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Il numero di dicembre '01

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Gli articoli
Art.18: licenziamento illegittimo sciopero riuscito
Silvio Fossa: un'azienda "concreta"
MAM: rinnovata la RSU
Delta: Rinnovo del contratto aziendale a tempi da lumaca
Il sindacato in Italia: quale futuro?
Federmeccanica e la Festività del 2 giugno.
 

Art. 18: licenziamento illegittimo sciopero riuscito

I lavoratori di tutte le categorie hanno scioperato per 2 ore tra il giorno 5 e il giorno 7 dicembre.

Dai dati in nostro possesso, lo sciopero è riuscito sia a livello locale che nazionale, con adesioni di oltre il 90%. Segno che il tema è molto sentito dai lavoratori, che non si sono lasciati confondere dal tentativo del governo di addolcire la pillola proponendo una sperimentazione quadriennale per sminuirne gli effetti.

Al di là di questo tentativo maldestro, infatti, è evidente la filosofia del governo che lega la soluzione del problema occupazionale ad un assunto del tutto singolare: a una maggiore libertà di licenziamento corrisponde più occupazione.

Se lo abbiniamo all'altro tentativo, quello cioè di fare prevalere il contratto individuale su quello collettivo, si capisce molto bene l'ottica liberista del governo: meno tutele per i lavoratori e più libertà per gli imprenditori.

La forte adesione allo sciopero è innanzi tutto un chiaro no a questa filosofia, oltre che un no alla sperimentazione proposta, che risulta, molto grave sia per il significato che assume, sia per i casi scelti.

La proposta del Governo prevede infatti la sospensione sperimentale per quattro anni del diritto al reintegro del posto di lavoro in tre casi:

- riemersione delle aziende in nero;

- superamento per assunzioni del limite dei 15 dipendenti;

- trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a indeterminato.

I primi due casi in cui non troverebbe più applicazione l'articolo 18 sono solo teorici e non reali. Infatti le aziende che con le nuove assunzioni superano i 15 dipendenti lo scelgono perchè hanno il lavoro e le fabbriche che hanno lavoratori in nero, a prescindere dal fatto che sia giusto o meno, non sono sicuramente fabbriche sopra i 15 dipendenti. E' vero invece il terzo caso, quello cioè delle aziende che, avendo lavoratori con contratto a tempo determinato e assumendo parte di essi a tempo indeterminato, potrebbero licenziare senza dovere giustificare il motivo di tale licenziamento.

Ma come si fa a dire che è una sperimentazione? Se passa una cosa del genere, è evidente che tutte le aziende ricorrerebbero all'assunzione a tempo determinato prima ditrasformare il contratto a tempo indeterminato, finendo così per ottenere la maggioranza dei lavoratori facilmente ricattabili.

Che il Governo voglia accontentare Confindustria può non essere condiviso, ma capito.

E' però inaccettabile pensare che il sindacato possa condividere tale obiettivo, non fosse altro perché, al di là dell' infondatezza dei motivi economici e giuridici, rimane sicuramente il diritto alla dignità della persona.

La trattativa prosegue in questi giorni, non solo su questo argomento ma anche sui diversi aspetti che regolano il mercato del lavoro ed è probabile che non si concluda in tempi rapidi.

La scelta delle due ore di sciopero ha il significato di non volersi fermare alla protesta nei confronti del governo ma puntare al merito dei problemi.

Se il governo non dovesse modificare le sue posizioni, occorrerà proseguire con iniziative di lotta sempre più pressanti.

Per la Fim, la modifica dell'art. 18 non è argomento di trattativa. Il ritiro della delega sull'art. 18 e il negoziato sul resto dei problrmi relativi al mercato del lavoro sono i temi su cui la Cisl punta e per i quali ha dichiarato le due ore di sciopero.

Ma, poichè la trattativa è importante e ancora non conclusa, vanno evitate posizioni personali (vedi Bonanni) non condivise dall'organizzazione e che si pongono oggettivamente in contrapposizione a quanto stiamo sostenendo. Solo così sarà possibile affrontare con determinatezza le diverse questioni in discussioni, dal collocamento alla formazione, dai contratti di Formazione lavoro alle collaborazioni e ai contratti atipici.

