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Il numero di maggio '00

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Gli articoli
Referendum: respinto l'attacco ai lavoratori
D'Antoni scegli: o il sindacato o la politica
Kosovo: primi interventi con i soldi dei lavoratori
Quote-tessera 2000-2001
Artigiani: disdettato l'accordo sui due livelli della contrattazione
Licenziamenti: ipotesi di accordo sull'arbitrato
Sices: relazioni sindacali ad una svolta
Affitti: parte il contributo per i redditi deboli
 

Referendum

Respinto l'attacco ai lavoratori ed al sindacato, ma

Necessaria una riflessione sul rapporto tra sindacato e politica in casa Cisl

Si è chiusa, infelicemente per i promotori, la recente partita referendaria. La Fim deve indubbiamente trarre motivo di soddisfazione soprattutto per il fallimento dei due referendum antisociali, ugualmente valuta in termini positivi il chiaro segnale di rifiuto che i cittadini hanno inviato a chi pensava di distorcere l'uso di questo importante istituto democratico, per trasformarlo in uno strumento di messa in mora sistematica del sistema di rappresentanza politica, cioè del Parlamento.

Detto questo è opportuno però fare qualche riflessione in più.

La prima è un richiamo alla coerenza.

Alcune delle forze politiche che hanno sostenuto attivamente la campagna per l'astensionismo, con il motivo che si deve combattere l'uso inflazionato ed improprio del referendum e quindi della democrazia diretta, sono le stesse che spesso in fabbrica sostengono la tesi esattamente opposta, contro il sindacato confederale e la democrazia delegata gestita dalle Rsu. E' bene ora che i lavoratori siano messi nelle condizioni di trarre le loro conseguenze sulla strumentalità di queste posizioni.

La seconda è una preoccupazione.

La Fim ha sostenuto nelle fabbriche l'importanza di andare a votare, almeno sui due quesiti antisociali, e di votare NO, lasciando alla coscienza ed alle valutazioni di ogni lavoratore la decisione in merito agli altri quesiti. Con l'indicazione di andare a votare, la Fim non ha voluto approvare l'uso che è stato fatto dello strumento referendario, uso che ha fortemente condannato anche dalle colonne di questo giornale. Ha invece considerato due altri aspetti del problema. Il primo legato all'opportunità che comunque il referendum, soprattutto quello sui licenziamenti, dava ai lavoratori di dire una parola definitiva sul mantenimento dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Respingere il quesito referendario con un NO, avrebbe significato risolvere in modo decisivo il problema. Aver invece evitato di decidere ricorrendo all'astensione, lascia al Parlamento ed alle maggioranze che in quella sede si possono formare, la facoltà di regolamentare diversamente la materia dei licenziamenti, anche emendando l'articolo 18. Questo è appunto ciò che viene già proposto da due disegni di legge depositati alle Camere, uno della destra e uno della sinistra, a conferma che il problema continuerà a sussistere. L'altro aspetto che non va trascurato è l'acqua che la campagna astensionista porta oggettivamente al mulino del qualunquismo o comunque dell'apatia e dell'insofferenza per la politica, l'esatto contrario di quanto il sindacato sostiene in tutte le sedi, ossia l'importanza della partecipazione e del protagonismo dei lavoratori e dei cittadini alle decisioni ed alle scelte che li riguardano, a tutti i livelli. Combattere l'uso improprio di uno strumento democratico significa impegnarsi per una sua diversa regolamentazione, concepita in termini tali da evitarne gli abusi, non boicottarne la partecipazione. I rischi di questa seconda strada, da quanto detto, sono fin troppo evidenti.

La terza riflessione non può che essere legata al rapporto tra la Cisl e la politica.

Nella Fim abbiamo sempre interpretato questo rapporto sulla base dell'autonomia, ossia l'individuazione di un perimetro di materie proprie della riflessione e dell'iniziativa sindacale, quali sono le materie di tipo contrattuale ed economico-sociale in senso più lato; l'elaborazione di nostre posizioni sulle questioni che attengono a queste materie; il giudizio delle politiche dei governi e delle proposte dei partiti sulle stesse questioni a partire dalla vicinanza o dalla distanza con le nostre posizioni e non con l'appartenenza delle forze politiche che si esprimono ad uno schieramento piuttosto che ad un altro. Nella Cisl si è sempre insegnato che si può uscire da questo ©perimetroª solo quando sono in gioco i valori democratici o rilevanti interessi per il movimento dei lavoratori.

