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Il numero di febbraio '02

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La Cisl riconferma: l'articolo 18 non si tocca!

Ma su riforma del collocamento, degli armortizzatori sociali, della disoccupazione, ecc¼ , bisogna trattare per non consentire al Governo Berlusconi di fare ciò che vuole.

All'assemblea della Cisl delle regioni del Nord Pezzotta ha detto:"la storia della Cisl non è separata dagli altri sindacati", non esiste la situazione in cui, un sindacato va male, e gli altri vanno bene. Ed ha aggiunto: "per questo motivo vi invito a non parlare male degli altri per difendere le nostre posizioni, ma a spiegare le nostre ragioni ai nostri iscritti". Compito difficile ma ci provo.

In questi giorni abbiamo assistito al modificarsi della situazione sindacale in modo incredibile.

E' ancora sotto gli occhi di tutti la grande manifestazione svoltasi a Varese con quattro ore di sciopero, tra l'altro ben riuscito. Tutti in piazza, dagli operai ai giornalisti, commentavano positivamente e cercavano di ricordare, andando indietro nel passato, scioperi con una così alta percentuale di partecipanti e manifestazioni così imponenti. C'erano tutti: giovani, meno giovani, donne e bandiere della Cisl, della Cgil e della Uil. E' stato uno sciopero riuscito, uno sciopero unitario. E' stato uno sciopero per difendere i diritti dei lavoratori contro la possibilità di essere licenziati ingiustamente (articolo 18) e a difesa del meccanismo solidaristico di pensione (no alla decontribuzione del salario). Tutte e tre le organizzazioni sindacali hanno mantenuto nei giorni successivi quelle posizioni, ma ciò non ha impedito alla Cgil, in occasione del suo congresso di Rimini, di rompere senza motivi di merito questa ritrovata unità, prima reclamando uno sciopero generale in tempi brevi e poi lasciando intendere che gli altri sindacati avessero cambiato idea sulla difesa dei diritti dei lavoratori.

La Cisl non ha cambiato idea. Resta convinta che l'articolo 18 non vada cancellato, né modificato e che, se il il governo lo dovesse concretamente fare, proprio lo sciopero generale ne sarebbe l'immediata conseguenza.

Qualcuno si chiede perché allora non lo si decide già oggi. Non farlo infatti può alimentare il sospetto che in realtà la Cisl voglia solo prendere tempo, per non farlo né oggi né mai.

In realtà la posizione della Cisl è coerente sin dall'inizio.

A partire dal primo sciopero di due ore contro la politica del governo, nello scorso mese di novembre, il motivo della rottura fu l'arroganza con cui l'esecutivo, pur parlando di dialogo sociale, scrisse le deleghe da chiedere al parlamento senza nessun confronto effettivo con il sindacato. Maroni e Berlusconi allora parlarono di fine della concertazione, intendendo in realtà la fine di ogni condizionamento sindacale delle posizioni del governo. Ci ripeterono fino alla noia che , sindacato sì o sindacato no, il governo sarebbe andato avanti per la sua strada. E la Cisl, con Cgil e Uil, dichiarò le prime due ore di sciopero. Successivamente il Governo "arricchì" le deleghe con i tre punti famosi: decontribuzione del salario con riduzione dei contributi pensionistici, modifica dell'articolo 18, arbitrato in deroga alla legge ed al contratto. Erano punti nuovi, mai presentati al tavolo di discussione con il sindacato, già peraltro insufficiente anche su tutti gli altri punti.

In quel momento fu manifesto che il governo, dopo averlo dichiarato, decidesse effettivamente di fare a meno del confronto con il sindacato su tutti i sedici punti che riguardavano le deleghe del mercato del lavoro e delle pensioni e anche sulle altre questioni di contenzioso, tra cui le politiche per il mezzogiorno, la riforma del collocamento, degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione, mobilità), la formazione professionale ed il contratto per il pubblico impiego.