Un più cauto ottimismo sembrerebbe esserci invece sul capitolo pensioni. Abbandonata da parte del governo l'idea di eliminare le pensioni di anzianità e di modificare la base di calcolo delle stesse con il passaggio dal sistema retributivo al sistema contributivo, si intravede la possibilità di un accordo che preveda incentivi per chi vuole volontariamente continuare a lavorare anche dopo avere maturato il requisito minimo di pensione, la liberalizzazione dell'età pensionabile oltre i 65 anni, un maggior utilizzo del TFR per la previdenza integrativa e il superamento del divieto di cumulo tra pensione e lavoro.

Ottimismo cauto, perché le sorprese possono sempre arrivare e non è del tutto archiviata la pretesa degli industriali di pagare meno contributi , con una conseguente penalizzazione delle pensioni.

A.Vassallo.

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Silvio Fossa

Un'azienda "concreta"

La Fossa Silvio spa è un'azienda di medie dimensioni che produce cilindri per grandi impianti industriali. Una delle tante che operano nell'area del gallaratese e che senz'altro, sarebbe passata inosservata, se il proprietario non fosse stato presidente della Confindustria ed attuale della Sea (sistemi aeroportuali di Malpensa e Linate).

Di lavoro e di sindacato, di professionalità e di aspettative ne parliamo con i due delagati Fim presenti nella Rsu, Michele Carangelo e Dino Nascimben.

Cos'è la Fossa?

Un'azienda metalmeccanica del varesotto che ha come produzione quella dei cilindri oleodinamici e pneumatici per l'industria. Siamo circa 70 dipendenti, di cui un terzo impiegati e disegnatori.

Una produzione altamente qualificata?

Si, che necessita manodopera qualificata che sappia usare le macchine, in particolare il tornio e che produca con "tolleranze" molto ridotte.

Scuola e formazione sono quindi alla base nell'inserimento dei giovani: in passato si è usato il contratto di formazione lavoro, ultimamente le assunzioni avvengono con contratto di apprendistato. Questi sono gli strumenti per inserire i nuovi dipendenti alla Fossa.

C'è qualche rapporto tra la vostra azienda e l'ex presidente di Confindustria?

Molto stretta: ne è il proprietario!

Quando è entrato il sindacato in Fossa?

Noi siamo in azienda dal 1977 e dal 1978, allora già esisteva una struttura sindacale (chiamata consiglio di fabbrica) con la presenza delle tre organizzazioni e di lavoratori iscritti.

Il vostro lavoro di rappresentanti?

Senz'altro quello più importante è la sicurezza sul lavoro, che prima era latente (come in tutte le officine), ma dopo l'entrata in vigore della 626 sono state fatte molte cose ed altre se ne dovranno fare.

C'è attenzione da parte dei lavoratori?

Da parte dei giovani c'è una certa attenzione, negli anziani un pò meno¼

Poi?

La discussione sul periodo di ferie, il rinnovo e la verifica sul contratto interno del premio di risultato.

L'ultimo premio quando è stato rinnovato?

All'inizio di novembre di quest'anno ed ha una durata di 4 anni. E' la continuità di quello precedente ovviamente con alcuni miglioranti (ad esempio sulla cifra del premio). Nella nostra azienda per tradizione, la contrattazione viene svolta dalla rappresentanza interna.

Via ha dato dei risultati?

Diremmo di si, negli anni passati ha portato risultati economici ai lavoratori. Abbiamo sempre rinnovato i contratti, anche quando il settore metalmeccanico era in crisi.

Professionalità?

La maggior parte degli operai è al 5° livello, anche se con l'inserimento dei giovani ci sono ancora delle professionalità più basse. Inoltre sono presenti dei superminimi dati in base alle capacità professionali dei singoli lavoratori.

La conclusione del contratto nazionale?

Eravamo abituati bene, perché i contratti venivano firmati da tutti: a luglio siamo rimasti un po' spiazzati. Questo disagio esiste tuttora. Nell'ultimo sciopero della Cgil una parte dei loro iscritti ha scioperato e un'altra è rimasta in fabbrica. Lo stesso ragionamento vale per qualche giovane che ne ha approfittato per fare un lungo week-end. Qualche critica l'abbiamo avuta anche noi per il comunicato che diceva che era uno sciopero inutile.

Anche se tutti si rendono conto che il

contratto è quello firmato e non verrà cambiato.

I rapporti con il delegato e gli iscritti Fiom?