Ci si chiede se la linea che esprime la Cisl in questi ultimi mesi, ed in particolare il suo Segretario Generale, stia ancora all'interno di questi binari. Francamente ci pare di no. Non è qui in discussione la legittimità per chiunque all'interno della Cisl di esprimere la propria opinione. Né si vogliono fare valutazioni sull'opportunità dell'uso di questa ampia libertà esistente nella nostra organizzazione da parte di chi ricopre al suo interno rilevanti responsabilità. Ciò che è in discussione è l'uso dell'organizzazione sindacale e della sua immagine pubblica per influenzare scelte politiche di natura elettorale e di riassetto conseguente del sistema dei partiti politici, perché è evidente che a questo siamo arrivati.

Da un punto di vista sindacale, anche aperto a 360 gradi, è infatti difficile seguire il ragionamento di chi chiede sette NO ai referendum, perché intesi a semplificare il pluralismo democratico all'interno del Paese. Cosa c'entra ad esempio questo argomento con gli incarichi extra-giudiziali dei magistrati? Si ha paura che se non si dà un'indicazione univoca qualche lavoratore voti SI all'abrogazione dell'articolo 18, anche se tutti i sondaggi hanno anticipato ciò che poi l'esito delle urne ha dimostrato e cioè che in questo caso la maggioranza del NO era scontata?

Purtroppo la preoccupazione che ha portato la Segreteria Confederale della Cisl a schierarsi prima per il NO a tutti e sette i referendum e poi per l'astensione (quando i sondaggi l'hanno indicata come l'ipotesi più probabile), non pare essere stata tanto quella relativa all'esito dei referendum anti-sociali, quanto quella relativa al referendum elettorale, il referendum che, se fosse passato, sarebbe stato sicuramente vincente. Per quanto possa essere importante la materia elettorale, ci si chiede se valga uno schieramento pubblico così forte della Cisl, di un sindacato cioè, se valga un'alleanza di fatto, almeno discutibile, con alcune forze politiche, se valga una sovraesposizione del proprio Segretario Generale sulla questione, tanto da passare più come il difensore del proporzionalismo, che non come il segretario di una confederazione, se sia possibile mantenere l'equivoco di un Segretario Generale che si pone come riferimento importante dell'aggregazione delle forze politiche centriste. Tutto questo fa parte ormai evidentemente di un progetto che non può più essere circoscritto al più volte annunciato o sussurrato sbocco politico di D'Antoni, ma che a questo punto mette in discussione nei fatti il rapporto della Cisl con la politica e l'interpretazione che la nostra organizzazione ha dato dell'autonomia a partire dalla fine degli anni '60.

In un'organizzazione laica tutto può ragionevolmente essere rimesso in discussione, l'importante è che lo si faccia in modo chiaro, trasparente ed esplicito.

Se non è questa la volontà è bene ed è giusto che la Fim si batta e diventi un punto di riferimento all'interno della Cisl per tutti coloro che ritengono importante riportare la nostra organizzazione nell'alveo della sua tradizione consolidata.

SM

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D'Antoni scegli: o il sindacato o la politica

Lettera aperta al gruppo dirigente, ai delegati e ai militanti della FIM CISL in Lombardia

In questi giorni la stampa nazionale si occupa quotidianamente ed in maniera diffusa dei progetti e delle pubbliche uscite del nostro segretario generale confederale Sergio D'Antoni, anche in rapporto ad un suo eventuale imminente impegno diretto in politica.

Non c'è dubbio che tale esposizione sia appositamente ampliata dal mondo della stampa, mai particolarmente tenero con D'Antoni e la Cisl e sempre interessato a esaltare tutto ciò che in politica è futuribile.

Tuttavia dobbiamo notare che le eventuali congetture della stampa non solo non sono adeguatamente corrette da D'Antoni (che in ogni caso ha ampio accesso al mondo dei media) ma talvolta sono alimentate da sue dichiarazioni.

