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Il numero di settembre '02

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Gli articoli
Un autunno difficile
Autonomia del sindacato
Contratto e Democrazia
Siei: mobilitazione straordinaria dei lavoratori
Cagiva: nessuna novità e i lavoratori si mobilitano
Mazzoni: la contrattazione gioca forte
"Il Giornale" e lo scandalo delle doppie pensioni
Progetto Criança 2000: lotta contro il lavoro minorile
Torneo Fim 2002: ancora Delta Cobra
Una telefonata privata può costare il posto di lavoro

 

UN AUTUNNO DIFFICILE

Siamo all'inizio dell'autunno, un autunno che si presenta ancora più complicato di quello del 2001.

Tutti presi nella verifica dei sondaggi sull'inflazione che cresce, con le difficoltà di un'economia sempre più in crisi, le polemiche lasciate dall'accordo di luglio e le conseguenze che ne deriveranno per la stagione dei rinnovi contrattuali che si sta aprendo: primo fra tutti quello dei metalmeccanici.

Arriva la notizia: la Fiom annuncia che farà una propria piattaforma per il rinnovo del contratto ed è probabile a questo punto che anche Fim e Uilm presentino una propria piattaforma. Vuol dire, andare al tavolo con piattaforme diverse e questo renderà più complicato il confronto.

Per la prima volta dopo quarant'anni, i sindacati dei metalmeccanici si presenteranno al rinnovo del contratto con piattaforme separate e così la trattativa rischia di essere ancora più complicata.

Certo, l'esperienza dello scorso anno sul rinnovo del contratto biennale ha lasciato parecchi problemi aperti in tema di democrazia e sulla necessità di stabilire metodi e regole più certe nella gestione delle trattative, soprattutto nella fase conclusiva.

Ma pensare di semplificare le cose nascondendosi dietro il mancato referendum ci sembra miope e sbagliato. Prendendo a modello l'esperienza delle altre categorie del sindacato, consideriamo il referendum uno strumento che ha molti limiti soprattutto in caso di opinioni diverse tra le organizzazioni sindacali per tre motivi:

- nessun altro sindacato (neppure le altre categorie della CGIL) né in Italia né nel mondo lo utilizza;

- la partecipazione al voto, in base all'esperienza dei metalmeccanici è molto bassa (sicuramente inferiore al 50%);

- gli stessi soggetti che si sottopongono al voto gestiscono l'informazione, le votazioni e lo spoglio delle schede e questo francamente dà poche garanzie di democraticità.

La Fim ha fatto delle proposte che potevano consentire di arrivare ad un punto di incontro che teneva conto della partecipazione degli iscritti e dei rapporti di rappresentanza tra le Organizzazioni Sindacali: far votare insieme alla piattaforma, direttamente dai lavoratori, anche una rappresentanza che, in caso di diversità di opinioni nella fase conclusiva della trattativa, diventasse l'organismo preposto a definire il mandato per concludere la trattativa.

Ma ogni discussione diventa a questo punto inutile.

E ciò proprio in un momento in cui l'unità sindacale sarebbe di grande importanza, non solo perché si tratta di rinnovare il Contratto Nazionale in una situazione economica particolarmente difficile, ma anche perché, trattandosi di rinnovo della parte normativa del contratto, sarebbe necessario affrontare temi di grande importanza che attendono soluzioni ormai da lungo tempo quali: il diritto alla contrattazione di secondo livello per tutti, la riforma dell'inquadramento professionale e il diritto alla formazione, una più precisa regolamentazione dei contratti di lavoro atipici, ecc¼ .

Fare un Contratto Nazionale che affronti seriamente tali problematiche significa costruire una piattaforma equilibrata nei contenuti, evitando fughe salarialiste.

Una piattaforma contrattuale che punta tutto sull'aumento salariale (pur importante) finisce per rendere impossibile la soluzione di altre questioni che hanno pur sempre un costo e, una riforma seria degli inquadramenti professionali, almeno secondo le proposte elaborate dalla Fim, determinerà necessariamente un notevole onere.

Ma tutto ciò rischia di essere ormai compromesso dalle scelte della Fiom che, dietro la scusa del referendum, nasconde una voglia di "rivincita impossibile" rischiando di bloccare la contrattazione dei metalmeccanici per anni, consentendo a Federmeccanica di raggiungere un risultato tanto auspicato almeno da una parte di essa: non fare più il Contratto Nazionale.

Noi non disperiamo, ma certo diventa importante che la Fim, tutta la Fim, a partire dagli iscritti nelle aziende sappiano quello che succede e ragionino nel merito.

Per tali motivi, in questo numero di Informazione riportiamo alcuni contributi sui temi dell'autonomia e della democrazia, per consentire a tutti di riflettere e valutare con maggiore attenzione. Con questo numero apriamo anche uno "spazio libero" per tutti gli iscritti Fim che vorranno partecipare con contributi propri.

Cinquant'anni di storia hanno visto la Fim protagonista attiva nei cambiamenti, grazie alla sua capacità di elaborazione propositiva e concreta.