In effetti allora Berlusconi sostenne anche che, di fronte ad un diverso accordo tra sindacati e Confindustria, il governo avrebbe riconsiderato le sue posizioni, ma aggiunse che in ogni caso l'iter delle deleghe in parlamento non si sarebbe fermato. Maroni ribadì che la materia era stata affidata al parlamento e che quindi, anche se il governo lo avesse voluto, non avrebbe più potuto modificare le cose, che ormai erano esclusiva del dibattito parlamentare.

Di fronte a questi diktat la posizione della Cisl, insieme ancora a quella della Cgil e della Uil, fu di proclamare lo sciopero generale articolato di 4 ore, nella convinzione che un'alta partecipazione dei lavoratori alla lotta, come poi fu, avrebbe costretto l'esecutivo a tornare sulle proprie posizioni.

Così è stato. Il governo si è sentito costretto a riaprire il tavolo sulla questione più urgente e concreta, quella del contratto nel pubblico impiego, dove gli accordi delle catogorie interessate erano ormai scaduti ed in attesa di rinnovo. Poi si è sentito costretto a formulare una nuova proposta di metodo sui punti più controversi, quelli relativi alle pensioni ed al mercato del lavoro. Si è dichiarato disponibile a recepire un accordo tra le parti su tutti i punti delle deleghe in questione, anche se fosse stato sostanzialmente diverso dalle proposte del governo; ha dichiarato inoltre che il governo avrebbe tenuto conto delle posizioni espresse in trattativa da tutte e due le parti anche sugli eventuali punti in cui l'accordo non si fosse trovato; ha dichiarato infine, e qui sta la cosa più importante, che i lavori parlamentari sarebbero stati sospesi per due mesi ed anche oltre, se le parti lo avessero richiesto, sull'articolo 18. E' chiaro anche ad un bambino che queste posizioni non sono più quelle del mese di dicembre scorso. Non c'è stato lo stralcio dell'articolo 18 dalle deleghe, come chiedeva allora il sindacato, ma c'è stato il suo temporaneo congelamento, per favorire una seria trattativa su tutti i punti, come era nelle richieste del sindacato.

A fronte della possibilità di una trattativa seria, conquistata dalle lotte precedenti, che senso ha dichiarare lo sciopero generale prima ancora di iniziare a trattare? Il sindacato ed i lavoratori sono stati capaci di conquistarsi le cosiddette "bocce ferme" dei lavori parlamentari: durante la trattativa cioè il parlamento non procederà nell'esame delle deleghe e quindi il governo non potrà mettere sotto ricatto la trattativa, come invece si era profilato in dicembre. L'accordo del pubblico impiego ha inoltre dimostrato che l'intreccio di mobilitazione e negoziato ha portato risultati sindacali, ha reso evidente che anche con questo governo un sindacato unito e determinato può vincere: perché non continuare su questa strada, come propone la Cisl? Perché non accettare di continuare la trattativa, sostenendola con altre iniziative di lotta articolate, come si è fatto tra gennaio e febbraio? Se poi la trattativa dovesse dimostrarsi inconcludente, se la Confindustria dovesse nei fatti respingere l'insieme delle posizioni del sindacato e se il governo riprendesse a farle da sponda, sarebbe evidente, non solo agli occhi dei lavoratori, ma anche a quelli di tutta l'opinione pubblica, che al sindacato non resta altra scelta che lo sciopero generale. Lo sciopero si presenterebbe in questo contesto solo come una forte iniziativa sul piano sindacale e non come atto pregiudiziale contro questo governo. Ciò aumenterebbe l'autorevolezza della posizione del sindacato davanti all'opinione pubblica e quindi gli consentirebbe il massimo condizionamento delle forze politiche che sostengono il governo, che è poi lo scopo degli scioperi generali dentro un quadro democratico. E tutto questo avverrebbe insieme alla ripresa del dibattito parlamentare e quindi in oggettiva convergenza con la battaglia dell'opposizione politica.

Questa è l'analisi della Cisl. Appare veramente incomprensibile come non possa essere condivisa. O forse i motivi che hanno portato la Cgil ad imboccare nel suo congresso un'altra strada vanno cercati altrove.