Soprattutto in occasione dell'attuale campagna referendaria, D'Antoni ha assunto un ruolo che sicuramente travalica il ruolo di segretario generale della Cisl.

Vogliamo assicurarvi che la Cisl non ha assunto in nessuno dei propri organismi alcuna decisione relativamente ad un impegno diretto nei confronti del mondo politico (in particolare per la ricostruzione ed il rilancio del centro o di un partito), non ha deciso di sostenere le ragioni del NO circa il referendum sul sistema elettorale né ha deciso di invitare i propri iscritti e cittadini ad astenersi dal voto referendario il prossimo 21 maggio.

E' evidente pertanto che le recenti e ripetute dichiarazioni di D'Antoni in questa direzione sono del tutto personali.

Ma vi è un confine oltre il quale la libertà di esprimere opinioni personali confligge con il ruolo di rappresentanza dell'organizzazione assegnato al Segretario Generale.

Le sue esternazioni pubbliche ci sembrano quanto meno fuori luogo e risultano sicuramente in contrasto con il pluralismo della Cisl che il segretario generale ha il dovere di rappresentare. Vogliamo pertanto invitarvi, in questi ultimi giorni di campagna referendaria, a sostenere tra i lavoratori ed i cittadini le ragioni del NO ai due referendum antisociali sul licenziamento e sulle trattenute sindacali e ad invitarli ad andare a votare. Crediamo infatti profondamente sbagliato che agli occhi degli iscritti e della gente un soggetto sociale come il sindacato confederale e la Cisl, forte sostenitore della democrazia e della partecipazione diretta, possa giustificare e sostenere le ragioni dell'astensionismo dal voto.

Circa il rapporto con la politica vi garantiamo l'impegno nostro e delle nostre strutture affinchè la Cisl resti la casa di chiunque creda ai valori e alle strategie che essa propone, indipendentemente dal credo o orientamento politico di ciascuno. Questo è stato ed è ancora la forza e la bella anomalia di un sindacato vivo ed attivo come il nostro.

La Cisl non può diventare il sindacato di una sola area politica o partitica né può essere usata o spesa, come rischia di accadere per mano di D'Antoni, per favorire progetti politici. L'autonomia e la incompatibilità tra dirigenza sindacale e ruolo politico rimangono caratteristiche distintive della Cisl e occorre evitare che esse siano intaccate. Esse si difendono non solo nelle relazioni congressuali o negli statuti, ma soprattutto con il coerente comportamento dei dirigenti, a partire da quelli massimi.

Se a tutto ciò aggiungiamo le molteplici responsabilità assunte da D'Antoni nel mondo dello sport professionistico, la confusione e il disorientamento per i ruoli da lui ricoperti diventano ancora più grandi.

Il disagio che si percepisce tra delegati e dirigenti è sensibile e sicuramente non può continuare a rimanere nell'ambito dei corridoi o all'esterno della vita dell'organizzazione.

Auspichiamo che Sergio D'Antoni chiarisca rapidamente a se stesso e all'organizzazione ogni intenzione eventuale circa il proprio futuro e che questo non ci venga comunicato dai giornali. Un suo eventuale salto in politica non deve disorientarci, ma sicuramente esso dovrà coincidere con la separazione tra il suo percorso personale e quello della Cisl, che non ha motivi per deviare dalla propria storia e dalla propria missione.

Segreteria regionale FIM Lombardia

Segretari generali FIM t.li Lombarde 15.5.2000

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Kosovo

Con i soldi dei lavoratori partono i primi interventi

Avvio dei primi progetti con parte dei fondi raccolti dalla sottoscrizione dello scorso anno lanciata congiuntamente da Cgil Cisl Uil e Confindustria.

A seguito della gravissima crisi scoppiata in Kosovo nel marzo del 1999, le organizzazioni sindacali italiane e Confindustria avevano attivato una campagna nazionale per la raccolta di fondi destinata alle popolazioni del Kosovo . Ad un anno dal lancio della campagna la cifra complessivamente raccolta dalle confederazioni tra i lavoratori e da Confindustria tra i propri associati è di L. 11.389.030.082.