Sono rimasti buoni come prima: questa è la tradizione positiva presente in Fossa. Ai giovani che vengono assunti diciamo di iscriversi al sindacato e poi di scegliere l'organizzazione secondo la propria sensibilità e coscienza.

Confronto con il governo sulle questioni generali?

E' un argomento sentito diversamente dagli anziani, più sensibili ad argomenti come le pensioni o i diritti, e i giovani che spesso non approfondiscono queste cose che sembrano lontane.

La gente è disponibile a fare iniziative di lotta, ad esempio lo sciopero, però ti chiede di farlo unitariamente e con obiettivi chiari.

La vicenda contrattuale ha portato a qualche critica perché siamo sempre stati abituati ad una conclusione unitaria, anche se questo non significa rinunciare ai nostri obiettivi.

La gente cosa si aspetta, uno sciopero, una rottura o una conclusione con un compromesso?

Senz'altro si aspetta il dialogo e la trattativa, anche se è pronta allo sciopero per raggiungere un accorso, ma oggi non ci sembra molto vicino (intervista del 23 novembre 2001, ndr)

La Fim in azienda

Non c'è un'immagine di rottura tra le organizzazioni, eccetto il periodo della fine della FLM (1984) e la scelta di organizzazione.

Il vostro fattore positivo?

Innanzi tutto l'informazione, specie quella diretta: abbiamo sempre esposto tutto quello che produce il sindacato.

Il controllo sulla professionalità in rapporto con l'azienda. Le informazioni riferite alla attività e ai servizi Cisl.

Buono il rapporto con gli operai, ma con gli impiegati?

Buono anche con loro, anche se non vengono direttamente in assemblea, ti chiedono e vogliono essere informati.

Alle elezioni della Rsu partecipano tutti i dipendenti sia operai che impiegati. Siamo un po' deboli per quanto riguarda il tesseramento tra gli impiegati.

Il rapporto con le altre aziende?

Non diretto, ma attraverso i corsi di formazioni o le riunioni del direttivo Fim possiamo conoscere e scambiare informazioni.

Dove sta andando l'azienda?

Negli ultimi anni è aumentata la produttività e i volumi produttivi.

Lo spazio interno alla azienda è tutto occupato e investimenti sono stati fatti e sono previsti. Ad esempio il ricambio del parco macchine è regolare (prossimamente è previsto l'acquisto di una alesatrice e di alcuni torni). Investimenti che tendono anche a migliorare la sicurezza sul lavoro.

In questi ultimi periodi c'è un rallentamento del lavoro e questo lo capiamo dalla tranquillità che ti lasciano per il lavoro senza l'assillo dei tempi di consegna. Ma non siamo di fronte a cali preoccupanti.

I maggiori clienti?

La Danieli di Udine, l'Ilva di Taranto ed altre per gli impianti in Italia e nel mondo (l'estero incide per circa la metà della produzione).

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MAM

Rinnovata la RSU

Alla MAM di Morazzone, venerdì 23 novembre si sono tenute le votazioni per il rinnovo della RSU.

Il fatto riveste una particolare importanza poiché è il primo rinnovo di una Rsu dopo le vicende contrattuali e lo sciopero organizzato dalla Fiom, in un'azienda importante sia per il numero di dipendenti (quasi 300) sia perché tradizionalmente in tale azienda la Fiom, ha sempre avuto una presenza maggioritaria o addirittura assoluta.

Va precisato comunque che la MAM applica il CCNL API ma, nonostante ciò, lo sciopero del 16 novembre ha avuto una buona partecipazione dei lavoratori (anche se ci risulta che i più abbiano ricorso ad un giorno di ferie).

Una situazione quindi ottimale per capire quali possono essere i risultati delle politiche sindacali degli ultimi mesi.

I risultati dicono che Fim e Fiom hanno riconfermato il numero di delegati che avevano sia nella RSU che gli RLS, ma i dati in percentuale sono leggermente a favore della Fim che passa dal 29% delle passate votazioni all'attuale 37%.

Da una prima lettura, sembra si possa ricavare che le vicende contrattuali non abbiano per niente inciso sugli umori dei lavoratori, riconfermando che il pluralismo sindacale è una realtà da cui non si può prescindere e per garantire ciò, occorrono regole che garantiscano le diversità

AL  

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Delta

Rinnovo del contratto aziendale a tempi da lumaca

Alla Delta Elettronica il contratto aziendale doveva essere rinnovato già all'inizio dell'anno. Era infatti stata fatta un'indagine tra i lavoratori che aveva portato a suggerimenti e consentito agli stessi, di esprime le proprie considerazioni sulla loro realtà.

