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Il numero di gennaio '00

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Gli articoli
Referendum radicali ... referendum padronali
Referendum: la Confindustria dice si
Referendum: salta il Patto per il Lavoro in provincia di Varese
La Uil e l'autonomia del sindacato
Gli effetti normativi del contratto dal 1 gennaio 2000
Malattia: più vessatori i controlli INPS
TFR e previdenza integrativa nei decreti del Governo
Cometa: partono gli investimenti
IECI: la gestione della sicurezza
Aumenti retributivi per gli artigiani
DUPLOMATIC di Busto: si licenzia

 

Referendum radicali…

…referendum padronali

Dalla metà di gennaio le pagine dei giornali riportano con una certa continuità interventi sui referendum promossi dal partito radicale con una raccolta di firme conclusa nello scorso mese di settembre. A metà gennaio infatti la Corte di Cassazione ha dichiarato ammissibili tutti i referendum proposti, che sono 21 (a quelli radicali se ne affiancano due proposti da Alleanza Nazionale e dalla Lega). L'ammissibilità deve essere sottoposta, entro il 10 di febbraio, ad un ulteriore giudizio, quello della Corte Costituzionale, poi sarà il Governo a dover indicare la data della consultazione, presumibilmente nella tarda primavera, dopo il voto di marzo per le elezioni regionali.

Il clamore sui referendum è stato però suscitato anche da una presa di posizione pubblica della Confindustria, che si è schierata a favore dei cosiddetti "referendum sociali", che meglio sarebbe definire "a-sociali". Sono appunto questi referendum che suscitano l'allarme e la preoccupazione del movimento sindacale, perché potrebbero avere effetti dirompenti sia sulle condizioni del rapporto di lavoro, sia sulle relazioni sindacali.

Per questo è importante che sin da ora parta un lavoro di sensibilizzazione tra i lavoratori, perché nonostante la stampa e nonostante la televisione, la disattenzione su questi problemi all'interno delle fabbriche è purtroppo ancora molto diffusa.

Il compito che si propone questo articolo è quindi di dare una prima informazione, schematica ma chiara, sul contenuto e sugli effetti dei referendum "a-sociali".

I referendum in questione sono 8, compresi tra i 21 proposti, e toccano materie relative allo stato sociale, al mercato del lavoro, al rapporto di lavoro.

Vediamoli qui di seguito sinteticamente.

I referendum riguardanti lo stato sociale sono tre. Il primo abolisce l'obbligo di iscriversi al Servizio sanitario nazionale, e quindi di versare la relativa contribuzione. Introduce in alternativa la possibilità di pagare un'assicurazione privata. L'obiettivo è chiaro: finanziare la nascita di una sanità di serie A, privata, per chi se la può permettere e lasciare quella pubblica, ad un livello più basso, per chi è costretto ad accontentarsi. Oggi in ospedale sia il disoccupato che il "padrone delle ferriere" fruiscono di servizi sanitari della medesima qualità. In alternativa i radicali vorrebbero che la qualità del servizio fosse invece legata alla disponibilità del reddito di chi lo acquista, con l'effetto ulteriore di trasformare un servizio pubblico in un business privato. Il tutto viene coperto dai soliti slogan fumosi del "privato bello" e del "pubblico burocratico e carrozzone", senza nemmeno chiedersi perché nel paese europeo dove la cultura liberista e le privatizzazioni conseguenti si sono maggiormente diffuse ed affermate, la Gran Bretagna, nessuno si è mai sognato di privatizzare la sanità o perché negli Stati Uniti, dove la sanità è privatizzata, da alcuni anni è aperta la discussione sull'esigenza di una sua maggiore pubblicizzazione, per sanare i guasti creati in questo settore da operatori guidati prevalentemente dalla legge del profitto. Il secondo referendum vuole introdurre una privatizzazione analoga nell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, abolendo l'obbligo per il lavoratore e per il datore di lavoro dell'iscrizione all'Inail. Il terzo referendum sullo stato sociale prevede l'abolizione subito delle pensioni di anzianità e non necessita di nessun ulteriore commento.

Sul mercato del lavoro un referendum chiede la privatizzazione senza vincoli del servizio di collocamento. Questo servizio oggi è già privatizzato, ma con una serie di vincoli che ne rendono difficoltosa la gestione privatistica. In effetti alcuni di questi vincoli, come quello che prevede che le agenzie di collocamento private non possano svolgere nessun' altra attività, come ad esempio quella di formazione/riqualificazione, sono senz'altro incomprensibili, senonchè il referendum non si limita a questo intervento, ma abolisce anche l'obbligo per i privati di garantire un servizio gratuito al disoccupato. Anche qui l'ottica è quella dei due livelli. Chi paga, o chi ha soldi per pagare, avrà il servizio privato e qualificato, chi non paga dovrà accontentarsi del "carrozzone pubblico".