Nei giorni scorsi le organizzazioni sindacali CGIL CISL UIL e la Confindustria hanno raggiunto un accordo per la definizione di progetti a cui destinare una prima parte dei fondi raccolti secondo le seguenti priorità.

Ristrutturazione di alcuni reparti dell'Ospedale di Pec-Peje (ostetricia, ortopedia, medicina interna, un ambulatorio); riabilitazione di due edifici scolastici e di una palestra ( a Klina e Prizren); realizzazione di una discarica controllata di rifiuti, compresa la raccolta, il trasporto e lo smaltimento presso Kosovo Polje; messa in sicurezza della Miniera di Trepca a Mitrovica (in cui lavorano circa 200 minatori).

CGIL CISL UIL e Confindustria hanno costituito in collaborazione con i responsabili della Missione Arcobaleno un comitato di monitoraggio dei progetti, che verificherà la realizzazione degli obiettivi nei modi e nei tempi convenuti. Nei prossimi mesi seguiranno ulteriori informazioni sugli sviluppi dell'intervento.

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Le quote tessera 2000-2001

Adeguamento all'aumento contrattuale decorso dal 1° luglio 1999

Tabella quota tessera

A partire dal mese di maggio 2000 il contributo sindacale a Fim Fiom Uilm recupera il primo aumento salariale del contratto dell'industria metalmeccanica, che è stato mediamente di Lit. 43.000.

La tessera viene infatti calcolata sulla base dell'1% dei minimi retributivi conglobati (cioè i minimi contrattuali più la contingenza ) più EDR vigenti al mese di febbraio di ogni anno e quindi aumenta se nel corso dell'anno precedente sono stati erogati aumenti contrattuali, appunto come è successo nel 1999.

L'aumento medio della tessera è di 450 lire medie (al 5° livello) al mese.

Per il settore artigiano il costo della tessera sindacale resta quello del 1999, non essendoci stati lo scorso anno aumenti contrattuali.

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Artigiani

La CGIA disdetta l'accordo sui due livelli della contrattazione

La disdetta da parte della maggiore organizzazione associativa delle imprese artigiane è partita il 16 maggio, alla vigilia dello sciopero generale dei lavoratori del settore artigiano. Tiepida l'adesione allo sciopero del 17 maggio da parte dei lavoratori dell'industria. Eccessiva sottovalutazione delle strategie delle controparti.

La Confederazione Nazionale dell'Artigianato ha voluto, con la disdetta dell'accordo del 1992 sul sistema di contrattazione nel settore, portare a fondo l'attacco al sistema di regole, che fino a due anni fa aveva governato con correttezza e soddisfazione reciproca le relazioni sindacali nelle imprese artigiane.

Il sistema introdotto nel 1992 prevede, come per l'industria, due livelli di contrattazione, uno nazionale e uno decentrato. Il livello decentrato è negoziato in questo caso su base regionale.

Il sistema ha funzionato correttamente dal 1992 al 1998, quando le associazioni artigiane hanno iniziato una lunga melina nella trattativa per il rinnovo di contratti regionali che ad oggi, dopo due anni dalla loro scadenza, sono ancora aperti. A giugno scade anche il contratto nazionale e quindi tutto il settore artigiano si troverà senza copertura contrattuale. Era facile intuire la strategia delle associazioni artigiane ed in particolare della CNA: trascinare il rinnovo del contratto regionale alla scadenza di quello nazionale per poi concentrare il tutto in un'unica trattativa che selezionasse quale dei due contratti rinnovare, passando dai due livelli contrattuali vigenti ad uno unico.

Il gioco si è chiarito con la disdetta dell'accordo del 1992, anche se, per il momento, è stata inviata solo dalla CNA, la maggiore delle tre confederazioni artigiane. Nel comunicato che la accompagna, questa organizzazione sostiene di volere un nuovo sistema che privilegi la contrattazione territoriale, lasciando al livello nazionale il compito di stabilire "i minimi salariali e quelle norme che consentano, laddove non vi sarà contrattazione di secondo livello, il normale svolgimento del rapporto di lavoro".