Tutto era pronto quando sul fronte aziendale emergevano tre novità:

- il cambio della direzione del personale che ha portato non solo al cambiamento della persona ma anche della politica aziendale;

- la messa in discussione, da parte aziendale, dell'accordo che prevedeva il riconoscimento del ticket restaurant (alternativo al buono mensa/pasto), per i lavoratori/trici con contratto di lavoro Part-time;

- il "taglio di informazioni " da parte dell'azienda, previsto dall'accordo aziendale anche ai fini di una corretta gestione del premio di risultato.

Per il rinnovo del contratto aziendale¼ ¼ .. in coda, " c'è tempo".

Questo stato di cose ha prodotto uno sciopero di 8 ore: alcune cose da allora sono cambiate ma la strada è ancora lunga.

La cosa strana è che, gli argomenti da noi posti, sembravano di facile soluzione, in una fabbrica nota in provincia per le sue buone relazioni sindacali e che, anche per la caratteristica del prodotto-mercato, ci tiene molto a un rapporto partecipativo delle maestranze.

Questo era almeno l'opinione diffusa fino a non molto tempo fa, ma oggi cominciamo ad avere qualche dubbio che non viene smentito né dall'azienda, né soprattutto, dai fatti.

Il primo elemento è il tempo; dopo quasi un anno di discussione non possiamo dire di aver concluso molto.

Il secondo è sui contenuti:

La vicenda dei tiket restaurant ci aveva costretti ad avviare una vertenza legale contro l'azienda, conclusasi con un accordo fatto all'Univa che prevedeva il ripristino del tiket a tutte le lavoratrici passate a Part-time prima dell'accordo. Purtroppo, nonostante l'accordo, l'azienda ha proseguito a non pagare il tiket proprio alla persona, grazie alla quale, era partita la vertenza. Ovviamente come Fim siamo ripartiti con le denuncie per difendere la lavoratrice, ma dov'è la credibilità delle controparti?

E' dai primi mesi dell'anno che chiediamo di rinnovare l'accordo sul premio di risultato, riconfermando gli stessi criteri previsti dal vecchio accordo, dando la disponibilità a fare un accordo biennale, consentendo così nel frattempo, di ricercare soluzioni diverse per il futuro, ammesso che se ne trovino, e fare quindi un nuovo e migliore accordo. L'azienda continua a respingere tale ipotesi, pretende di trovare subito un nuovo meccanismo, ma ad oggi non sa quale proposta fare; e siamo al mese di dicembre senza che si intraveda ancora una soluzione e quindi, senza accordo.

La Delta ha speso molto negli anni scorsi, non solo in termini economici, ma anche di credibilità e immagine verso l'esterno, su un progetto ruoli e prestazioni professionali che valorizzasse l'apporto delle maestranze. Pensavamo che nel nuovo premio di risultato si potesse inserire, tra i diversi indici, anche uno legato a tale lavoro. Ci è stato risposto, o così abbiamo capito, che il progetto ruoli verrà portato avanti solo dai responsabili aziendali che ci credono, gli altri possono fare altro. Come se fosse possibile una separazione di questo genere.

Che si sia cambiato registro lo si capisce pure dall'indisponibilità a concordare la formazione di base per i lavoratori o la indisponibilità ad approfondire in commissione argomenti proposti dai lavoratori, come ad esempio verificare la possibilità di realizzare orari che, tenendo presente le necessità aziendali, tengano conto anche delle esigenze dei lavoratori/trici.

Nei prossimi giorni riprenderà la trattativa e misureremo l'azienda, così come siamo abituati a fare, dai fatti che porterà al tavolo della trattativa e non dalle parole.

RSU Delta 

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Il sindacato in Italia: quale futuro?

Molti di noi, in questi ultimi tempi, si saranno chiesto: dove sta andando il sindacato confederale in Italia?

Una domanda ovvia, quasi banale, dopo le innumerevoli vicende che si sono succedute e spesso sovrapposte, dentro e fuori le due grandi organizzazioni sindacali presenti nel nostro paese.