Difendiamo questa autonomia, le "idee libere" rendono protagonisti.

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Sull'autonomia del sindacato

Intervista al prof. avv. Gianfranco Garancini, avvocato di Varese e docente alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Milano

I fatti che hanno portato all'accordo di luglio "Patto per l'Italia" hanno riproposto con forza il tema dell'autonomia sindacale in un contesto politico bipolare che vede la presenza di due schieramenti, (quello di destra e quello di sinistra) con le evidenti tentazioni da parte di tutti di schierarsi con l'uno o con l'altro.

Tale tentazione è forte anche per il sindacato con il rischio che anche le scelte che vengono fatte siano in qualche modo condizionate dalla "scelta partitica".

Molte sono risultate essere nelle decine di assemblee fatte, le critiche di lavoratori che, evidenziavano perplessità nell'aver fatto un accordo con un "Governo che non vuole fare gli interessi dei lavoratori" anziché cercare di delegittimarlo.

Riteniamo importante approfondire tele tema, e abbiamo chiesto il parere di un esperto, il prof. Avv. Gianfranco Garancini.

D. Il patto per il lavoro (o "patto per l'Italia") ha determinato una diversa valutazione tra i sindacati. Risulta difficile comprendere i motivi che hanno portato a dare giudizi diversi che sembrano avere origine, più che dal merito, da una diversa concezione del sindacato".

R. Credo, intanto, che le ragioni di merito – soprattutto tenuto conto del contesto normativo ed economico attuale del Paese - abbiano la loro importanza e giustifichino (come è naturale) diversi giudizi sul contenuto di quel patto. Ma credo altresì che siano importanti, in politica, i profili di metodo: e allora, venuto meno il metodo della concertazione, risulta importante trovare altre strade – fornite anch'esse di una tutela pattizia (o quanto meno di una tutela derivante dall'assunzione pubblica di impegni) – per garantire i diritti e gli interessi dei lavoratori; e questa – a prescindere, ripeto, dai contenuti – poteva essere una strada percorribile con questo governo. Sotto un altro profilo, che investe tutt'intera la concezione del ruolo del sindacato, occorre considerare che il sindacato, se vuole rappresentare i lavoratori e contemporaneamente mantenere la propria autonomia nei confronti dei partiti politici (o delle coalizioni politiche), non può accettare appartenenze – e rappresentanze – che non siano quelle specifiche dei lavoratori, a prescindere dalle loro scelte politiche.

Voglio dire che il rischio, oggi, per il sindacato in un contesto bipolare – e bipolarizzato – è quello di lasciarsi (o farsi) assorbire da uno dei poli, e di lasciarsi travolgere da interessi di schieramento, perdendo di vista gli interessi dei lavoratori per abbracciare posizioni sempre più ideologiche e "di parte" (partitica, s'intende), rompendo un fronte sindacale che trova i suoi fondamenti proprio nella specificità costitutiva, costituzionale, storica del sindacato, che non è parte o corrente di questo o quell'altro partito o di questa o quell'altra coalizione parlamentare ma è, appunto, parte sociale. E quanti hanno, per questo, rotto l'unità sindacale si sono assunti una grave responsabilità.

D. La CISL si è sempre impegnata e sta tuttora impegnandosi per salvaguardare il valore dell'autonomia come scelta strategica per il sindacato: ma quel valore, oggi, risulta di difficile comprensione tra i lavoratori. Ha ancora senso, oggi, parlare di autonomia?

R. Certo che ce l'ha. Intanto – e io credo che la storia, le radici, abbiano un loro significato profondo – l'autonomia è stata la scelta culturale, prima ancora che (ma altresì) politica, che ha dato origine alla CISL, quando la rappresentatività dei lavoratori (di tutti i lavoratori) rischiava di essere compressa e compromessa, subito dopo la guerra, dal ricomporsi dei blocchi di classe, borghese e operaio, con precisi connotati di schieramento partitico (si era nel pieno della nascita della "guerra fredda"). In secondo luogo perché l'autonomia – che vuol dire autonomia dagli schieramenti partitici e dalla dialettica parlamentare maggioranza/opposizione – è condizione necessaria per svolgere il proprio ruolo di protagonista del confronto politico e sociale, senza osservanze e senza subordinazioni: in fondo mi pare troppo comodo cercare – come per altro fanno quasi tutti, anche di parte datoriale – protezione o "casa" sotto l'égida di questo o quell'altro schieramento partitico che, se dà nell'immediato l'impressione (l'illusione?) di contare, in realtà contempla il rischio evidente di perdere o diluire l'identità e la specificità del sindacato. E questo non solo sul piano metodologico e politico (in senso alto e costruttivo), ma altresì su quello più specificamente contrattuale, venendo per forza di cose coinvolti in una logica in cui necessariamente gli interessi specifici dei lavoratori (anche di quelli di ogni singola azienda, si badi) debbono essere bilanciati con quelli più generici e di parte della coalizione cui si "appartiene" (appunto).Per non parlar sempre di casa nostra: l'appiattimento di Confindustria sulle posizioni e sulle promesse governative ha fatto e fa sì che l'organizzazione datoriale (non senza emergenti disagi interni, per altro) abbia precipitosamente abbandonato un metodo, quale quello della concertazione, in cui sarebbe dovuta rimanere protagonista, con il governo a fare da "arbitro" o comunque custode delle regole e dell'interesse generale. Invece così il governo è diventato controparte effettiva, con non poche perplessità in ordine al suo ruolo istituzionale e altresì in ordine alla pratica di una effettiva democrazia sociale partecipativa. E lo stesso andrà detto se CGIL accentuerà ancora la sua "organicità" a un partito o a una coalizione di partiti. I lavoratori dovrebbero capire che è, invece, proprio l'autonomia, lo strumento (e la condizione) per evitare tutto questo. E credo che non dovrebbero faticare a capirlo.