Viene pertanto implicitamente riconosciuto che il secondo livello di contrattazione non potrà essere esigibile e che in quel caso varranno norme minime e quindi un salario senz'altro inferiore a quello contrattato oggi.

Secondo la CNA inoltre il livello regionale-territoriale "potrà derogare praticamente a tutte le normative stabilite dal contratto nazionale, potrà stabilire propri campi di applicazione, contrattare su tutte le politiche dello sviluppo locale e stabilire incrementi salariali corrispondenti alle specifiche realtà". Con questa impostazione, secondo l'organizzazione degli artigiani, potrà essere evitato il lavoro "senza regole" (leggi: nero) in alcune parti del territorio nazionale. In effetti ciò sarà molto improbabile, ma in compenso questo argomento servirà a peggiorare le condizioni di chi già lavora in regola.

Dagli argomenti della CNA esce quindi il quadro seguente: ci saranno territori che avranno un contratto locale, ma in deroga a quello nazionale, in altri territori non ci sarà alcun contratto territoriale e si applicheranno solo le "norme minime" previste dal contratto nazionale, forse da qualche parte, ma sarà difficile, si applicheranno i due livelli, ma quello decentrato potrà contenere deroghe a quello nazionale.

Come si vede è un sistema che nel complesso rischia di riportare gran parte della categoria a prima del 1992, con un contatto nazionale povero, spesso rinnovato con anni di ritardo e con mano libera per la contrattazione individuale del salario in quelle poche situazioni in cui sarà possibile. La Cisl, già nella verifica dell'accordo del luglio 1993 che si fece in occasione del cosiddetto Patto di Natale del 1998, avanzò la proposta di una maggiore valorizzazione della contrattazione decentrata rispetto a quella nazionale. Ma il perno fondamentale attorno a cui girava questa riforma era l'esigibilità del secondo livello di contrattazione, quello che nella proposta della CNA manca completamente.

E' quindi stato giusto scendere in sciopero di otto ore il 17 maggio con le due ore di solidarietà da parte dei lavoratori dell'industria.

La partecipazione però non è stata al livello delle attese e delle necessità. In particolare nell'industria non c'è stato il tempo sufficiente di spiegare in tutte le assemblee dei lavoratori che l'eventuale "semplificazione" contrattuale nel settore artigiano potrebbe facilitare un'analoga scelta da parte di Confindustria, che non perde ormai occasione per attaccare i due livelli di contrattazione.

Nell'industria la contrattazione aziendale è ormai pienamente avviata e alla fine dell'anno si dovrebbe tenere la contrattazione "di mezzo" dei minimi salariali contrattuali. E' importante che in tutti ci sia la consapevolezza che la nostra controparte non è del tutto "rassegnata" a rispettare queste scadenze.

S.M.

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Licenziamenti

La bocciatura del referendum riapre la strada alla ricerca di un accordo sull'arbitrato

Nei giorni scorsi stampa e telegiornali hanno parlato di una nuova spaccatura insorta tra sindacati e Confindustria, ed all'interno dei sindacati stessi, in merito ad una nuova regolamentazione delle procedure per il licenziamento individuale per giusta causa (motivi disciplinari).

In molti hanno fatto confusione, causando inutili allarmismi tra i lavoratori su un punto molto delicato e recentemente oggetto della campagna referendaria.

E' quindi opportuno fare alcune precisazioni.

Già in un numero precedente "Informazione Fim" aveva dato notizia di una trattativa in corso per introdurre l'arbitrato, accanto al normale ricorso alla magistratura, nei casi di licenziamento individuale.

Di cosa si tratta?

Della possibilità di costituire in ogni provincia, da parte del sindacato e delle associazioni degli imprenditori, un collegio arbitrale, che potrà risolvere il contenzioso sui licenziamenti in alternativa alla strada giudiziaria.

Qual è il vantaggio?

Quello di abbreviare enormemente i tempi, pur lasciando inalterato l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. La scelta inoltre sarebbe volontaria: il lavoratore cioè potrebbe scegliere se ricorrere presso la magistratura (come è obbligato a fare oggi) o chiedendo

la costituzione del collegio arbitrale.