I referendum che riguardano il rapporto di lavoro sono quattro. Tre riguardano il cosiddetto lavoro "atipico" o flessibile: il primo il rapporto di lavoro a tempo determinato, il secondo il part time, il terzo il lavoro a domicilio. In questo caso i referendum abrogano tutti i vincoli legislativi a favore del lavoratore. Nel primo caso l'effetto è quello di consentire alle aziende di assumere a termine quando e come vogliono. Vengono aboliti infatti i limiti numerici, i limiti temporali, le causali e tutto ciò che può in qualche modo circoscrivere l'assunzione a termine. Nel caso del part time l'effetto è analogo, con una libertà in più, quella di modificare la fascia oraria concordata quando e come vuole l'azienda. L'azienda potrebbe cioè assumere per il pomeriggio e poi cambiare l'orario e costringere il lavoratore o la lavoratrice a presentarsi al lavoro al mattino, magari solo per un periodo, per poi cambiare ancora, magari chiedendo 8 ore solo per alcuni giorni alla settimana e magari proprio il fine settimana. Ovviamente tempo determinato e part time potrebbero essere sommati nello stesso contratto. Nel terzo caso l'abrogazione degli articoli di legge consentirebbe alle aziende di decentrare macchinari dai reparti, magari trasformando i dipendenti che ci lavorano in lavoranti a domicilio; consentirebbe inoltre alle stesse di determinare il prezzo del lavoro senza più riferimenti contrattuali e di valersi dell'opera di "caporali" per il reclutamento dei lavoratori e l'alimentazione del circuito del lavoro a domicilio. In pratica si introdurrebbe per questi contratti la "legge della giungla" e si darebbe facoltà alle aziende, se lo vogliono, di aprire tutti i nuovi rapporti di lavoro in queste forme. Gli effetti sul mondo del lavoro sono facilmente comprensibili: si renderebbe ancor più radicale la contraddizione che già oggi c'è tra chi ha un lavoro dipendente a tempo indeterminato e full time e chi invece può entrare in azienda solo con le nuove condizioni, od è costretto al lavoro a domicilio alle condizioni imposte dall'azienda. Ciò non può che peggiorare il clima tra i lavoratori e all'interno dei luoghi di lavoro. Si condannerebbero inoltre i giovani ad una precarietà indefinita, scoraggiando ulteriormente l'uscita dalla famiglia per costruirsi una propria autonomia. Si irrigidirebbero infine i rapporti sindacali nel caso di ristrutturazioni aziendali: chi uscirebbe dall'azienda potrebbe rientrare infatti solo alle nuove condizioni. Anche in questo caso la filosofia è la solita: chi è forte, in questo caso in termini professionali, saprà contrattarsi l'assunzione a tempo indeterminato, perché la potrà porre come condizione all'azienda che ha bisogno di lui, chi non si trova in questa condizione nel momento in cui ha bisogno di lavorare, dovrà accettare la precarietà. E tutti sappiamo come oggi la rapida evoluzione tecnologica sia in grado di rendere obsolete in poco tempo anche professionalità forti.

Ma gli effetti sono negativi anche per il sistema produttivo. La sua competitività dipende infatti non solo dalla flessibilità, ma anche e soprattutto da altri fattori, come gli investimenti tecnologici, l'innovazione organizzativa, la qualità, la formazione e riqualificazione professionale. Favorire eccessivamente uno di questi fattori, quello cioè della flessibilità, vuol dire attenuare l'importanza relativa degli altri nella cultura imprenditoriale, accentuando le criticità che già sono presenti nel nostro sistema produttivo e quindi la sua arretratezza rispetto ai competitori europei.

Pensare infine che con questi sistemi si favorisca l'emersione dal lavoro nero o il passaggio al lavoro dipendente da altre forme di lavoro più precario, come la collaborazione coordinata e continuata, è in gran parte un'illusione. Già lo si è visto con il lavoro interinale. Queste nuove forme di lavoro si affiancano alle altre, ma le sostituiscono solo in minima parte. Il lavoro nero o quello delle cooperative continua infatti a costare meno sia in termini salariali, che contributivi, che di obblighi contrattuali e quindi continuerà ad essere richiesto nella misura in cui non ci saranno seri interventi repressivi. Ad essere sostituito è invece il rapporto a tempo indeterminato. Già oggi più del 50% delle assunzioni sono realizzate con rapporti "atipici". Con la differenza che i "vincoli" odierni, quelli che i radicali vogliono abolire, costringono poi le aziende, nella maggioranza dei casi, a trasformare nel tempo questi rapporti precari in rapporti stabili. Se i vincoli venissero aboliti sarebbe la precarietà a divenire stabile nei rapporti di lavoro.

L'ultimo dei referendum "a-sociali" è quello sui licenziamenti. Anche in questo caso la filosofia è chiara: dopo che si è introdotta la "legge della giungla" per i nuovi rapporti di lavoro, occorre rendere più facile la risoluzione di quelli precedenti, quelli aperti sulla base delle regole "rigide", di modo che anche una parte dei lavoratori che oggi sono "garantiti" possano rientrare nel sistema come precari.

Il referendum si propone infatti di abolire la norma dello statuto dei lavoratori che prevede la reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore che è licenziato senza giusta causa o giustificato motivo. Abolita questa norma, il lavoratore interessato al licenziamento, nel caso dimostri di aver ragione, potrà ricevere in cambio un risarcimento da un minimo di 2,5 mensilità ad un massimo di 14 (limitato però solo ai lavoratori di aziende superiori ai 15 dipendenti, con anzianità superiore ai 20 anni e comunque come massimale non riconosciuto automaticamente, ma a discrezione dell'Ufficio del lavoro o del pretore). Viene quindi introdotta la libertà di licenziare con un costo tutto sommato contenuto. Quando il datore di lavoro non ha difficoltà a sostenere il costo, il licenziamento è subito fatto. Anche in questo caso vale la filosofia dei soldi, quella che i radicali chiamano "pensiero liberale e liberista", secondo cui chi può usare a discrezione le disponibilità economiche generate dall'azienda (il padrone) si compera il diritto al licenziamento. Chi non ha questa prerogativa (il lavoratore) il licenziamento "se lo cucca", ovviamente dopo aver contribuito a generare le risorse che servono a pagargli il "ben servito".