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Contratto e Democrazia

Nei prossimi giorni inizia la discussione sul Contratto Nazionale di lavoro e la Fiom – Cgil ha dichiarato che " andrà da sola". Farà una piattaforma propria e la presenterà direttamente ai lavoratori.

Il tema della democrazia ritorna periodicamente nel dibattito sindacale ed in particolar modo ritorna nei momenti di maggiore difficoltà o, più correttamente, quando le organizzazioni sindacali hanno pareri diversi. Per contro notiamo che quando le stesse trovano sintesi unitarie, il problema della democrazia non esiste o è del tutto marginale.

Eppure il tema della democrazia è fondamentale per il sindacato. La sua applicazione ha permesso il coinvolgimento dei lavoratori e il loro rafforzamento. Quindi vale la pena soffermarci su questo tema e verificare come è possibile migliorarlo.

Si tratta infatti a mio avviso di migliorare gli strumenti con cui viene esercitata la democrazia e non tanto della sua mancanza.

Non a caso i modi di coinvolgimento e di decisione dei lavoratori sono molto diversi nei paesi Europei, ma anche in Italia e tra le diverse categorie sindacali.

La Cisl parte dal concetto di democrazia delegata. I lavoratori votano i propri delegati e a cascata essi votano i propri dirigenti che sono chiamati a rappresentarli. E' lo stesso identico meccanismo del voto parlamentare. Il parlamento, la regione, i comuni, una volta eletti legiferano e non fanno votare i cittadini per ogni legge che viene fatta e questo non scandalizza nessuno. E' l'applicazione della democrazia delegata e nessuno si sogna di dire in tali casi non ci sia.

Il problema vero sta nel fatto che le organizzazioni sindacali sono associazioni e quindi rappresentano i propri iscritti (a cui devono ovviamente rendere conto), ma interessati dal risultato di un contratto nazionale ci sono pure lavoratori non iscritti poiché il contratto vale anche per loro. Per questo occorre una riflessione in più, anche loro devono avere la possibilità di votare e di esprimersi sugli argomenti a cui sono direttamente interessati.

Se ciò è vero è altrettanto vero però che occorre trovare meccanismi che prevedano la loro partecipazione e il loro contributo, per evitare che si creino situazioni di privilegio, a scapito degli iscritti. Non è accettabile che vi sia chi possa votare, decidere, determinare le scelte del sindacato senza sostenere alcun onere o avere alcun obbligo.

Esiste poi il problema del coinvolgimento dei lavoratori in generale; decidere vuol dire anche essere protagonisti ed è sicuramente una cosa importante.

A questo fine dedinire regole diverse da quelle attuali, è possibile, purché siano regole certe, chiare e valevoli per tutti.

Non so quali saranno le regole che alla fine dovranno necessariamente essere trovate ma sicuramente bisogna partire dalle cose fatte fin'ora ed eventualmente correggerle.

In primo luogo quando si fa votare.

A parte le polemiche, a mio avviso strumentali, sul mancato voto dell'accordo di luglio ( patto per l'Italia) o sul CCNL dei metalmeccanici, le confederazioni (CGIL, CISL, UIL) si sono comportate in modo diverso per esempio nell'accordo sulle pensioni del 95, facendo votare tutti, pensionati e disoccupati compresi, mentre nell'accordo del 23 Luglio 93, quello sulla concertazione, o sempre sulle pensioni del 97 con il governo Prodi, non fecero votare nessuno. Perché?

I metalmeccanici, per loro tradizione hanno fatto votare molto di più, però con modalità diverse, alcune volte tramite referendum, altre per alzata di mano e nel 96 (accordo contrattuale sulla parte economica ), non si votarono né le richieste e nemmeno l'accordo conclusivo (votarono solo i lavoratori della Lombardia e anche qui sarebbe interessante capire perchè).

Nelle altre categorie (tessili, chimici, edili ecc.) non è previsto nessun tipo di votazione, né per alzata di mano e men che meno tramite referendum, vige il meccanismo della democrazia delegata, eppure sono lavoratori anch'essi aderenti a Cgil, Cisl e Uil.