La trattativa tra sindacato e imprese si era bloccata nel mese di gennaio, quando la Confindustria aveva aderito ufficialmente alla campagna referendaria, pensando di risolvere a suo favore con quello strumento la questione dei licenziamenti individuali. Fallito il referendum, la trattativa ha potuto riavviarsi, con la predisposizione di una bozza di accordo. L'accordo vero e proprio non è stato per il momento sottoscritto, per una differente valutazione delle cause che consentirebbero l'impugnabilità del lodo arbitrale. La divergenza è tra Confindustria e Organizzazione Sindacali, con una differenza all'interno di queste ultime e cioè che Cisl e Uil sarebbero disponibili ad una fase limitata di sperimentazione anche con la bozza di intesa a cui si è arrivati, mentre la Cgil sostiene che il problema va risolto prima dell'avvio della sperimentazione.

L'augurio è che si arrivi presto ad un accordo. L'arbitrato non lede infatti il diritto di reintegro del lavoratore nel caso di ingiusto licenziamento, mentre arriva al giudizio in un tempo massimo di 5 mesi contro i 12/18 mesi di attesa nel caso di procedimenti presso la magistratura. Tempi cioè che condannano il lavoratore a trovarsi un altro posto di lavoro anche quando ha palesemente ragione.

S.M.

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Sices: relazioni sindacali ad una svolta?

La Sices Spa di Lonate Ceppino è un'azienda di 250 dipendenti che produce grossi impianti per le raffinerie di petrolio. Il sindacato è presente già dagli anni '70 con alterne fortune. Alle difficoltà iniziali di sindacalizzazione è seguita una stagione tra la fine degli anni '70 e la prima metà degli anni '80 di buoni risultati sia di sindacalizzazione che di accordi fatti. A partire dalla fine degli anni '80 però la contrattazione ha incontrato forti difficoltà e il sistema di relazioni sindacali è stato fortemente messo in crisi. Significativa di questo periodo fu la vertenza del 1993, quando i lavoratori, in lotta per il contratto aziendale, furono costretti al blocco totale dei cancelli (giorno e notte) per una settimana, riuscendo ad ottenere solo la firma di un' "una tantum". Nel 1995 si riuscì a stipulare un accordo sul premio di risultato, in gran parte vanificato però nella fase di gestione della volontà aziendale di non voler affrontare i problemi che ostacolavano il raggiungimento degli obiettivi. Gli anni di vigenza dell'accordo sono così stati anni di grande tensione, con il sindacato e la Rsu costretti a rivolgersi alla Commissione Provinciale di Conciliazione.

Altra questione di controversia è stata quella delle trasferte, un istituto diffuso nelle aziende di impiantistica quali la Sices. Anche in questo caso una soluzione, tra l'altro parziale, ai problemi si è trova trovata solo davanti al Pretore. Non parliamo poi delle tensioni continue sui temi della sicurezza sul lavoro.

Nel maggio di quest'anno sono però stati siglati due importanti accordi: uno che ha completato tutta la tematica delle trasferte (dopo una trattativa durata circa un anno) e l'altro che ha ridefinito il premio di risultato.

Non entriamo nel merito dell'accordo sulle trasferte poichè è molto complesso (chi ne volesse copia può richiederla in Fim o cercarla in Intranet Cisl). Vediamo invece cosa prevede il premio di risultato, dal momento che introduce alcuni elementi nuovi rispetto alla scorsa tornata.

L'accordo ha una validità quadriennale e il premio è legato a quattro indici tra loro indipendenti: redditività/ MOL (72%), puntualità delle consegne (10%), costi della non qualità (9%), indice di sicurezza (9%), il tutto per un premio complessivo al raggiungimento del 100% pari a Lit. 2.150.000.

Uno dei due aspetti di novità da segnalare è l'indice di puntualità delle consegne, un'elemento nuovo che sta caratterizzando sempre più la possibilità per le aziende di stare sul mercato e che apre una possibilità di discussione sulla gestione degli orari di lavoro, in una situazione in cui tale tema è sempre stato di esclusiva gestione aziendale. L'altro è l'indice di sicurezza, cioè di rispetto delle norme antinfortunistiche e della necessità di dare corrette informazioni ai lavoratori e metterli nelle condizioni di ridurre il rischio di infortuni, che pare stia diventando un elemento discriminatorio nelle gare di appalto, soprattutto quelle più significative.