Oggi Confindustria dice che sarebbe disposta ad accettare una legge che, in cambio dell'abolizione della reintegrazione, aumenti i costi economici del licenziamento, facendo riferimento a proposte di legge già presenti in Parlamento. Sono le solite dichiarazioni che servono ad addolcire la pillola. A referendum passato è fin troppo facile prevedere come ci saranno da parte degli imprenditori grandi vuoti di memoria su queste dichiarazioni.

Il problema in effetti è un altro e lo aveva ben inquadrato il premio nobel Modigliani già alcuni anni fa. Le maggiori flessibilità, compresa una maggior facilità di licenziare, sono socialmente accettabili nella misura in cui risulti molto più facile trovare una nuova occupazione, con condizioni di lavoro non eccessivamente lontane da quelle precedenti, una volta che si è persa la vecchia. E inoltre nella misura in cui il lavoratore anziano, che perde il posto di lavoro, possa contare su tutele particolari che lo aiutino dentro un mercato del lavoro che altrimenti gli renderebbe ostica la concorrenza dei giovani.

Confindustria, con il solito atteggiamento che la riguarda, vuole la libertà di licenziare, ma non pensa neppure lontanamente a contribuire alla costruzione delle condizioni che potrebbero aiutare ad affrontare in modo costruttivo i termini di una discussione pur così difficile.

E' più semplice aprire la campagna a favore dei referendum.

  S.M.

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Referendum a-sociali

La Confindustria dice sì

Qualcuno è rimasto sorpreso che a metà gennaio Confindustria abbia ufficialmente appoggiato gli otto referendum a carattere sociale. In realtà il rapporto tra l'imprenditoria italiana ed i radicali è iniziato prima della raccolta delle firme e non sorprenderebbe se alla fine saltasse fuori che, anche in termini economici, il contributo più consistente è venuto da lì. Nel momento in cui i radicali hanno lanciato la campagna dei referendum "liberali e liberisti", nell'estate dello scorso anno, è stato costituito un Comitato nazionale d'onore diviso per sezioni, con il compito di presiedere la campagna di raccolta delle firme, per la quale, tra le altre cose, sono state spedite 20 milioni di lettere ad altrettante famiglie italiane. La sezione "economia, impresa e lavoro" è stata costituita con l'adesione di 65 membri, di cui 59 imprenditori (da Benetton, a Della Valle, a Marcegaglia, a Pininfarina per citare alcuni tra i più noti). Di questi 29 ricoprivano al momento dell'adesione cariche presidenziali di strutture associative imprenditoriali, tra cui 10 di Associazioni territoriali e di categoria legate a Confindustria. Era quindi abbastanza scontata l'adesione di questa organizzazione. Il problema semmai è la sua tempistica. Perché cioè Confindustria non ha aspettato il momento della campagna per la consultazione, ma ha voluto esprimersi subito? Se infatti è vero ciò che dice Fossa, che cioè i referendum sono comunque uno strumento rozzo per la definizione di questi problemi e che sarebbero più opportune delle soluzioni parlamentari, non si capisce perché non abbia colto l'occasione dei referendum per chiedere queste soluzioni, riservandosi solo successivamente un eventuale pronunciamento. In realtà Confindustria vuole la "botte piena e la moglie ubriaca" insieme: ok alle soluzioni parlamentari, ma solo se sono adeguate e tempestive, così come prevedono i referendum. Perché non ci siano equivoci, campagna a favore da subito.

Il voto degli italiani però, o il non voto, potrebbe "rompere le uova nel paniere".

Dipende anche da noi.

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Referendum a-sociali

Salta la trattativa sul Patto per il lavoro in provincia di Varese

Non si sa se l'adesione della Confindustria ai referendum a-sociali porterà la tanto desiderata flessibilità nei rapporti di lavoro attraverso la consultazione del popolo italiano. Quello che è certo è che non porterà più la flessibilità, in questo caso contrattata, che si stava cercando faticosamente di negoziare a livello provinciale sul tavolo, appunto, del Patto per il lavoro (per i contenuti della trattativa rimandiamo al n. 104 di "Informazione Fim" dello scorso mese di ottobre).

I contenuti della trattativa, che vedeva coinvolti, per il momento, i vertici locali di Cgil Cisl Uil e dell'Associazione degli industriali, si sovrapponevano in gran parte a quelli oggetto dei referendum, in particolare la regolamentazione del contratto a tempo determinato e del part time. La maggior flessibilità in questo caso era discussa in forme che, pur non derogando ai contratti, venissero incontro insieme sia ad esigenze espresse dalle imprese, che dai lavoratori. Chiaramente lo stesso obiettivo non può essere perseguito contemporaneamente su due strade diverse e tra loro confliggenti, come quella della trattativa sindacale da una parte e quella dell'appoggio ai referendum dall'altra. Per questo Cgil Cisl e Uil hanno posto ad Univa una condizione per continuare a trattare, che i patti che alla fine si fossero eventualmente conseguiti, avrebbero dovuto essere rispettati dalle imprese a prescindere dalle eventuali innovazioni legislative che fossero intervenute, anche a seguito dei referendum. Una posizione del tutto corretta ed equilibrata sotto il profilo contrattuale. La risposta è stata secca: non è possibile. Con questo la trattativa è morta.