Il secondo problema è su cosa e chi vota.

Ho già detto sopra che le confederazioni almeno in due occasioni si sono comportate in modo diverso. Bisognerebbe capire chi vota in caso di accordi su licenziamenti: votano tutti i lavoratori o solo gli eventuali interessati dal licenziato? E in caso di accordi che prevedano assunzioni, votano i già occupati o i disoccupati? E quando c'è da decidere gli scioperi?

Più volte, soprattutto negli ultimi mesi, Fiom e CGIL hanno dichiarato scioperi, giusti o sbagliati che fossero, usando il metodo della democrazia delegata, ovvero senza fare votare nessuno, ritenendo di rappresentare i loro iscritti e forse anche i non iscritti e per loro e in nome loro hanno deciso.

Il meccanismo è identico, non è possibile che in alcuni casi valga la democrazia delegata e in altre la democrazia diretta, a seconda delle convenienze. Se si ritiene che il metodo da usare sia quello della democrazia diretta, occorre che tale metodo sia applicato ogni qualvolta ci sono decisioni da prendere che riguardano tutti i lavoratori.

Ovviamente ogni paese adatta forme di democrazia alla propria esperienza. In Germania, ad esempio, le richieste contrattuali vengono decise dagli scritti al sindacato e non da tutti i lavoratori (consulta), mentre per decidere sugli scioperi votano tutti e lo sciopero viene dichiarato se ottiene più del 75% di consensi. Fatto l'accordo, lo stesso non viene messo in votazione a meno che vi sia una richiesta esplicita, ma in tale caso l'accordo si ritiene approvato se raggiunge il 25% dei consensi (proprio perché in caso di bocciatura si dovrebbe poi procedere alla dichiarazione di scioperi per i quali occorronopiù del 75% di consensi). Anche questo è un modo, una regola che in Germania si sono dati e, per quanto discutibile, non si può dire che manchi democrazia.

Occorre quindi stabilire regole, per quanto questo possa essere difficile e poi rispettarle.

La Fim una proposta l'ha fatta: consultazione di tutti i lavoratori sulla piattaforma contrattuale tramite referendum e contestualmente far votare dalle assembleee, rappresentanti specifici di lavoratori per costituire delle assemblee regionali.

Tali assemblee diventerebbero gli organismi abilitati a decidere in caso di opinione diverse tra le organizzazioni sindacali, nella fase conclusiva del contratto.

Antonio Vassallo

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Mobilitazione straordinaria dei lavoratori Siei

I lavoratori della Siei hanno gridato un "no" deciso per il comportamento irriguardoso che l'azienda gli ha riservato

Sono stati più di cento i lavoratori che venerdì 6 settembre '02 hanno presidiato i cancelli della Siei S.p.A di Gerenzano, Milano e Peschiera Borromeo. Durante le due ore di presidio all'interno dell'azienda non è entrato nessuno, soltanto qualche dirigente che ha potuto sperimentare l'imbarazzo della propria impotenza di fronte alla volontà collettiva dei lavoratori.

Davanti ai cancelli non è stato necessario fare alcuna forzatura, anzi la convinzione dei lavoratori è stata tale che ha portato i primi a presidiare già alle ore 7,30 (l'orario di inizio è alle 8,30).

In questa azienda l'episodio è di rilevanza storica, non solo perché una mobilitazione come questa, non era mai avvenuta, ma anche perché il motivo della mobilitazione ha origine da una situazioni di crisi senza precedenti che prevede una pesante ristrutturazione del personale.

Infatti l'azienda ha aperto una procedura di mobilità per 137 persone su di un organico di 290, adducendo tale soluzione, l'unica sostenibile ed efficace.

I lavoratori con la loro mobilitazione hanno voluto contestare soprattutto un metodo di confronto che nei contenuti e nei tempi si è dimostrato decisamente irrispettoso e subdolo. Insieme all'astuta collaborazione dell'Univa, l'azienda ha aperto la procedura di mobilità il giorno 2 agosto, ben consapevole che la normativa inerente l'attivazione della procedura di mobilità (Legge 223/91) prevede un tempo massimo di 45 giorni entro cui chiudere la fase in cui le parti tentano una mediazione tra gli interessi aziendali da una parte, e quelle dei lavoratori dall'altra.

E evidente che aprendo la procedura il 2 agosto, il tempo disponibile alla trattativa è stato fortemente compromesso dal periodo feriale, non permettendo un serio confronto di merito e quindi determinando grosse difficoltà per la tutela dei lavoratori che verrebbero espulsi ma anche di quelli che rimarrebbero e che ovviamente chiedono garanzie per il futuro.

Si sapeva che l'azienda è oggettivamente interessata da un problema finanziario di grosse proporzioni, che in cifre si traduce nella chiusura di bilancio 2001 con una perdita di 10 milioni di euro, ma proprio per questo è inaccettabile che non si faccia una verifica più che approfondita intorno alle cause che hanno determinato tali risultati o che non si discuta di un piano aziendale per il futuro e che non si discuta di tutti gli strumenti che si possono utilizzare per ridurre l'impatto sociale per i lavoratori in esubero.