Ma, come ho detto, mi voglio attenere alle indicazioni di Pezzotta e, se sarò tirato per i capelli, affronterò l'argomento solo in una prossima occasione.

Vassallo

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Il sindacato e la politica

Prosegue all'interno del sindacato confederale il momento complicato dei rapporti unitari e questo non può certamente lasciare indifferenti i lavoratori.

Un sindacato diviso è un sindacato che è senz'altro debole nel confronto con il governo e con il padronato: questo penso sia condiviso da tutti, ma in particolare dovrebbe preoccupare quanti operano all'interno della vita sindacale.

L'unità del sindacato e dei lavoratori non è solamente auspicabile in questo momento, ma può diventare lo strumento per vincere la partita.

Una unità solo di facciata può avere però un risultato altrettanto dannoso per i lavoratori e per il sindacato stesso: questo rischio lo si corre tutte le volte che si decidono le cose insieme, ma poi ognuno continua a fare quello che ritiene giusto per sè (o per la propria organizzazione).

Fare un lavoro unitario non significa che gli altri devono pensarla come me, ma che insieme si decide "cosa fare" e qui sta spesso la nostra difficoltà: trovare un compromesso valido per tutti.

L'autonomia, intesa come distinzione tra l'attività sindacale e quella politica, è evidente a tutti che non ha lo stesso valore all'interno delle organizzazioni sindacali italiane.

La stessa differenza la si può trovare se si affrontano altri valori, come ad esempio il ruolo degli iscritti nelle scelte sindacali, o temi più specifici, come ad esempio la contrattazione aziendale o il sistema pensionistico pubblico.

In questi giorni abbiamo verificato su un tema importante, come le forme di lotta e lo sciopero generale, le diverse opinioni che esistono all'interno del mondo sindacale. E allora?

Le diverse sensibilità (permettetemi di chiamarle così) non sono solo un capriccio dei gruppi dirigenti, ma sono spesso patrimonio profondo presente nelle organizzazioni, negli iscritti, nei lavoratori, e di questo dobbiamo tenere conto.

Io so che se parlo di autonomia o di rapporto con i partiti o la politica, lo stesso argomento trova risposte diverse a seconda che lo si proponga all'interno della Cisl o della Cgil.

Oggi in maniera prevalente, quando si tocca un tema come questo, potremmo trovarci di fronte a risposte molto diverse se non addirittura contrapposte.

Ma come possiamo rispondere ad un giusto valore presente nella Cisl senza dare una risposta scontata da parte della Cgil ?

Se ci sono differenze, e ce ne sono parecchie, utilizzarle per trasmettere le proprie opinioni o scelte, spesso per screditare l'altra organizzazione, non fa altro che allontanare la possibilità di un lavoro comune.

Quindi bisognerebbe scegliere i pochi argomenti che avvicinano, piuttosto che i molti che ci allontanano e qui sta la vera difficoltà dei gruppi dirigenti del sindacato confederale in questi ultimi periodi.

Può sembrare banale ma la bottiglia dell'unità sindacale la stiamo vedendo troppo spesso dalla parte della metà vuota. La colpa è sempre degli altri, che siccome non sono come noi, sono contro di noi.

Quale sindacato ci stiamo costruendo per i prossimi anni? Con quali valori e con quali diritti? Per quali soggetti?

Può sembrare sgradevole, ma la nostra attività, le nostre scelte, le nostre conquiste o i nostri limiti hanno una ricaduta sugli altri da noi non controllabile.

Se la gente ha scelto di dividere le scelte politiche (voto per chi voglio) con l'adesione al sindacato confederale per la difesa degli interessi di tutti i lavoratori, può anche non piacere a tutti, ma bisogna tenerne conto. Lo stesso vale sul rapporto con la politica, in particolare con quella di sinistra: è difficile stabilire una linea di confine dove termina l'azione sindacale e dove inizia quella del partito.

Però sbaglieremmo a non stabilire regole o a non mettere in campo nessuna differenza.