Infranti in poco tempo molti degli aspetti che regolavano la vita interna d'ogni organizzazione e quella tra le diverse organizzazioni, prima fra tutte quella della autonomia nei confronti della politica e del ruolo del sindacato sulle questioni generali e nel confronto con il governo, si è precipitati ad oltre quarant'anni fa, quando i sindacati erano legati a doppio filo ai partiti politici e si svolgeva un ruolo subalterno ad essi nella vita sociale del paese.

Una autonomia conquistata, in prima fila dalla Cisl, con grande difficoltà e con molte resistenze che ha permesso negli anni settanta e ottanta al sindacato confederale di svolgere un ruolo importante nel periodo di maggior distacco tra i partiti e la gente: il vuoto degli anni novanta non sarebbe stato superato positivamente se fossero mancate anche queste grandi organizzazioni.

In poco tempo, questo confine che separava la politica dal sindacato è stato abbattuto e ci troviamo di nuovo ad una sovrapposizione di ruoli e di colletarismo che lo scorso anno ha messo in imbarazzo il corpo attivo della Cisl con la "sciagurata" scelta di Sergio D'Antoni di buttarsi in politica: oggi nella nostra organizzazione questa situazione è superata e di nuovo svolge un ruolo che per natura gli compete, fare il sindacato.

Non ho notato lo stesso imbarazzo e poche sono state le critiche sulle vicende interne della CGIL e sul ruolo svolto da Sergio Cofferati dentro il congresso di un partito politico e nel confronto con il governo.

Tornare a valutare il governo dalle scelte e dalle proposte che fa e non dal colore politico, è d'obbligo se vogliamo svolgere un ruolo positivo e fare gli interessi dei lavoratori e dei pensionati. In particolare se questo governo è lontano dai lavoratori e vicino agli industriali.

Il rischio sarà di ritrovarsi a svolgere uno sterile ruolo di protesta ma di mancare al ruolo contrattuale che ci compete.

I segnali negativi ci sono, primo fra tutti il contratto dei metalmeccanici, dove lo sciopero nazionale unilaterale proclamato a luglio, nel momento più difficile della trattativa, ha impedito di fatto, un confronto (anche aspro) all'interno delle organizzazioni, per trovare una soluzione positiva.

Quello che è successo da quel momento è nella mente di tutti: siamo piombati in un periodo di grande confusione contrattuale e lo stesso confronto con il governo rischia di imboccare una strada senza ritorno permettendo a questa maggioranza, composta da molti che vorrebbero mettere in un angolo il sindacato e che sono autosufficienti in parlamento, di completare il loro obiettivo.

Complicata la scelta della Cisl di aprire un confronto di merito con questo esecutivo (e con Confindustria) ma a me sembra l'unica strada oggi percorribile dal sindacato se vuole avere un ruolo contrattuale nel nostro paese su questioni come il lavoro, le pensioni, il mercato del lavoro. Anche se il confronto di questi giorni di fine novembre nulla di buono sembra promettere e la scelta obbligata di un confronto aspro, utilizzando lo sciopero, sembra inevitabile.

Il rischio rimane quello di una strada senza uscita, che non porterebbe da nessuna parte: la piazza e lo sciopero sono strumenti validi se dietro c'è l'obiettivo contrattuale da raggiungere, altrimenti rimangono importanti testimonianze politiche, ma nulla più.

Deve essere chiaro nel confronto con il governo, dove stanno i si e dove stanno i no, perché l'ambiguità non porterebbe nulla, ma devono essere altrettanti chiari gli strumenti che si usano durante questo confronto: lo sciopero (generale) serve per rafforzare il ruolo contrattuale del sindacato.

L'unità ritrovata in questo momento sul rifiuto di un confronto da parte del Governo non deve illudere nessuno perché le differenze ci sono ed esploderanno nei prossimi mesi se non si riflette su dove si sta andando.

Un ruolo contrattuale e sociale del sindacato che potrebbe investire decine di altre categorie impegnate nel rinnovo dei contratti nazionali e che fanno emergere situazioni e valutazioni differenti tra la Cisl e la CGIL: siamo di fronte a qualcosa che va oltre la singola categoria ma che coinvolge l'intero sindacato italiano.

Dove si sta andando e quale situazione si presenterà nei prossimi mesi ai lavoratori?