L'origine della crisi risale al 1996, data in cui l'azienda ha dovuto subire un duro colpo commerciale. L'azienda tedesca K.M. ha decise di non far più rivendere il proprio prodotto alla Siei causando a quest'ultima una perdita di fatturato pari a 70 miliardi di vecchie lire su 160. Di conseguenza, la Siei ha cercato di concentrare le proprie risorse nello sviluppo dell'attività industriale (produzione di inverter elettronici), divenuta ormai più redditizia dell'attività commerciale (rivendita per conto terzi). Ciò nonostante, da quel momento i risultati dell'azienda hanno registrato un trend sempre più in discesa e dal1999 sempre più negativi.

Da una prima analisi sembra che la criticità della situazione sia imputabile al forte squilibrio fra lavoratori diretti e indiretti, cioè una struttura organizzata ancora per una attività commerciale che non ha più valore aggiunto e che quindi risulta essere costosa, oltre a problemi derivanti da una cattiva amministrazione le cui responsabilità gravano pesantemente sul gruppo dirigente.

Da una analisi del bilancio abbiamo scoperto che ad aumentare le uscite hanno concorso, non in misura inrilevante, l'accumolo in magazzino di enormi quantità di materiale che, viste le attuali dinamiche del mercato dell'elettronica, è diventato in brevissimo tempo vecchio ed obsoleto. Inoltre, sempre dall'analisi del bilancio, è emerso che l'azienda ha un'alta esposizione bancaria (indebitamento) e che questa è causata da un mancato recupero crediti.

Dopo il presidio dei lavoratori l'azienda ha accettato la richiesta sindacale di predisporre un piano di rilancio aziendale più dettagliato su cui aprire il confronto. Si è inoltre resa disponibile a discutere della dimensione dell'esubero e dei criteri da adottare per accompagnare all'esodo i lavoratori.

Angelo Re Fim-Saronno

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Cagiva, nessuna novit༠. e i lavoratori si mobilitano

Saltato l'accordo con Piaggio le speranze di salvare l'azienda sono ridotte al lumicino

Ad un mese e mezzo dalla fine della cassa integrazione ordinaria è scaduto l'ultimatum dato dai lavoratori alla proprietà ma di novità vere e credibili ancora non se ne vedono.

Alla crisi della MV Agusta (ex Cagiva), non si vedono ancora soluzioni certe e definitive.

Dopo la notizia, giunta durante il periodo feriale che l'accordo con la Piaggio era saltato, tutto si è fatto drammaticamente difficile e complicato.

Nell'incontro tenutosi lunedì 23 settembre, la proprietà ha comunicato alle Rappresentanze Sindacali che sono in via di conclusione (dandole ormai per certe) le trattative con Banca Intesa che, con due fondi di investimento, si farebbe carico del rilancio dell'azienda.

Ma sui tempi di conclusione della trattativa rimangono molti dubbi e le possibilità concesse dalla Cassa Integrazione Guadagni stanno per esaurirsi.

È dal dicembre scorso che mediamente 250 dipendenti sono in cassa integrazione. E di stipendi interi non se ne vedono ormai da mesi. Adesso, tra persone in CIGO e persone comandate in ferie, ci sono circa trecento persone a casa su un totale di 450 dipendenti (100 in meno rispetto all'anno scorso).

Per tali motivi, nell'assemblea tenuta il 23 settembre si è presa la decisione di dare inizio a momenti di protesta partendo con un presidio ai cancelli nella mattinata di martedì e di programmare altre iniziative ai fini di costringere la proprietà a stringere i tempi, ma anche a sensibilizzare le autorità politiche locali oltre a l'Unione degli Industriali che ormai da mesi è completamente latitante.

Altri momenti di protesta sono già in programma con iniziative sempre più forti ed incalzanti ma ormai pare proprio che solo un miracolo possa riuscire a salvare l'azienda.  

Andreotti Loris 

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Fermenti di contrattazione

Alla Mazzoni la contrattazione gioca forte

Alla MAZZONI L.B., media azienda del bustocco con un glorioso passato, la contrattazione tra RSU e azienda non ha soluzioni di continuità, dopo la firma dell'accordo sul premio di risultato a fine anno 2000.

L'accordo, ha infatti pagato 3.200.000 di vecchie lire al 5° livello nel 2000, e 3.100.000 nel 2001, situandosi certamente nella fascia dei migliori risultati in provincia. Da quel momento la contrattazione ha ricevuto un nuovo impulso affrontando altre tematiche aziendali:

-Mensa, argomento rimasto in sospeso dal trasferimento dall'azienda avvenuto durante il 1999 ha trovato finalmente una soluzione. E' stata ripristinata superando gli ostacoli di tipo logistico salvaguardando così questo importante servizio per i lavoratori.