Nella Cisl, nei momenti più complicati della scelta politica di D'Antoni, ma anche più recentemente nella complicata trattativa con il governo, qualche riflessione (ad alta voce) è stata fatta, mentre non trovo la stessa sensibilità nelle altre organizzazioni, in particolare nella Cgil che sta andando, a mio modesto parere, ad una sovrapposizione tra ruolo del sindacato e quello della politica.

Il problema forse all'interno di quella organizzazione può non essere importante oppure non esistere, ma all'esterno è visibile il sovrapporsi delle due identità ( e questo non fa il bene nèdel sindacato nè del partito).

Come è evidente la sovrapposizione della Confindustria con parte del governo in carica e in particolare con il partito di Forza Italia.

Anche questo non mi sembra naturale, anzi mi sembra una mancanza di autonomia da parte del governo di questo paese.

A differenza degli altri paesi europei ho l'impressione di trovarmi di fronte a qualcosa che ha riportato la lancetta dell'orologio all'inizio degli anni 60, come se tutto quello che è avvenuto dopo il 68, gli anni 70, la Fiat, tangentopoli e il maggioritario, fosse improvvisante scomparso dentro quelle che vengono definite "le relazioni sindacali".

Franzetti

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Volere e potere

Ormai è cosa risaputa che le difficoltà quotidiane per poter vivere in questo mondo così complesso sono in eccessivo incremento.

Certo è che noi disabili ne risentiamo maggiormente nell'affrontarle, ma prima o poi ci arriviamo di sicuro, ovviamente con ulteriori sacrifici ed estrema fatica e, una volta raggiunta la meta , ci accorgiamo che gli altri sono arrivati molto prima di noi.

I perchè non ci meravigliano, tanto a cosa fatta le scusanti sono a portata di mano e cosi, ci sentiamo dire di non essere stati attenti alle scadenza dei termini prefissati o quant'altro. Qualsiasi pregiudizio è sempre buono per chi sta al potere. Veniamo al dunque: con estremo stupore, leggendo per puro caso un noto quotidiano della stampa italiana, vengo a sapere che i nostri signori governanti in sordina si sono aumentati gli stipendi, a dir poco di una cifra che potrebbe soddisfare, o perlomeno incrementare, le pensioni minime ad ogni invalido civile o altre categorie che dovrebbero essere privilegiate. Si parla di un aumento niente poco di meno che di £. 2.200.000 al mese, in aggiunta a quello che percepiscono attualmente (uno stipendio base di £. 19.325.396). Come se non bastasse, usufruiscono di una lunga serie di servizi, come: rimborso spese affitto, telefono cellulare gratis, tessera al cinema e teatro gratis, autobus e metropolitane, viaggio aereo nazionale gratis, ecc¼ .

Altro episodio a dir poco clamoroso, che credo in ognuno di noi ha suscitato un certo stupore e altrettante perplessità, il provvedimento approvato nell'ultima finanziaria del 2002, o meglio, lo stanziamento dei 34 mila miliardi per le spese militari. Obbiettivamente, fa male sentir parlare di questi argomenti che dopotutto non mirano al beneficio dell'umanità intera, ma a creare maggiore confusione e maggior problemi a chi lotta per la sopravvivenza. Nel contesto di tutte queste notizie poco piacevoli, noi in particolare modo come categoria, dei cosidetti "protetti", ci sentiamo un pò esclusi e nello stesso tempo messi da parte da questa società che mira sempre più in alto, più di quanto noi possiamo immaginare.

All'evidenza dei fatti è pur chiaro che a chi governa importa di più pensare ai propri interessi nel modernizzare e potenziare gli armamenti, per un ovvio tornaconto. Tutto ciò succede in questo inizio del terzo millennio e, per quanto mi riguarda, questi episodi non mi sorprendono affatto e tanto meno mi meravigliano.

Sono invece dell'opinione che dovremnmo dare uno sgurdo a chi sta peggio di noi ed aiutare soprattutto con i fatti tante vite umane che giorno per giorno a causa di scarso cibo muoiono per fame. Parlo ovviamente dei paesi del cosiddetto " Terzo Mondo". Eppure c'è chi pensa ancora oggi a spendere cifre esorbitanti solo nel costruire piani di studio per la ricerca di come meglio ci si può distruggere l'uno l'altro.