Che ci troviamo di fronte a scelte e ruoli differenti non ci sono dubbi e che questo possa significare la fine della (residua) esperienza unitaria ci viene confermato ogni giorno, ma c'è posto nel nostro paese per due soggetti sindacali, uno con un ruolo contrattuale e l'altro con una connotazione marcatamente ideologica?

di Rinaldo Franzetti

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Federmeccanica e la Festività del 2 giugno.

I tentativi di Federmeccanica di togliere i diritti acquisiti non si fermano mai e la vicenda del 2 giugno dovrebbe essere nota a tutti. Le motivazioni che hanno portato la controparte a prendere la decisione di sottrarre ai lavoratori 8 ore di permessi retribuiti sono prive di fondamento ed ora, anche se implicitamente, lo ammette anche Federmeccanica.

La storia arriva da lontano, quando fu ripristinata la festività del 6 gennaio (la Befana), nell'ormai lontano 1985: essendo questa un festività abolita e poi reintrodotta nel calendario, si continuò a pagarla con una retribuzione pari ad 8 ore. L'accordo allora fatto tra Fim-Fiom-Uilm e Federmeccanica prevedeva infatti che nel caso della reintroduzione di festività abolite, si sarebbero diminuite le ore di ex festività (32 ore) di 8ore, come avvenne appunto per la festività del 6 gennaio (prima del suo ripristino le ore di permesso per festività abolite erano 40).

Il parlamento ha deciso quest'anno di reintrodurre non una delle festività abolite ma una delle due festività che venivano semplicemente spostate alla domenica successiva (una era il 2 giugno e l'altra il 4 novembre) e che quindi non rientravano nelle ore di ex festività (oggi facenti parte delle 104 ore di PAR) da godere da parte del lavoratore. Era ed è un semplice spostamento di retribuzione dalla domenica al giorno di calendario in cui cade il 2 giugno.

Ma l'ingordigia di Federmeccanica è nota: approfittando dello spostamento della festività dalla domenica a un qualsiasi giorno della settimana, ha deciso di togliere 8 ore di PAR.ai lavoratori, dando l'indicazione alle aziende di scalare i PAR di otto ore (da 104 a 96 ore). Dopo alcuni mesi si è resa conto che neanche le aziende credevano a quanto stava dicendo (sono state infatti pochissime quelle che hanno applicato le sue indicazioni) e allora ha diramato un comunicato alle proprie associate, con l'invito a pagare le 8 ore tolte alle 104 con la retribuzione del mese di dicembre.

Fino ad oggi nessun lavoratore, pur avendo visto i comunicati aziendali, ha denunciato la cosa, per il semplice fatto che il pagamento delle 8 ore di festività avverrà con il mese di dicembre. E' questo il momento in cui il lavoratore verrà privato del diritto ad 8 ore di riposo anziché, come dice Federmeccanica, al solo pagamento delle 8 ore.

E' altrettanto evidente che, se le aziende pagano le ore e nessuno reclama, si corre il rischio che ciò venga letto come un'accettazione da parte del lavoratore.

Perché questo non succeda cosa bisogna fare?

Occorre che la RSU o i componenti la RSU della Fim-Cisl, oppure in mancanza di questi, direttamente la Fim –Cisl territoriale (basta telefonare agli operatori sindacali o in segreteria) comunichino alle rispettive aziende, tramite lettera di sospensione, la diffida ad effettuare ogni assorbimento o monetizzazione dei PAR.

 

Facsimile lettera da inviare alle aziende

Data¼

Spett. Direzione..

Oggetto: ripristino festività 2 giugno e integrità del monte ore PAR

In relazione al comunicato aziendale riguardante il ripristino della festività del 2 giugno (legge 336/2000), con cui si annuncia l'intendimento di procedere a fine anno alla monetizzazione di otto ore di permessi annui retribuiti (Par), e alla corrispondente riduzione di otto ore del monte ore annuo disponibile, nel mentre ribadiamo la illegittimità dell'interpretazione da Voi proposta che produrrebbe una modifica negativa e unilaterale della norma contrattuale,

richiediamo il mantenimento dell'integrità del monte ore Par a disposizione dei lavoratori, con le relative modalità di effettiva fruizione, ai sensi dell'art. 5 disciplina generale, sezione terza del CCnl 8 giugno 1999.

Vi anticipiamo che la scrivente Organizzazione sindacale (o RSU) è impegnata ad assicurare la positiva applicazione della normativa in materia di orari e permessi retribuiti, qualora riteneste di insistere nell'intento dichiarato.

Distinti saluti.

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