E' il primo risultato di chi, anche in provincia ha pensato di perseguire la politica "della botte piena e della moglie ubriaca".

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La Uil e l'autonomia del sindacato

Negli ultimi anni sono venuti parecchi attacchi alla Cisl, anche dall'interno del mondo sindacale, con accuse di scarsa autonomia verso il sistema politico. Alla nostra organizzazione, ed a D'Antoni in particolare, fu rimproverato a metà degli anni '90 di voler costituire un'associazione di sindacalisti che contribuisse alla rifondazione di un centro politico, dopo la scomparsa della Democrazie Cristiana. Nel '98 le fu rimproverato di tentare la stessa cosa con la proposta del Forum delle associazioni "cristianamente ispirate", visto come lo strumento per costruire la "Grande Cisl", fatta passare da questa critica come la base nella società civile di una nuova forza politica centrista.

Sia l'associazione che il Forum furono in effetti delle proposte interne alla Cisl, che con obiettivi differenti caratterizzarono il dibattito interno, a volte anche molto vivace. Ciò che però fu concretamente realizzato, anche per la forte sensibilità interna alla Cisl sul tema dell'autonomia del sindacato, fu molto poco rispetto alle stesse premesse con cui quelle proposte erano state lanciate e addirittura niente rispetto alle accuse che alla Cisl vennero dall'esterno.

Tra coloro che non mancarono di lanciare strali polemici ci furono le confederazioni "cugine" Cgil e Uil. Delle "travi" nell'occhio della Cgil sul tema dell'autonomia sindacale già abbiamo avuto modo di occuparci diffusamente su "Informazione Fim". Oggi è il turno della Uil. La notizia arriva dal Corriere della Sera e riguarda il recente congresso dei DS. Si è saputo che i DS hanno introdotto nel loro statuto la scorsa primavera la possibilità di accettare adesioni collettive, oltre che individuali, al partito. E' questa la base statutaria del cosiddetto "partito plurale". Ora si è venuti a sapere che tra i soggetti collettivi che hanno aderito ai DS uno è rappresentato dall'associazione "Riformisti europei" il cui presidente è un certo Giorgio Benvenuto socio fondatore della stessa insieme ad un altro "certo" Pietro Larizza. Pare che l'associazione abbia aderito ai DS forte di almeno 10.000 iscritti, pescati a quanto pare tra i quadri e gli associati della Uil, è facile anche immaginare come. Pare inoltre che in alcuni congressi di base dei DS, come in quello di Napoli, l'associazione abbia ottenuto posizioni di tutto rilievo all'interno del partito.

La Cisl si era limitata a fare una proposta, vivacemente e pubblicamente dibattuta al suo interno, pesantemente criticata all'esterno. Qualcuno l'ha tradotta in pratica, in forme anche disscutibili per chi sta nel sindacato, ma si trova in ben altri lidi ¼ dove tutto tace.

S.M.

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Gli effetti normativi del contratto

Pienamente in vigore dal 1° gennaio 2000 le innovazioni normative dell'ultimo rinnovo

Dal primo gennaio, è entrata pienamente in vigore anche la parte normativa convenuta nel rinnovo contrattuale dello scorso mese di giugno. In particolare sono state modificate o innovate le parti relative all'orario, ai permessi retribuiti, allo straordinario, alla banca ore, al lavoro part time, al lavoro a tempo determinato, al lavoro temporaneo o interinale, all'aspettativa, al volontariato, alla malattia, all'infortunio, al trattamento di fine rapporto.

"Informazione Fim", con questo articolo e con uno che sarà pubblicato sul prossimo numero, intende dare un quadro riassuntivo delle nuove norme introdotte e delle relative interpretazioni attuative.

In questo primo articolo, ci si soffermerà sugli istituti dei permessi retribuiti, della banca ore, del conto ore, della malattia, dell'infortunio, del trattamento di fine rapporto.

Permessi retribuiti

A partire dal 1 gennaio 2000 le ex festività e le Rol vengono unificate in un unico istituto, i Permessi annui retribuiti (PAR). In totale sono 13 giornate equivalenti a 104 ore (14, equivalenti a 112 ore, per il settore aeronautico). Sono tutti fruibili per i lavoratori a giornata, mentre sono monetizzati nella misura di 12 ore per i lavoratori turnisti.

6 permessi, equivalenti a 48 ore, potranno essere utilizzati in forma collettiva per ponti, ferie collettive, etc. I permessi rimanenti saranno a disposizione per l'uso individuale e potranno essere goduti a gruppi di 8 o di 4 ore, in quest'ultima forma ad esclusione dei lavoratori turnisti.

La richiesta del permesso individuale potrà avvenire in due modi.

- In un primo caso il permesso potrà essere richiesto con un anticipo di almeno 25 giorni di calendario. In questo caso, e fino ad un massimo di richieste che non superino il 5% dei lavoratori del turno interessato, il permesso non potrà essere in alcun modo rifiutato dall'azienda. Nel caso le richieste superino il 5%, per la concessione dei permessi si farà riferimento alla data di presentazione.