Questi fatti ci fanno sperare in un futuro sempre meno promettente. Esprimendo un giudizio personale, sono stato sempre del parere e continuo a sostenere con fermezza e convinzione che in ogni cosa che ci circonda, se viene a mancare quel pizzico di buona volontà, manca tutto.

E pensare che costa così poco o niente armarsi di quel pizzico di buona volontà.

Come persona sensibile e altrettanto interessata a problemi di un certo rilievo, mi sentivo proprio in dovere di citare questi due sconcertanti e recenti episodi, che per la loro inutilità e soprattutto per il loro scopo individuale, non fanno altro che compromettere ed accentuare le discriminazioni sociali, sottovalutando e mettendo a repentaglio quelli che sono i veri valori della vita.

Dai miei precedenti, e dall' esperienza della mia vita alla ricerca di un posto di lavoro, il mio pensiero non può che essere rivolto ai portatori/trici di handicap per la loro mirata e tanta sospirata prima occupazione nel mondo del lavoro. Nonostante i loro sacrosanti diritti, a tutt'oggi il problema occupazione per loro si trova al punto di partenza.

Abbiamo sperato e dato fiducia al nuovo D.L. 68/99 per il collocamento ai disabili, ma si è subito intravvisto che tutto è svanito sul nascere, nonostante sia stato dato mandato dal Governo alle Regioni, Provincie e Comuni per velocizzare o quanto meno facilitare il percorso .

A quanto sembra, nell' attuare questa procedura, le cose si sono ancora maggiormente complicate durante il tragitto, visto i risultati ottenuti.

Fino ad oggi sembra che siamo rimasti al nastro di partenza. Per non fare tanto il polemico e pessimista, in tutto questo fiume di parole e tempo dedicato a questo infallibile progetto iniziale, non vorrei che finisca nel dimenticatoio di chi ai tempi l'aveva promosso solo per salvaguardare l'interesse personale o di qualcuno, come è successo per tante altre iniziative del genere, soprattutto rivolte a favore delle persone disabili.

Personalmente sono pienamente convinto di alcuni concetti che sono prettamente basilari e nello stesso tempo fondamentali: non dimentichiamoci che il lavoro non puo' essere un idolo che appiattisce ogni altro valore, ed è proprio per questa giusta causa che alcune volte dovremmo pensare a chi sta peggio di noi, cercando con tutta la buona volontà di uscire fuori da questo scenario così ampio e complesso, formulando l'augurio di un rinnovato impegno e rinnovata speranza per il benessere di tutta quanta l'umanità.

Francesco SGRO' Delegato FIM/RSU Whirlpoo

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Il 2° livello raggiunge anche le piccole aziende

All'Angolari Rapid, un'azienda di venti dipendenti, un P.d.R. da fare invidia

La contrattazione aziendale a tutt'oggi non riesce a portare il premio di risultato in tutte le aziende, anzi, nelle aziende molto piccole, non riesce quasi mai.

Tale problema è stato affrontato anche a livello nazionale cercando di definire impegni con le controparti volti a sviluppare una contrattazione territoriale per ridistribuire la ricchezza prodotta anche nelle piccole aziende. Purtroppo su tale questione non si è ancora concluso niente.

Fortunatamente esistono casi rari eccellenti. Essi però sono le eccezioni che confermano la regola. Così è accaduto ai venti lavoratori dell'Angolari Rapid di Saronno, un'azienda terzista che lavora lamiere per la produzione di mobili per uffici.

Da metà febbraio di quest'anno anche questi lavoratori hanno un Premio di Risultato che premierà e quindi ridistribuirà fra loro una parte sensibile dei risultati produttivi, che fino a ieri rimanevano in toto all'azienda.

L'indicatore utilizzato è un parametro di produttività calcolato nel rapporto tra fatturato della produzione e ore collettive complessivamente lavorate.

