva concludere prima, anticipando i costi del licenziamento che in quel momento erano senz'altro minori dato che si era a fine gennaio, e poi vendere le macchine e recuperare le cifre anticipate. Invece ha deciso di starne fuori e questo non ha permesso nessuna conclusione condivisa per tutelare al meglio i lavoratori, viceversa ha messo in difficoltà per alcuni mesi 31 dipendenti e le loro famiglie".

R.F.

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Indennità di vacanza contrattuale

Passati i primi tre mesi dalla scadenza del contratto nazionale, con il mese di aprile 2005 scatta l'indenità di vacanza contrattuale per le aziende aderenti a Unionmeccanica (Api) e Federmeccanica, pari al 30% dell'inflazione programmata prevista per il 2005 nella misura del 1,6%.

Vedi tabella (Federmeccanica)

Vedi tabella (Api)

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Cosa globalizza la globalizzazione?

La globalizzazione doveva essere lo strumento che avrebbe migliorato il tenore di vita di molti uomini sulla terra, doveva essere il mezzo attraverso il quale si sarebbe diffusa la democrazia e con essa la liberazione da opprimenti tirannie che reprimono anche i più elementari diritti dell’uomo.

Il libero mercato, senza frontiere, avrebbe dovuto alimentare gli effetti economici positivi della libera concorrenza, cioè maggior crescita della produzione, maggior offerta di beni sul mercato di maggior qualità e di minor costo, quindi un maggior potere di acquisto per i cittadini del mondo.

Passata l’ubriacatura delle "grandi teorie", oggi possiamo incominciare a tirare le somme degli effetti reali che si percepiscono.

A casa nostra, in Italia, le cose non vanno poi tanto meglio rispetto al passato. Gli economisti ci confermano che oggi i figli stanno peggio di come stavano i loro genitori! So bene che una analisi esclusiva del caso italiano sarebbe limitativa e non generalizzabile per una valutazione sugli effetti della globalizzazione, ma credo sia molto interessante e stimolante partire dalle esperienze più dirette, più vicine, più sentite.

Non occorre ricordare che l’industria italiana riversa in una crisi che dura da anni, una crisi contro cui si percepisce la sensazione di impotenza dei nostri imprenditori.

E’ vero che da anni non ci sono state politiche di rilancio dell’industria italiana e che le privatizzazioni non sono state fatte con logiche lungimiranti ma con logiche che hanno mirato al maggior introito, scegliendo il maggior offerente senza preoccuparsi di non creare monopoli privati. E’ altrettanto vero che lo spirito d’impresa, quella voglia di creare ricchezza che è lo stimolo di ogni imprenditore, nel nostro paese sembra essersi affievolito e sembra invece essere attratto dalla finanza.

Ma è altrettanto vero e innegabile che l’origine della crisi sta principalmente nell’incapacità, anzi, in alcuni casi nell’impossibilità di reggere la concorrenza "globale".

E’ l’effetto di un inevitabile riequilibrio? E’ la giusta redistribuzione tra paesi ricchi e paesi poveri?

Se così fosse sarebbe giustizia sociale, perchè la nostra perdita di potere di acquisto sarebbe compensata con l’aumento di quello di un altro lavoratore di un paese in crescita.

Purtroppo però le dinamiche finanziarie non vanno in questo modo, sembra invece che le statistiche internazionali dimostrino che negli ultimi anni ci sia stato un aumento del divario tra ricchi e poveri. In particolar modo emergerebbe che c’è stato un aumento delle concentrazioni di capitale in mano a pochi ricchi a discapito di una più diffusa erosione della ricchezza degli altri. Nel 2003 i dati ufficiali sulla disoccupazione del mondo hanno raggiunto la cifra record di 185 milioni di persone.

La grande teoria della globalizzazione funziona male!

Le regole che hanno definito l’apertura dei mercati e della finanza non hanno tenuto in considerazione le politiche sociali pensando che le soluzioni di quest’ultime diretta conseguenza delle politiche economiche. In poche parole, si è proceduto nella folle convinzione che una generalizzata crescita economica avrebbe compensato largamente le esigenze sociali. Una folle teoria chiamata liberismo. La cosa che maggiormente stupisce è che questa formula politica non è nata con la globalizzazione ma è vecchia di tre secoli ed è l’origine della maggioranza delle rivoluzioni sociali della storia moderna. Possibile che i governanti, la governance, non conoscono la storia? Impossibile. Allora il problema è nella gestione del potere, è capire bene chi decide nella governance e quali sono i suoi interessi, occorre capire bene i processi democratici per capire se e come vengono influenzati. Nel Forum economico mondiale tenutosi nel 1996 a Davos, Hans Tietmeier, presidente della Bundesbank tedesca, rivolgendosi a tutti i dirigenti degli stati del mondo riuniti li disse: "Ormai siete sotto il controllo