- Calendario annuo è stato fissato prevedendo anche l'utilizzo dei P.A.R. (le ex ROL) a ore singole e l'integrazione delle festività fino al pagamento di 8 ore ciascuna (invece di 6,66).

Nel febbraio di quest'anno è stata rinnovata la RSU che ha visto l'ingresso di una rappresentante degli impiegati.

Dopo una fase di confronto con l'azienda e di assemblee con i lavoratori è stato siglato un nuovo accordo che prevede:

- Flessibilità dell'orario. Accanto alla mezz'ora di flessibilità in entrata, è possibile scegliere una pausa mensa di 45, 60 o 75 minuti.

- Un pacchetto di 40 ore annue retribuite aggiuntive, da usufruirsi in caso di malattia dei propri figli.

La FIM esprime un giudizio nettamente positivo dell'attività finora svolta dalla RSU, in particolare per l'attenzione dedicata anche a problematiche non tradizionali.

E' un tentativo riuscito di riconoscere le esigenze diversificate dei lavoratori, che però trovano una sintesi all'interno delle rivendicazioni portate aventi unitariamente dalla RSU.

A questo punto si pone inevitabilmente una domanda per il futuro: quale sarà la nuova frontiera della contrattazione.

Il problema dei riconoscimenti professionali sta scoppiando in molte aziende in quanto la politica aziendale unilaterale dei superminimi non regge più. Che anche la MAZZONI sia una di queste?

La FIM CISL ha strumenti ed esperienza per affrontare questa tematica in termini contrattuali adottando indicatori di valutazione trasparenti e concordati; cosa ne pensano i lavoratori ?

Ballante Mario

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"Il Giornale" e lo scandalo delle doppie pensioni

Quando per riempire le pagine si ricorre alla menzogna

A tutti è sicuramente nota la polemica aperta dal quotidiano "il Giornale" sullo "scandalo" delle doppie pensioni che si è permesso anche di pubblicare le liste con i nomi di sindacalisti che si sarebbero costruiti il privilegio di avere una doppia pensione.

Un'amara iniziativa, fatta di menzogne ridicole e gravi, avente l'unico obiettivo per un quotidiano di scarso peso e di poca lettura, di riempire per molti giorni le sue pagine.

Facciamo chiarezza, visto che spesso a tali menzogne c'è chi finisce per crederci.

L'art.31 della Legge 20/5/70 n. 300 (Statuto dei lavoratori), recita:

"I lavoratori¼ ..chiamati a funzioni pubbliche elettive, possono, a richiesta, essere collocati in aspettativa non retribuita per tutta la durata del loro mandato. La medesima disposizione si applica ai lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali.

I periodi di aspettativa di cui ai precedenti commi, sono considerati utili, a richiesta dell'interessato, ai fini del riconoscimento del diritto e della determinazione della misura della pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria (INPS n.d.r.).."

Una norma, quindi, che tutela parlamentari, amministratori pubblici, responsabili politici e sindacalisti.

 Ma la copertura previdenziale per questi lavoratori è ancorata al trattamento economico fruito al momento dell'attivazione dell'aspettativa sindacale ( a quando cioè lavorava ancora in azienda), senza alcuna possibilità di rivalutazione (per passaggi di categoria, sviluppo di carriera, premi di produzione, aumenti contrattuali, ecc.), indipendentemente dagli emolumenti effettivamente percepiti presso l'Ente o l'Associazione ove esplica le funzioni per le quali è stato eletto.

Una condizione che ha determinato, per tantissimi, una pensione largamente inferiore sia a quella percepita dal lavoratore di pari qualifica rimasto in azienda, che a quella del sindacalista dipendente del sindacato. Per evitare questa ingiustizia e commisurare la pensione ai reali trattamenti percepiti, il Decreto Legislativo 564/96 ha introdotto una nuova e particolare forma di contribuzione, cosiddetta "aggiuntiva", per i lavoratori in aspettativa non retribuita.

Tale decreto prevede la possibilità per coloro che sono in aspettativa non retribuita, di fare dei versamenti volontari (normalmente a carico dell'organizzazione sindacale o politica o istituzionale presso cui lavora) per compensare la differenza con la retribuzione figurativa accreditata (cioè quella maturata nell'azienda in cui lavorava).

In tal modo, il lavoratore, potrà fruire di un unico trattamento pensionistico, effettivamente commisurato al trattamento economico percepito durante la vita lavorativa.

Non si tratta assolutamente quindi di una doppia pensione, ma di un unico trattamento composto da una contribuzione mista, esattamente come unico è il trattamento pensionistico di tutti quei lavoratori (milioni), che possono far valere contributi da lavoro autonomo e da lavoro dipendente.

Nessuno scandalo quindi, anzi, con tale norma, si aumentano le entrate dell'INPS e si regolarizza e si fa giustizia di situazioni palesemente inique verso quanti hanno accettato di impegnarsi nel sociale, facendo versare contributi su emolumenti fino a prima sgravati di tale onere.