L'accordo prevede che in caso di incremento dell'indice del 5% i lavoratori riceveranno £ 1.572.000 (circa 1.200.000 lire nette), per un incremento dell'indice del 7% riceveranno £ 1.703.000 (circa 1.300.000 lire nette) e per un incremento del 10% riceveranno £ 1.965.000 (circa 1.500.000 lire nette).

Considerando la positiva crescita del fatturato degli ultimi anni, il positivo superamento della fase della crisi che, dopo l'undici settembre scorso ha investito un po' tutti i mercati, e considerando anche il recentissimo investimento che l'azienda ha fatto in un grosso impianto automatizzato di taglio laser delle lamiere, i lavoratori della Angolari Rapid possono ben aspirare ad un primo anno sperimentale con risultati più che discreti.

Per concludere una peculiarità della trattativa. Il risultato ottenuto non è stato raggiunto al primo tentativo. Più volte in passato erano state fatte delle richieste che puntualmente si erano spente negli uffici della sede di Saronno dell'Univa.

Questa volta invece, l'azienda non ha voluto avvalersi dall'assistenza dall'associazione degli industriali (nonostante sia tuttora associata) e l'accordo si è fatto.

Da qui due considerazioni: la prima è che la rappresentanza che la nostra organizzazione antagonista da ai suoi iscritti non è da loro sempre riconosciuta come utile, ma a volte è addirittura sentita come ingombrante; la seconda è che questo caso smentisce il falso ruolo di mediatore negoziale della associazione degli industriali, ruolo che spesso i suoi operatori amano vendere durante le ristrette delle trattative.

Angelo Re

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A NOVO di Saronno: raggiunto l'accordo sul P.d.R.

Dopo aver affrontato una grossa ristrutturazione aziendale i lavoratori della ex FIMI-PHONOLA di Saronno ottengono il PdR.

Finalmente anche i lavoratori della ex Philips di Saronno (attuale A Novo) hanno un Premio di Risultato. Dopo più di un anno di rocambolesche trattative, a metà febbraio si è riusciti a trovare un accordo. Una gestazione piuttosto lunga che ha partorito un PdR dai contenuti sufficientemente buoni in considerazione del fatto che l'accordo ha durata sperimentale di un anno ed è il primo di quella che vorremmo fosse una lunga serie.

La trattativa è stata, infatti, più volte interrotta dai ripetuti cambiamenti della dirigenza aziendale e della dirigenza dell'Univa saronnese. Hanno poi influito negativamente il rinnovo del Contratto Nazionale con la vicenda della mancate firma da parte della Fiom e un accordo sul superamento del limite dei contratti a termine per soddisfare un improvviso trend di crescita, tanto positivo quanto precario.

La fase più concreta dalla trattativa si aprì lo scorso gennaio quando per presentare una richiesta conforme alle aspettative dei lavoratori, la Fim elaborò un sondaggio. Questo strumento aveva in secondo luogo anche lo scopo di spiegare attraverso i contenuti esplicativi d'ogni domanda, la logica del premio di risultato. Il sondaggio, che ha raggiunto circa l'ottanta per cento dei lavoratori, chiedeva quali erano secondo loro gli obiettivi e le impostazioni strategiche per il PdR.

Dal risultato abbiamo appreso con piacere che la grande maggioranza degli intervistati ha definito un'impostazione coerente con le indicazioni del CCNL. Produttività, qualità e redditività furono gli indici che raccolsero più consenso e che caratterizzarono la nostra proposta.

Anche l'azienda si è presentata con una proposta che, a parte il contenuto economico, non era molto diversa dalla nostra. Gli indici da essa proposti erano quasi gli stessi: produttività, qualità, redditività e sicurezza. Questa condizione di partenza non ha però semplificato la trattativa poiché, intenzione dell'azienda, era di vincolare tutto il premio all'indice di redditività.