dei mercati finanziari", e ne seguì uno scroscio di applausi sentiti. Una denuncia pesante che in una battuta riassume tutta la drammaticità della dipendenza della politica dal mercato, cioè una situazione in cui non sono i governi a regolare i mercati ma sono i mercati a condizionare le scelte di governo. Bella democrazia! In pratica succede che i vari governi vivono costantemente sotto la minaccia della fuga di capitale. Se un governo decide di aumentare l’assistenza al cittadino e per fare questo aumenta il prelievi fiscale per trasformarlo in servizi, immediatamente il capitale finanziario si sposta e va a cercare condizioni di accumulo più favorevoli. Se questi capitali incidono poco sui conti pubblici degli stati interessati poco male , ma se pensiamo alle multinazionali che fatturano due o tre volte il Prodotto Interno Lordo di uno stato europeo (non faccio confronti con quello italiano per non apparire fazioso) allora diventa chiaro quanto dia condizionante l’attività di lobby dei protagonisti veri del mercato globale. "Ormai siamo sotto il controllo dei mercati finanziari" e delle multinazionali che oltre a spostare il capitale possono addirittura spostare il lavoro dove c’è maggior convenienza e quindi dove si può sfruttare di più !

Un caso esemplare è quello della Walt Disney (per non citare quelli ormai più famosi della Nike, della Coca Cola, e della Nestlè). La Walt Disney fa fabbricare capi di abbigliamento con l’effige dei suoi personaggi dei cartoni animati, tanto amati dai bambini dei paesi industrializzati e consumisti, nei laboratori del sudore di Haiti dove le condizioni di lavoro e le retribuzioni non sono certo quelle della madre patria americana. Infatti il direttore generale della socetà, Michael Eisner guadagna ogni ora 2783 dollari. Un’operaia haitiana in un’ora guadagna 28 centesimi di dollaro. Per guadagnare come il suo direttore generale dovrebbe lavorare per 17 anni di fila! Nel 2002 il direttore generale investendo la propria ricchezza nel mercato azionario (in gran parte della stessa azienda che dirige) guadagna

anche 181 milioni di dollari, cifra che manterrebbe diciannovemila lavoratori Haitiani per quattordici anni! (dati ricavati da: "La privatizzazione del mondo" di Jean Ziegler, relatore speciale all’ONU per la fame nel mondo).

Ecco cosa globalizza la globalizzazione. Un modello senza regole in cui il pesce grosso mangia il pesce piccolo facendogli credere che così e meglio ed è bene!

Angelo Re

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Precariato e ritmi di lavoro

Volevo portare alla vostra attenzione alcune mie riflessioni e preoccupazioni avute ai nuovi metodi di assunzione dell’attuale mondo del lavoro.

La realtà odierna del lavoro interinale e dei contratti a tempo determinato credo che porti difficoltà e conflitti all’interno delle aziende mettendo sempre più spesso in competizione gli operai alla continuo rincorsa di un posto "sicuro".

Più nel dettaglio ho analizzato che si verifica un vero e proprio sfruttamento da parte delle aziende verso i nuovi assunti interinali a cui viene imposta una maggior produzione rispetto a quella degli altri operai fissi.

La conseguenza è un disagio che investe anche i lavoratori a tempo indeterminato costretti ad aumentare la produzione per portarsi alla pari e non incombere in problematiche aziendali.

Sembra molto chiaro che tutto questo va a vantaggio unicamente delle aziende che incrementano la produzione non rispettando più le leggi che tutelano la sicurezza e che dimenticano che i lavoratori sono persone umane e non somari da traino.

Mi chiedo dove andremo a finire di questo passo e lascio a voi il dubbio...

Lobina Liliana

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L’ Unità Sindacale…."…giustamente con i nostri valori.."

L’unità sindacale è un bello spaccato di storia del movimento sindacale. Faccio un’ po’ di storia. Essendo molto giovane ho ho fatto un’ ampia ricerca sia con persone testimoni della nostra storia, sia con la ricchezza dei libri e naturalmente con il grande sistema dei nostri tempi, internet.

Parto dal fondatore della CISL, da Giulio Pastore nato a Genova da famiglia operaia, si dedicò fin da giovane all’attività sindacale nella CIL (confederazione italiana dei lavoratori), impegnandosi nell’associare i giovani cattolici.Autodidatta e giornalista, con l’avvento del fascismo dovette interrompere la sua attività pubblica. Leader della corrente cristiana della CGIL unitaria, fu, dopo la scissione del 1948, primo Segretario Generale della LCGIL (libera CGIL) nel 1948 e poi fondatore della CISL, in cui fu Segretario Generale dal 1950 fino al 1958. Dimessosi da ogni incarico nell’Organizzazione, fu successivamente parlamentare nelle liste della DC, fu più volte Ministro per il Mezzogiorno, tra il ’58 e il ’68, con una breve interruzione durante il governo Tambroni (da cui si dimise).