Una volta definito il premio, lo stesso va poi riparametrato sui livelli (fissando il 100% al 5° livello e parificando il coefficiente del 5s con il 6° livello) e viene considerata la presenza. Qui la novità stà nel fatto che il 100% del premio viene erogato anche con una percentuale di assenteismo che non superi il 5%, dentro uno spettro di variazione che può oscillare tra lo 0,70% del premio per un assenteismo superiore al 10% ed il 130% del premio per assenteismo 0

Su tali temi ci sembra importante scambiare i pareri anche con altre realtà dove vengono proposti. Per quanto riguarda la Sices, ci sembra insomma che i segnali di cambiamento annunciati dalla Direzione del Personale siano positivi; attendiamo di verificarne la gestione. 

Loris Andreotti

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Affitti

Parte il contributo per i redditi deboli

Gli uffici del Sicet presso la Cisl di Varese a disposizione per la compilazione delle pratiche

Finalmente diventa realtà il contributo pubblico per chi è in difficoltà a sostenere la spesa per l'affitto della casa. Questa misura, sollecitata anche dalle colonne di "Informazione Fim" alcuni anni fa, grazie ad una tenace pressione dei sindacati inquilini è stata recentemente introdotta dalla legge 431/98 all'art.11 e con la finanziaria 2000 è stata dotata delle risorse minime necessarie per il suo avvio operativo. Le risorse in effetti sono ancora molto limitate e occorrerà mantenere una adeguata pressione per aumentarle, ma è comunque l'avvio di una riforma intesa a rendere più concreto il diritto alla casa per le famiglie in difficoltà economiche e quindi ad affermare un diritto di civiltà.

La Cisl di Varese, a partire dal mese di maggio, ha organizzato uno sportello presso la sede del Sicet per fornire informazioni e per assistere nella compilazione della domanda i lavoratori ed i cittadini che intendono avvalersi di questa opportunità .

Nel riquadro si trovano gli orari, la sede ed il recapito telefonico del servizio.

Diamo qui di seguito i requisiti, la documentazione ed i tempi entro i quali occorre presentare la domanda.

Beneficiari

Requisiti principali per accedere al contributo:

- residenza nel comune da almeno tre mesi di un componente del nucleo familiare;

- contratto d'affitto registrato per il 1999;

- assenza di proprietà di un alloggio proporzionato al numero dei componenti del nucleo familiare;

- per gli sfrattati, con provvedimento di sfratto esecutivo, un nuovo contratto stipulato.

Documenti utili per la compilazione della domanda

- Dati anagrafici completi del titolare e dei familiari;

- dati catastali dell'immobile;

- contratto di locazione;

- mod. 730-740-cud anno 1999 per i redditi del 1998, il reddito va considerato al netto;

- titoli di stato ecc.;

- estratto conto bancario al 31.12.98.

Il contratto di locazione deve essere:

- regolarmente registrato;

- relativo ad unità immobiliari (escluse le categorie A1 – A8 – A9) con superficie utile netta non superiore a 95 mq, maggiorata del 10% per ogni ulteriore componente il nucleo familiare dopo il quarto.

Il reddito

Per ottenere il contributo, il nucleo familiare deve pagare un canone di locazione annuo superiore a quello "sopportabile". Per verificare se un canone di locazione è sopportabile o meno viene calcolato il rapporto tra canone di locazione e la reale condizione numerica e socioeconomica del nucleo familiare. La situazione socioeconomica è determinata secondo i parametri stabiliti dalla Dlgs 109/98 (ISEE-FSA).

Il contributo e' determinato in rapporto alla:

- composizione del nucleo familiare;

- situazione economica del nucleo familiare.

La scadenza

Il 30.6.2000 è il termine ultimo per la presentazione delle domande per ottenere il contributo, fatta eccezione per gli sfrattati per i quali il termine resta fissato al 31.5.2000.

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