- In un secondo caso il permesso potrà essere richiesto con un preavviso minore, anche minimo, ma la sua concessione è subordinata alle "esigenze tecnico-organizzative", così come è avvenuto fino ad oggi. In questo secondo caso l'azienda dovrà concedere permessi fino ad una percentuale massima di lavoratori del turno interessato che oscilla tra l'8,5% ed l'11,5% (8,5% per i turnisti, 9,5% per i giornalieri – rispettivamente 10% e 11% nel settore avio). Queste ultime percentuali ovviamente non si aggiungono, ma sono comprensive del 5% previsto al punto precedente. Nella concessione dei permessi avranno la precedenza le richieste motivate da lutti o improvvisi eventi morbosi di coniugi, genitori o figli, debitamente certificati, il cui accoglimento dovrà essere assicurato entro le percentuali riportate.

I permessi non goduti entro l'anno di maturazione, saranno conservati in un apposito "conto ore" per ulteriori 24 mesi e in questo periodo potranno essere goduti dal lavoratore con le stesse modalità illustrate sopra. Trascorsi i 24 mesi, le ore non godute saranno liquidate con la retribuzione in atto al momento della scadenza.

Banca ore

E' un istituto nuovo introdotto dall'ultimo rinnovo del contratto e dà al lavoratore la possibilità di accantonare come permesso retribuito l'ora di straordinario, anziché averla pagata. Per poter accantonare la prima ora di straordinario in banca ore, occorre aver prestato un numero di ore di straordinario, normalmente pagato, equivalente a 80 ore nelle aziende fino a 200 dipendenti, a 32 ore nelle altre (nel contratto Confapi le ore di "franchigia" sono 60 per tutti).

Sull'ora di straordinario accantonata in banca ore, sono pagate maggiorazioni equivalenti al 50% di quelle previste dal contratto per il lavoro straordinario. Le maggiorazioni sono pagate come da prassi aziendale. Nei prossimi mesi e su indicazione dell'Inps, questa modalità di pagamento potrebbe variare ed essere effettuata nel bimestre immediatamente successivo. In questo caso sarà cura di "Informazione Fim" segnalarlo.

L'ora di straordinario accantonata in banca ore potrà essere goduta o liquidata con le stesse modalità previste per il godimento dei permessi retribuiti (vedi il punto precedente).

Federmeccanica indica alle aziende con una propria circolare che la scelta del lavoratore dovrà riguardare "tutte le ore di straordinario effettuato nel mese e non solo una parte di esse". Tale interpretazione non trova riscontro nel testo del contratto ed è quindi da ritenersi priva di ogni fondamento.

Conto ore

Si intende la modalità di gestione dei permessi retribuiti, ossia delle 104 ore di maturazione annua come detto più sopra e delle ore accantonate in banca ore, non goduti entro l'anno di maturazione o di accantonamento. Come già detto sopra le ore saranno contabilizzate da questo "conto" per altri 24 mesi, entro cui potranno essere godute o liquidate alla loro scadenza. E' chiaro che il conto ore dovrà tenere divisi i gruppi di ore per anno di maturazione e che questa informazione dovrà essere resa disponibile anche al lavoratore, possibilmente sul cedolino paga.

Malattia

Due innovazioni che riguardano questo punto sono entrate in vigore lo scorso 1° ottobre. Si tratta innanzitutto dell'ampliamento dei motivi che consentono di passare dal periodo ordinario di conservazione del posto di lavoro quando si è assenti in malattia (periodo definito comporto breve), al periodo prolungato (comporto prolungato). Oltre ai due motivi già previsti dal precedente contratto (ricaduta nella stessa malattia, oppure due malattie superiori a tre mesi nel triennio), ne è stato introdotto un terzo, quello del lavoratore che alla scadenza del comporto breve abbia in corso una malattia con prognosi pari o superiore a tre mesi.

Si tratta inoltre della possibilità di godere l'aspettativa non retribuita che segue, a richiesta del lavoratore, l'esaurimento del periodo di conservazione del posto per malattia, anche in forma discontinua, in presenza di patologie gravi, che richiedono terapie salvavita intervallate nel tempo.

A partire dal 1° gennaio è entrato in vigore un ulteriore diritto per il lavoratore, quello di poter richiedere per due volte all'anno all'azienda il cumulo delle proprie assenze per malattia nel corso del triennio. E' un diritto di cui valersi, perché sia il trattamento economico della malattia, sia il periodo massimo di conservazione del posto sono legati ai giorni di assenza per malattia nel triennio e spesso i lavoratori non ne tengono debita registrazione. Il nuovo diritto contrattuale consente di avere a disposizione il proprio prospetto periodicamente e quindi di non incorrere in spiacevoli sorprese. Le aziende sono tenute a rispondere alla richiesta del lavoratore nel periodo massimo di 20 giorni.

Infortunio

Il trattamento economico relativo all'infortunio sul lavoro, a partire dal 1° gennaio, deve essere anticipato da tutte le aziende metalmeccaniche. Nel testo finale del contratto non è stata inserita una clausola presente invece nel verbale di accordo, secondo la quale l'anticipo non avrebbe dovuto valere per il cosiddetto "infortunio in itinere", cioè occorso nel percorso tra casa e lavoro. Ogni infortunio pertanto deve essere anticipato.

Trattamento di fine rapporto (liquidazione)

A partire dallo scorso mese di luglio il nuovo contratto ha introdotto la norma secondo cui il trattamento di fine rapporto deve essere effettivamente pagato entro 30 giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.

Inoltre a decorrere dal 1° gennaio 2000 la tredicesima mensilità torna ad essere inclusa nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto.