Dopo la sua morte , a Roma il 26 febbraio 1971 su iniziativa della sua famiglia e di un gruppo di amici che avevano collaborato con lui nei vari campi del suo impegno nel 1971 fu costituita la fondazione Giulio Pastore.

Un'altra persona alla base delle origini della Cisl fu Luigi Macario, uomo dall’identità irrinunciabile e pioniere fiducioso delle più audaci sperimentazioni unitarie, è stato protagonista della storia sindacale italiana dal dopoguerra alla fine degli anni Settanta. Dopo aver partecipato alla Resistenza in Piemonte, mosse i primi passi della sua esperienza sindacale fra i postelegrafonici torinesi della CGIL unitaria.Con la nascita della CISL, venne a Roma dove, negli anni Cinquanta, fu braccio destro di Giulio Pastore alla guida della confederazione. Negli anni dell’industrializzazione prese le redini della FIM/CISL e questa lunga esperienza lo portò poi al vertice della Confederazione dal 1977 al 1979. Contrattando "anche con il diavolo", come amava dire, Macario portò il movimento sindacale a dialogare alla pari con gli industriali e con i cardinali, con i governi e con l’universo della politica, con gli intellettuali e con i poteri pubblici.

Pastore e Macario fondatori e innovatori del sindacalismo italiano, uomini che hanno fondato il sindacalismo moderno. La CISL nacque dalla scissione sindacale nel 1948 era già un movimento atipico nell’Italia e nell’Europa di allora , autonoma dai partiti a differenza dei sindacati di origine marxista già allora dominanti; e laica come seppe dimostrare in appuntamenti decisivi come il referendum sul divorzio. Elementi di grande conflittualità nel mondo di allora sono elementi di grande attualità oggi.

La CISL, ieri movimento atipico nel panorama sindacale oggi è sempre di più un movimento che sa difendere con i denti le sue caratteristiche originali e i suoi principi fondanti. Ha percorso un cammino prima in solitaria, poi sempre più spesso unitario con CGIL ed UIL, che ha avvicinato l’intero movimento sindacale ad un modello di sindacato moderno, autonomo dai partiti, e aperto ai problemi del mondo esterno.

Questi due fondatori e grandi collaboratori (Pastore e Macario) hanno dovuto resistere a pressioni, lotte di quanti non credevano all’autonomia sindacale.

Macario fu bravo nel cuore di lotte e scontri sindacali negli anni’60 ‘ 70 a spingere prima i metalmeccanici della FIM/CISL e poi l’intera CISL verso l’unità d’azione con altri sindacalisti ed a convincere l’intero mondo sindacale della giustezza di battaglie come la contrattazione aziendale, di cottimi, qualifiche e condizioni di lavoro e come la incompatibilità di cariche politiche e sindacali. Bisogna ricordare che Macario fu tipico di quel mondo cattolico che soprattutto nel nord d’Italia tentò di difendere le sue nascenti strutture di solidarietà sociale dalle grinfie di un fascismo aggressivo e violento. Macario guidò le più importanti battaglie vincenti della CISL e del movimento sindacale per circa un trentennio (’60 ’70 ’80) impose all’intero movimento la visione CISL che il contratto nazionale di categoria, pur importante per generalità dei lavoratori, andava affiancato dalla contrattazione aziendale di qualifiche, cottimi, sicurezza, se si voleva veramente tutelare i lavoratori, e impose all’intero movimento la decisione della incompatibilità tra cariche politiche e sindacali. Macario pur scontrandosi spesso con i comunisti, rifiutò sempre l’anticomunismo pregiudiziale di quanti, destra e padroni, accusavano la CISL di filo comunismo ogni volta che partecipava con determinazione alle lotte unitarie.

Ieri come oggi la storia si ripete , "l’orso bergamasco" come è chiamato dai nostri colleghi sindacalisti è stato oggetto di attacchi simili, quando ha assunto posizioni decise e unitarie su temi vitali come ad esempio la controriforma delle pensioni portata avanti dal governo Berlusconi. O come quando parlando al comizio della manifestazione unitaria del gruppo Fiat è stato trattato con fischi da una parte di imbecilli, grande è stata l’immediata risposta di solidarietà dalle confederazioni.

Se ieri nel movimento sindacale i "cattolici di sinistra non marxisti" suscitavano sospetti e incomprensioni tra i compagni schierati politicamente a sinistra, oggi il rispetto del pluralismo politico della classe lavoratrice e diventato il primo catalizzatore della lotta sindacale e premessa di ogni discorso unitario .