L'anomalia era prima ma "il Giornale" si guardava bene dal denunciarla, forse perché tifa per quel pezzo di Paese che evade le tasse e usa lavoro sommerso?

Le polemiche de "il Giornale" prima sui bilanci, poi sul patrimonio immobiliare, sui proventi finanziari pubblici fruiti tramite i CAAF e i Patronati, sulle modalità di tesseramento ed ora sulle "doppie pensioni" dei sindacalisti sono pretestuose e incivili e hanno come fine vero l'attacco al sindacato, e allo Statuto dei Lavoratori.

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Progetto Criança 2000: sradicando le cause del lavoro minorile a Belém del Pará

Facciamo il punto dei lavoro

Come tutti ricorderanno, nel 1999 la Fim raccolse la proposta dei metalmeccanici della Cut, la Cnm (Confederazione nazionale dei metalmeccanici), di realizzare un progetto congiunto, coerente con l'impegno richiesto dalla Federazione internazionale dei sindacati metalmeccanici (Fism) e dalla Cisl internazionale, di contribuire in modo tangibile e su scala globale alla lotta contro il lavoro minorile.

Dopo una fase di studio di questo fenomeno, in Brasile, nel mese di novembre del 1999 si decise di organizzare la prima iniziativa concreta nella regione metropolitana di Belém, nello Stato del Pará, il Nord povero del Brasile, dove la realtà del lavoro minorile era particolarmente diffusa. Un'indagine condotta sulle forze di lavoro nella città infatti accertò la presenza di almeno 9.000 bambini da 5 a 14 anni che lavoravano.

Venne avviato così il "Progetto Criança 2000: sradicando le cause del lavoro minorile", che aveva l'obiettivo di contribuire allo sradicamento del lavoro minorile, con un programma articolato volto a migliorare le condizioni di vita attraverso azioni educative e formative, rivolte ai genitori (con un'attenzione specifica al ruolo delle donne), offrendo loro nuove opportunità di accesso al mercato del lavoro e di miglioramento del reddito.

L'obiettivo era di aumentare le chances dei beneficiari a svolgere o un lavoro qualificato, regolare e meglio retribuito, o un lavoro autonomo mediante la creazione di micro-imprese individuali o in forma cooperativa (il programma completo è reperibile sul numero di settembre 1991 di Informazione Fim che si può trovare in www.fim.varese.

Tale progetto prevedeva per la Fim, l'impegno di reperire almeno 200 milioni di lire (a Varese se ne raccolsero 7.563.000) che, insieme ad altri fondi messi a disposizione dall'Iscos, dalla Cnm-Cut e al contributo che sarebbe stato chiesto alla Comunità Europea, sarebbero serviti a sostenere tutto il programma di intervento.

Qual è lo stato dei lavori?

Dopo il mancato finanziamento da parte della CE dal progetto originario, in questi mesi è stato ridefinito l'intervento con il partner brasiliano (il sindacato dei metalmeccanici della Cut), contando solo sulle risorse raccolte dalle strutture Fim-Cisl (i 90.986 Euro risultato dell'azione di solidarietà dei metalmeccanici italiani), un apporto Iscos di altri 10 mila Euro, gli apporti della Cnm-Cut e dell'Amministrazione Comunale di Belém.

Quest'ultima, oltre a contribuire con la messa a disposizione di locali e mezzi, nell'ambito del "Projeto Bolsa Escola", garantirà alle famiglie con bambini che lavorano un assegno mensile, pari a 200,00 reais (60 $) a condizione che i loro figli smettano di lavorare e vadano a scuola. I bambini coinvolti nel progetto sono 780.

Inoltre il Comune di Belém garantirà attraverso il "Fundo Municipal de Solidariedade para Geração de Emprego e Renda", popolarmente conosciuto come il "Banco do Povo", l'accesso a forme di micro-credito per favorire quelle iniziative di micro-imprenditorialità (in forma cooperativa o come lavoro autonomo) che saranno sviluppate dal nostro progetto, dopo un processo di formazione e apprendimento professionale rivolto ai famigliari adulti dei bambini che lavorano.

Tutto ciò consentirà di non snaturare il profilo e gli obiettivi del progetto originario presentato alla CE. Ovviamente, l'impatto del progetto (numero di famiglie coinvolte) sarà ridotto sulla base delle minori risorse disponibili (ricordo che l'ammontare del cofinanziamento richiesto alla CE era pari a 565 mila e 480 Euro) e la durata sarà di 2 anni, anziché di tre.

In questi giorni, dal conto corrente appositamente aperto dall'Iscos per il progetto Criança 2000, presso la Banca Etica (nel quale erano stati depositati tutti i soldi raccolti dalla Fim), si sono trasferiti i primi 10 mila dollari al partner brasiliano Cnm-Cut (sempre su un conto corrente specifico per il progetto), per l'avvio da subito del progetto. L'ammontare dell'invio coprirà l'attività per i primi mesi dell'intervento:

-corsi di formazione per l'equipe che gestirà il progetto in loco, composta da 12 persone;

-lancio e pubblicizzazione del progetto;

-sensibilizzazione dei destinatari del progetto (300 persone, genitori dei 780 bambini che lavoravano e che, grazie alla "bolsa escola" hanno ripreso a studiare);

-avvio, per i primi 3 gruppi di 25 persone ciascuno, delle attività di formazione, articolate in tre fasi.