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Malattia

Ancora più vessatori i controlli dell'INPS

Con l'argomento di reprimere gli abusi, l'istituto previdenziale irrigidisce la normativa a cui si devono attenere i medici che effettuano i controlli ambulatoriali. E' importante per i lavoratori conoscere questi orientamenti per non incorrere in inutili sanzioni.

Si vuole richiamare l'attenzione su problemi che alcuni lavoratori hanno avuto con l'INPS, poiché l'istituto ha respinto le giustificazioni con cui hanno motivato l'assenza alla visita medica di controllo nelle fasce orarie stabilite.

Con una recente circolare infatti l'INPS ha dato il classico "giro di vite", interpretando in termini più restrittivi la normativa vigente.

Nella circolare infatti si ribadisce che tutte le richieste di giustificazione, che hanno alla base motivazioni di carattere sanitario, comprese quelle relative alle assenze per visite specialistiche e per cure fisioterapiche, devono essere esaminate dal medico legale dell'istituto, al quale compete il relativo giudizio professionale.

Per quanto concerne le assenze dovute a visite effettuate con carattere d'urgenza, le stesse dovranno essere valutate caso per caso, ricordando che il giudizio del medico dell'INPS dovrà fondarsi non solo sulle cause dell'urgenza, ma anche sulla reale capacità di accedere all'ambulatorio da parte del lavoratore.

Si ritiene, infatti, che talune infermità che richiedono l'intervento urgente del curante, spesso non dovrebbero consentire al paziente di recarsi all'ambulatorio, necessitando al contrario, l'intervento del medico a domicilio (ad esempio: minaccia di aborto, colica renale, colica addominale).

Per quanto riguarda le visite specialistiche o gli esami strumentali, si rammenta che gli stessi dovranno, di massima, essere programmati al di fuori delle fasce di reperibilità, ad eccezione di quelli eseguiti presso strutture pubbliche. Eventuali deroghe potranno essere di volta in volta valutate, in base alle effettive necessità legate alle condizioni del paziente, anche in vista di una più rapida ripresa della sua capacità lavorativa. Per agevolare un giudizio, quanto più possibile imparziale, circa la reale giustificabilità dell'assenza, la circolare raccomanda, infine, al medico preposto alla visita medica di controllo, di trascrivere i dati riguardanti i precedenti fisiologici e patologici personali e le motivazioni dell'assenza, addotte dal lavoratore, e di allegare le eventuali certificazioni presentate dallo stesso, tenendo presente che la sola dizione "visita urgente", annotata dal curante, senza la specificazione della causa reale, non può dar luogo ad un giudizio positivo di giustificabilità.

Nei casi in cui non sia possibile esprimere un giudizio per mancanza di documenti sanitari, l'INPS inoltrerà il fascicolo al reparto amministrativo, evidenziando il nome del medico che ha effettuato la visita, al quale dovrà essere restituito per il parere definitivo quando sia pervenuta l'ulteriore certificazione sanitaria inviata dal lavoratore.

Trascorsi i dieci giorni dalla visita medica di controllo ambulatoriale senza aver ricevuto la necessaria documentazione sanitaria, l'ufficio procederà a sanzionare l'assenza in oggetto, secondo le disposizioni già impartite, (perdita da parte del lavoratore dell'indennità di malattia).

  Giovanni Bianchi

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TFR e previdenza integrativa

Due decreti legislativi preparati dal Governo ma ancora in attesa di emanazione. La preoccupazione dei lavoratori, le posizioni interne al sindacato confederale.

Nella prima metà di gennaio parecchi lavoratori hanno telefonato alle sedi della Fim per avere delucidazioni sulla destinazione del loro TFR dopo che, a fine dicembre, le reti televisive ed in particolare i telegiornali avevano dato notizia di una legge che finalizzava i TFR nel loro insieme alla previdenza integrativa.

In realtà per il momento non è successo niente di tutto questo. Il decreto legislativo emanato dal governo a fine dicembre riguarda l'imposizione e le detrazioni fiscali sul risparmio previdenziale ed sui rendimenti dei capitali investiti dai fondi di previdenza integrativa. In particolare il decreto riduce l'imposizione fiscale sui rendimenti al 12,5% nel caso dei "Fondi aperti" ed all'11% in quello dei "Fondi chiusi", come è il caso di Cometa o di Fondapi. La normativa non riguarda ovviamente il lavoratore che effettua il suo versamento nel fondo, ma il gestore del fondo, a cui è delegato di trattenere la ritenuta fiscale sui rendimenti ottenuti. Poiché il prelievo fiscale viene diminuito rispetto a quello previsto dalla normativa vigente, il vantaggio per il lavoratore è che salgono i rendimenti netti a parità di rendimenti lordi. Il decreto inoltre aumenta dal 2% al 10% del salario la deducibilità fiscale dell'investimento in previdenza integrativa, consentendo di investire una quota anche maggiore al TFR impegnato. Ciò premia la lungimiranza di Fim Fiom Uilm che nell'ultimo rinnovo contrattuale hanno chiesto la destinazione di una quota del TFR pari al 40%, ciò che consentirà ai lavoratori metalmeccanici di poter versare una quota superiore anche all'attuale massimale del 2% del salario, senza dover aspettare il prossimo rinnovo del contratto.