Quale lezione trarre da vite ricche di passioni operaie, elaborazioni nuove e spirito unitario pur nella rivendicazioni gelosa della diversità confessionali, politiche e culturali di ciascuno, come di Pastore, Macario, lo stesso Caprioli e Pezzotta? Oggi I principi fondanti della CISL, aconfessionalità, laicità, contrattualità, autonomia, sono apparentemente patrimonio culturale condiviso dall’intero movimento sindacale, ma nelle scielte il sindacato è ancora diviso, forse perché la condivisione di quel patrimonio è più a parole che nei fatti. Macario a lottato invano ieri come sta lottando il nostro Pezzotta oggi che giustamente difende gelosamente ( troppo secondo alcuni, quando chiedeva ai partiti dell’Ulivo di non intromettersi nella vertenza pensioni) l’autonomia del sindacato dai partiti…..!!!

Personalmente credo che tutti gli sforzi e le lotte per l’autonomia del sindacato dai partiti, ieri come oggi, sono prerequisiti importanti dell’unità d’azione oggi , come speriamo dell’unità organica domani. In un mondo politico bipolare , destra o sinistra , conservatori e progressisti , il successo di uno sviluppo sostenibile che non distrugga la solidarietà degli uomini e la salute dell’ambiente, dipende dal successo di partiti politici progressisti ma anche dalla forza di organizzazioni sindacali che sappiano contrastare il capitale quando questo pretende di governare senza equamente distribuire i frutti della produttività e senza rispetto della natura. Perciò le caratteristiche di autonomia di un sindacato moderno sono importanti e le sue condizioni vanno rispettate, quando piacciono o non piacciono!!!

Di Marco Ronga (mecc. Finnord)

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Giovani al congresso

Di Massimo Chierichetti (rsu Fadis di Solbiate Arno e relatore per il gruppo giovani al congresso)

A nome dei giovani vorrei portare un contributo al dibattiti congressuale congressuale.

Vorrei incominciare ringraziando il Segretario provinciale e il Direttivo uscente per gli sforzi sostenuti verso la formazione e la crescita sindacale dei giovani.

Ci auspichiamo che il nuovo direttivo mantenga e, dove possibile accresca ,l'impegno in tale direzione.

Noi crediamo che di fronte allo scenario del mondo del lavoro, che si sta configurando,il ruolo dell'RSU diventi ogni giorno più impegnativo e di conseguenza le competenze richieste sono sempre di più.

I giovani rappresentanti dovranno anche far fronte anche alla sempre maggior lontananza dei nuovi lavoratori nei confronti del sindacato.

Ciò è dovuto alla delusione provocata da scelte passate, ma anche dalla nuova tipologia di lavori creati dalla legge30 e da quelle precedenti.

Nelle aziende medio-piccole , ma anche in alcune realtà più grosse, l'appoggio dei lavoratori ai propri rappresentanti è sempre meno consistente.

Se a tutto ciò aggiungete la crisi che il mondo del lavoro sta attraversando e le maggiori responsabilità che la legge 30 demanda alle RSU, voi capite quante difficoltà dovranno affrontare tutti coloro che cominciano l'attività sindacale.

Nel nostro piccolo stiamo cercando di venire in contro a questi delegati con proposte per corsi di formazione, con incontri tra i giovani iscritti e non per ultimo con la pubblicazione sul giornalino, nell'inserto dal nome LA SIRENA, di articoli utili ad un accrescimento culturale ed a stimolo alla riflessione su vari temi.

Vorrei proseguire complimentandomi con tutta la FIM per tutti gli sforzi volti a difendere la propria apoliticità poichè è un nostro punto di forza che ci permette di osservare distaccati ogni scelta dei nostri governi e di poter prendere decisioni autonome per appoggiarle o criticarle.

Non meno importante è il tentativo di cercare una nuova unità sindacale visto che, va proprio detto, siamo stati noi che abbiamo fatto più passi per ottenerla ma ricordiamoci che non deve essere un punto vincolante ove non ci siano le condizioni per mantenere inalterati i nostri principi e i nostri valori!

Un altro argomento su cui vorremmo esprimere il nostro parere è il programma d'azione.

Di fronte allo scenario socio- politico internazionale che si sta configurando e alla situazione del mondo del lavoro diventa sempre più importante il ruolo del sindacato al di fuori dei nostri confini, ma rimane di primaria importanza l'azione di sollecitazione presso il governo per l'attuazione di provvedimenti rivolti a tutelare l'economia italiana e i lavoratori.

Vi ringraziamo per la vostra attenzione e chiediamo sempre una maggior attenzione ai bisogni dei giovani e l'impegno nella sensibilizzazione dei giovani lavoratori iscritti verso il gruppo giovani.

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