Altri problemi sono poi sorti quando l'azienda ha tentato di sovrapporre alla trattativa questioni alienanti come la soluzione del problema parcheggio, che vedeva la soluzione legata alle disponibilità del comune di Saronno, o quello dello smarrimento del vecchissimo accordo sul premio feriale, oppure quello della scadenza dell'accordo sui contratti a termine ed il tentativo dell'azienda di barattare il PdR con una proroga di quell'accordo per un altro anno. La vicenda dei contratti a termine raggiunse il paradosso poiché, mentre l'azienda tentava lo scambio con il premio di risultato, contemporaneamente dava il benservito ai lavoratori cui scadeva il contratto e chiedeva lo straordinario agli altri.

Questa è stata decisamente la goccia che ha fatto traboccare il vaso. I lavoratori dell'A. Novo hanno espresso tutto il loro dissenso all'azienda e tutta la loro solidarietà ai colleghi congedati organizzando lo sciopero del lavoro straordinario ad oltranza. La partecipazione è stata buona nonostante la contemporanea distribuzione di superminimi che l'azienda ha fatto fra i più fidi, e il risultato è stato che l'alta adesione all'iniziativa di lotta ha contribuito ad aprire la fase finale della trattativa.

Siamo riusciti a togliere dal premio l'indice di sicurezza che voleva pagare di più chi si fosse infortunato di meno. Secondo l'azienda si sarebbe così sensibilizzato i lavoratori ad una maggiore attenzione alla normativa antinfortunistica (cosa che, secondo la legge, dovrebbe essere compito dall'azienda con procedure di informazione e formazione). Invece, secondo noi, tale impostazione non solo avrebbe penalizzato chi si fosse fatto male, ma il sistema avrebbe disincentivato la denuncia di tutti quei piccoli infortuni che guarda caso costituiscono la totalità dei pochi infortuni che accadono in A Novo.

Abbiamo poi reimpostato il peso di ogni indice: 40% per la produttività, 40% per la qualità, 10% per il fatturato e 10% per l'Ebit (margine operativo netto).

Abbiamo infine raggiunto l'accordo strappando un aumento del massimale del premio da 900.000 lire a 1.100.000 a fronte del raggiungimento del 100% degli obiettivi, un contenuto economico certamente non eccezionale ma sufficiente per aprire la fase iniziale di sperimentazione.

Il PdR verrà elargito a tutti i lavoratori con almeno sei mesi di anzianità e saranno compresi anche i lavoratori con contratto a termine. Il PdR verrà elargito anche i lavoratori che si dimetteranno nell'anno di riferimento (per qualunque motivo) nella misura di tanti dodicesimi quanti saranno i mesi di effettiva presenza. Poiché in tale ipotesi sarebbe pressoché impossibile sapere se entro la fine del periodo di riferimento del premio gli obiettivi saranno raggiunti, i dodicesimi verranno calcolati sulla base di una cifra forfetaria pari al 40% del massimale.

E' stato inoltre verbalizzato l'impegno tra le parti ad incontrarsi con lo scopo di verbalizzare il riconoscimento del premio feriale. L'ipotesi di accordo è stata votata dai lavoratori ed è stata accolta con un solo astenuto e nessun contrario.

Angelo Re

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MV AGUSTA: barlumi di speranza

Dopo un anno molto difficile sembra vicina la soluzione

La situazione della MV Agusta è ormai nota a tutti.

Tutte le possibilità di sopravivenza sono legate ad un possibile quanto auspicato accordo con il gruppo Piaggio che consentirebbe, oltre alla salvezza della MV, anche la costituzione di un grosso gruppo industriale italiano che porterebbe benefici anche alla stessa Piaggio.

Purtroppo l'accordo che sembrava raggiunto già a settembre dello scorso anno ha subito dei forti ritardi fino ad essere messo in discussione con tutti i problemi che ne sono derivati.

Oggi più del 50% del personale MV è in Cassa Integrazione e le produzioni sono praticamente ferme.

Ma, in una tale situazione vicina alla disperazione, sono sopraggiunte notizie nuove.

Venerdì 8 febbraio infatti, nell'incontro tenutosi all'Unione Industriali di Varese, la Direzione Aziendale ha comunicato l'avvio della procedura di "trasferimento di ramo d'azienda" a seguito degli accordi che stanno per concludersi con Piaggio Holding Spa.