Il decreto comunque è attualmente allo studio di una commissione di "saggi" presso il Ministero delle finanze, il cui parere è obbligatorio prima dell'emanazione definitiva da parte del Governo che è prevista entro la metà di febbraio.

In questi giorni inoltre è in atto una serrata consultazione tra Governo e parti sociali su un secondo decreto legislativo che riguarda invece il TFR. Il decreto in effetti prevede la destinazione automatica del TFR che maturerà a partire dal 2000 alla previdenza integrativa, secondo forme che non sono state ancora presentate. Ciò che è stato dichiarato ad oggi è che comunque il lavoratore avrà la possibilità di mantenere il TFR nella forma attuale presso l'azienda per la quale lavora. Sulle misure del Governo ad oggi si è registrato un consenso generale del sindacato sui contenuti, ma non sulla forma. La Cisl infatti, contrariamente a Cgil e Uil, chiede che la legge si limiti ad introdurre quella possibilità, ma che sia poi la contrattazione a definirne le forme ed i tempi della sua traduzione pratica, dando la possibilità anche ai lavoratori di esprimersi in merito. Da parte delle associazioni imprenditoriali c'è invece preoccupazione per la perdita di una fonte di finanziamento a costi stracciati, che verrebbe a cessare se dovessero versare tutti i TFR in corso di maturazione ai fondi previdenziali. C'è quindi da parte loro una resistenza al provvedimento in attesa si capire quali saranno le compensazioni fiscali. Inoltre Confindustria chiede che il provvedimento sia preso nel contesto di una riforma più ampia di tutta la previdenza, che tagli le pensioni di anzianità, introduca il sistema contributivo per tutti e diminuisca le aliquote contributive sul costo del lavoro. Il Governo fin'ora non si è espresso su questo, ma è abbastanza evidente che con questo provvedimento ci si prepara, se sarà possibile nel 2000, altrimenti nel 2001, alla cosiddetta verifica della previdenza pubblica. Non è un caso che la Cgil abbia esplicitamente dichiarato che questa legge è una condizione per il passaggio di tutti i lavoratori al sistema contributivo a partire dalla verifica del 2001, la proposta che Cofferati ha lanciato la scorsa estate e che è stata recentemente confermata dal congresso dei DS.

 S.M.

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Cometa

Dal 4 gennaio investimenti tramite operatori professionali

Nel mese di dicembre la Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione) ha approvato le convenzioni stipulate da Cometa con i gestori finanziari. A partire dal 4 gennaio 2000 il Fondo ha pertanto iniziato ad investire le sue risorse nei mercati finanziari con i gestori scelti in precedenza e secondo le linee di investimento adottate dal Consiglio di amministrazione.

Le linee di investimento scelte sono state tre:

- una linea "conservativa" nella quale è investito il 40% delle risorse complessive con una ripartizione 0/10% di azioni o titoli simili e 100/90% di obbligazioni;

- una linea "reddito" nella quale è investito il 35% delle risorse complessive con una ripartizione 10/30% di azioni o titoli simili e 90/70% di obbligazioni;

- una linea "crescita" nella quale è investito il 25% delle risorse complessive con una ripartizione 30/60% di azioni o titoli simili e 70/40% di obbligazioni.

Nel complesso le risorse potranno quindi essere investite per un 11/29,5% in azioni o titoli simili e per un 89/70,5% in obbligazioni.

I gestori scelti dal Fondo sono:

- per la linea conservativa : Assicurazioni generali e Paribas SGR;

- per la linea reddito: San Paolo IMI e Europlus Unicredit Rolo SGR SpA;

  • per la linea crescita: Invesco Asset Managemente Ltd (con parziale delega a AIGGIC Ltd) e Cisalpina (con delega a Fin-Eco Sim SpA).

Ogni gestore ha ricevuto il 50% delle risorse destinate alla propria linea di investimento.

I versamenti effettuati dalle aziende per ogni lavoratore sono tradotti in "quote" del Fondo. Il valore iniziale della quota (gennaio 1999) è stato fissato in 20.000 lire: nei mesi successivi il valore è cresciuto in base ai rendimenti del Fondo. Ogni versamento effettuato trimestralmente viene tradotto in quote in base al suo ammontare e in base al valore che la quota ha raggiunto al momento del versamento. La differenza tra il valore della quota tra inizio e fine anno rappresenta il rendimento effettivo che il Fondo ha ottenuto dall'investimento delle sue risorse. Il valore della quota sarà stabilito mensilmente e reso noto agli associati al Fondo.

Il ritardo della Covip nell'approvazione della convenzione ha comportato che per tutto il 1999 i contributi affluiti a Cometa siano stati investiti esclusivamente in operazioni pronti contro termine, data l'impossibilità di legge, per il Fondo, di investire in modo diverso le risorse. Questo naturalmente ha comportato che la redditività dell'investimento sia stata estremamente contenuta, dato che in media d'anno i rendimenti dei pronti contro termine sono stati pari al 2,5/2,6%.

Nonostante questo Cometa è riuscita ad assicurare ai propri associati un incremento della quota pari al 3,8% anche grazie ad un fortissimo contenimento dei costi, limitato alle 10.000 lire procapite prelevate dalla quota di iscrizione al Fondo.

L'avvio del fondo è quindi positivo, anche considerando che il rendimento del Tfr nel 1999 (2,77%) è stato inferiore di 1 punto percentuale rispetto a quello di Cometa in assenza di gestione finanziaria.