La prima sulle tecniche di economia solidale e sulla creazione di lavoro e reddito attraverso l'associazionismo e la cooperazione; la seconda sull'individuazione di alternative sostenibili per la creazione di lavoro e reddito; la terza sulla implementazione e gestione delle alternative di lavoro e reddito individuate per i partecipanti, con il supporto sia del work-shop (incubatrice di cooperative e iniziative imprenditoriali solidali) dell'UFPA (Università del Parà), sia delle forme di microcredito garantite dal "Banco do Povo" promosso dal Comune di Belém.

La Cnm-Cut si è impegnata a fornire periodicamente lo stato di avanzamento delle attività e la rendicontazione delle spese effettuate, secondo le modalità indicate da Iscos sulla base di quanto richiesto per i progetti europei.

L'Iscos è, invece, impegnata, a ripresentare la richiesta di cofinanziamento alla CE appena sarà disponibile il nuovo bando per i progetti presentabili dalle ONG. Nel caso il progetto fosse approvato e finanziato, come tutti auspichiamo, non dovremmo ricominciare tutto da capo, ma proseguire il lavoro che nel frattempo sarà fatto, estendendolo ad un numero di beneficiari notevolmente maggiore.

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Torneo Fim 2002: ancora Delta Cobra

Si è tenuto il Torneo di Calcio organizzato da Margherita Associazione Culturale e dalla Fim-Cisl. Anche quest'anno ci sono motivi di soddisfazione ma anche di riflessione.

In particolare, andrebbe valutato con maggiore attenzione se ha ancora senso riproporre un torneo nato con lo scopo di far giocare chi normalmente non gioca, e che invece finisce per vedere la partecipazione di persone che di calcio "ne masticano" per tutto l'anno.

Forse andrebbe ripensata completamente la formula e le regole di partecipazione. Ma come al solito, si parte con lo spirito del divertimento e si finisce comunque con il voler vincere e tutti mettono in campo le risorse migliori.

Anche quest'anno dopo la fase eliminatoria, le quattro squadre meglio classificate, Delta Cobra, Whirlpool, s.s. Monica (grande rivelazione) e MWCR (ex Omega Bilance) si sono incontrate per decidere le finaliste per il primo e secondo posto.

La finale tra la Delta Cobra e la MWCR è stata avvincente, giocata sotto un diluvio d'acqua, il primo tempo si concludeva con il risultato di 2 a 0 per la MWCR.

Sembrava cosa fatta, ma a 15 minuti dalla fine accadeva l'incredibile: la Delta prima raggiungeva il pareggio e poi riusciva, allo scadere del tempo, a segnare il terzo goal della vittoria.

La Delta Cobr a si è aggiudicata così per il quarto anno consecutivo il "Trofeo Fim" e la possibilità di partecipare nella prossima stagione alle finali regionali (chissà che sia la volta buona).

Il premio al miglio giocatore è andato poi a Bugelli Luca e quello di miglior portiere a Sogliani Paolo (protagonista di strepitose parate nella gara di semifinale), ambedue giocatori della Delta Cobra.

Andreotti

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Impiegato condannato in Cassazione

Una telefonata privata può costare il posto di lavoro

Una telefonata al giorno può costare una condanna per peculato. Almeno secondo una sentenza della cassazione (n. 30751) che, ribaltando quella assolutoria del Gup di Campobasso, ha condannato un centralinista del Provveditorato alle opere pubbliche del Molise, per aver usato, il telefono dell'ufficio per telefonate private. Sessantaquattro, per l'esattezza, dal 31 marzo al 3 giugno 1998. Una al giorno, dunque.

L'uomo, a cui la cassazione ha negato il reato di "peculato d'uso", quello cioè che prevede la pena più lieve (da sei mesi a tre anni di reclusione), rischia ora una condanna per peculato, che prevede una detenzione che va dai tre ai dieci anni, senza contare il licenziamento. Per la suprema Corte si è infatti verificato una "vera e definitiva appropriazione degli impulsi elettronici, attraverso i quali si trasmette la voce".

Il telefonista, secondo la Cassazione ha utilizzato "energie occorrenti per le conversazioni telefoniche, in disponibilità della pubblica amministrazione, che non sono immediatamente restituibili dopo l'uso". Peculato, insomma. E come non bastasse, la sentenza della Cassazione sancisce che " i dipendenti delle pubbliche amministrazioni possono fare chiamate personali solo in casi eccezionali, dei quali va informato il dirigente dell'ufficio. Viene da chiedersi: quante volte il giudice della Suprema Corte avrà utilizzato il telefono dell'Ufficio per chiamare i propri familiari?

Tratto da Conquiste del Lavoro del 19/9/2002

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