Tali accordi dovrebbero prevedere la divisione dell'attuale MV AGUSTA MOTORCYCLES SPA e delle sue produzioni, in tre Società:

- l'attività di produzione delle motociclette con marchio MV comprensive delle attività collegate, compresa la relativa area di Ricerca e Sviluppo ed il relativo personale per un totale di 190 dipendenti, passerebbe in carico ad una costituente nuova Società (MV AGUSTA) con sede a Schiranna, la cui proprietà sarebbe per l'80/90% di Castiglioni;

- MV AGUSTA MOTORCYCLES SPA con l'attività di costruzione, commercializzazione, ricerca e sviluppo dei motoveicoli Husqvarna e Cagiva ed il relativo personale per un totale di 270 dipendenti, passererebbe completamente alla Piaggio Holding Spa e avrà sede presso lo stabilimento di Cassinetta;

- La produzione dei telai ed il relativo personale pari a 60 dipendenti , sarà ceduta ad una società di nuova costituzione (Cagiva Telai) la cui proprietà sarà di Castiglioni e probabili altri soci con sede a Morazzone.

L'avvio di tale procedura, se da un lato consente di vedere finalmente una possibile conclusione, dall'altra pone una serie di interrogativi, che per ora non sono affrontabili per il fatto che la trattativa tra MV Agusta e Piaggio Holding è ancora in corso, anche se la Direzione Aziendale ha più volte ribadito che tali operazioni non porteranno a nessun esubero degli attuali occupati.

Nel frattempo, si prosegue con la Cassa Integrazione Guadagni richiesta per ulteriori 10 settimane Nella speranza che siano davvero le ultime.

Andreotti

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Aumenti contrattuali

Dal 1° marzo scatta la seconda tranche dell'aumento ottenuto nell'ultimo rinnovo del CCNL Federmeccanica e Confapi.

Nelle tabelle sono riportati gli aumenti e i nuovi minimi espressi in Euro.

Federmeccanica

Confapi

Livello

Aumento dal 1/3/2002

Nuovi Minimi

Livello

Aumento dal 1/3/2002

Nuovi Minimi

1

19,37

939,31 1 19,11 939,18
2 22,66 1014,87 2 22,72 1014,84
3 26,73 1097,79 3 26,86 1097,73
4 28,28 1138,59 4 28,41 1138,79
5 30,99 1207,48 5 30,99 1207,48
5s 34,28 1275,81 6 34,60 1275,91
6 37,77 1369,10 7 37,70 1368,87
7 42,22 1477,65 8 42,35 1477,58
9 48,03 1599,21

 

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INDENNITA' DI MOBILITA', CIGO E CIGS

Dal 1° gennaio 2002 sono stati adeguati, sulla base dell'inflazione riscontrata nel 2001, le indennità corrisposte dall'INPS in caso di mobilità, cassa integrazione ordinaria e straordinaria.

Si ricorda che tali indennità sono comprensive dei ratei di tredicesima, ferie e PAR.

-  Per retribuzioni fino a Euro 1.679,07 (£. 3.251.133) -comprese mensilità aggiuntive-

Euro 776,12 lordi (£. 1.502.778)

 - Perretribuzioni superiori a Euro 1.679,07(£. 3.251.133)- comprese mensilità aggiuntive - 

Euro 932,82 lordi (£. 1.806.191) 

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Fondo Pensioni per le casalinghe

L'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (Inps) ha pubblicato la circolare relativa al nuovo fondo di previdenza per le persone che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari, comunemente detto per le casalinghe.

L'iscrizione e' assolutamente volontaria ed e' aperta a uomini e donne che non prestano alcuna attività lavorativa e non siano titolari di una pensione.

Chi si iscrive al nuovo fondo entro il 2002 può recuperare anche gli anni che vanno dal '97 fino al 2001, versando l'importo necessario per coprire l'intero periodo, senza alcun aggravio dovuto ad interessi.

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