A partire dalla fine del mese di febbraio Cometa invierà a tutti i propri associati l'estratto conto che illustrerà al lavoratore i risultati ottenuti dal Fondo e la rispettiva situazione per quello che concerne i versament i contributivi effettuati e la posizione a fine anno. Il lavoratore potrà quindi verificare anche l'esattezza della contribuzione da parte dell'azienda e, in caso di riscontro negativo, segnalare il fatto alle associazioni sindacali, all'azienda stessa e a Cometa.

Assieme all'estratto conto <B>ad ogni associato sarà inviata una password personale che consentirà ad ognuno di accedere tramite il sito internet di Cometa (www.cometafondo.it) alla propria posizione individuale. Questa possibilità non sarà limitata al periodo dell'invio dell'estratto conto, ma sarà permanente: gli associati potranno quindi d'ora in poi informarsi continuamente sulla propria posizione, controllando la correttezza dei contributi versati dalle aziende e verificando il valore raggiunto mensilmente dalla quota.

Tutte le sedi Fim zonali nonché quelle dei collettivi Fim nelle grandi aziende in provincia di Varese sono già in grado di mettere a disposizione degli iscritti gratuitamente questo collegamento e di assisterli sia nella conoscenza che nel controllo della propria posizione previdenziale presso il fondo.

Dalla Nota di Maurizio Benetti, componente del CdA di Cometa per la Fim, del 20 gennaio 2000

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Ieci

Quando la sicurezza dei lavoratori non e' un optional.

Uno dei grossi problemi che ci si trova spesso ad affrontare, è quello della sicurezza sul lavoro. I dati che periodicamente vengono forniti dalle varie agenzie, confermano che gli incidenti sul lavoro negli ultimi anni sono in aumento a causa della scarsa attenzione posta dalle aziende a tale problematica.

Va inoltre evidenziato come il dopo "tangentopoli", sia stato caratterizzato da una situazione in cui nelle gare di appalto l'unico riferimento preso in considerazione è "l'offerta in termini di costo che viene fatta", cioè il prezzo stracciato, a tutto discapito della qualità e della sicurezza dei lavoratori. Non è un caso che in questi anni siano nate e morte una miriade di cooperative.

D'altro canto siamo tutti a conoscenza di come la legge 626 sia stata mal digerita dall'imprenditoria nostrana e ancora adesso, purtroppo, l'attenzione di molte aziende è più rivolta ai modi con cui eludere le norme che non a quelli con cui applicarle.

Fortunatamente non è sempre così. Gli imprenditori più attenti hanno capito che il futuro del lavoro è fortemente legato alla qualità e si sa che parlare di qualità vuol dire parlare di innovazione di prodotto, certificazione dei processi lavorativi, sicurezza del prodotto e dei lavoratori, soddisfazione di chi li realizza, ecc¼ .

Alla ditta Ieci di Varese tale impostazione è ben presente da anni. Infatti già dal 1988 esiste un meccanismo di riconoscimento salariale legato all'andamento aziendale, che a fine anno vede le parti sedute al tavolo per definire il premio annuo.

In questi giorni è poi stato concordato e realizzato un importante momento formativo sui temi della sicurezza sul lavoro.

Essendo la Ditta Ieci produttrice di impianti e manutenzione elettrica, ha sempre i propri dipendenti costretti a lavorare in trasferta, in cantieri non suoi, spesso a fianco di dipendenti di altre aziende o cooperative, con tutti i problemi che ne derivano.

La valutazione da cui si è partiti è stata che, per garantire la sicurezza dei dipendenti, ci sarebbe dovuto essere un rappresentante alla sicurezza per ogni cantiere, cosa ovviamente impossibile.

Si è così deciso di dar vita ad un momento formativo per tutti i dipendenti, richiedendo ad un'azienda specializzata in materia (FOR di Milano) di predisporre un intervento mirato alle problematiche presenti nei cantieri, con particolare attenzione alle metodologie da seguire in caso di inadempienze da parte di terzi, e l'analisi dei casi.

Ne è scaturito un programma formativo organizzato in due giornate di - quattro ore secondo il seguente programma:

- 4 ore sull'analisi della normativa vigente e le responsabilità delle figure previste ( Datori di lavoro, Responsabili, Coordinatori, Committenti, ecc...) comprensiva di proposte e soluzioni pratiche ai problemi, per tutelarsi di fronte ad inadempienze di terzi;

- 4 ore sull'informazione, sulle responsabilità e sugli obblighi per i lavoratori.

A tutti i dipendenti è stata fornita copia della documentazione.

Un'esperienza sicuramente interessante, che può essere proposta anche ad altre aziende, tenendo conto che costi sono risultati più che accessibili per le tasche di qualsiasi piccolo imprenditore.

Chi è interessato può rivolgersi ad Andreotti Tel. 0348.3806733.

Loris Andreotti

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Aumenti retributivi per gli artigiani

(Tabella degli aumenti)

Con il mese di gennaio 2000 scatta l'ultimo aumento previsto dal CCNL del 1996.

Si tratta dell'aumento meno significativo ( ricordiamo che per un quinto livello l'aumento complessivo è stato di £. 155.000).

Con il mese di febbraio inizierà la discussione per il rinnovo del Contratto che scadrà nel giugno del 2000.

Purtroppo le prospettive non sono belle, visto l'atteggiamento delle Associazioni Imprenditoriali che sembrano volersi agganciare al carro dei referendari per cancellare in un solo colpo anche quelle poche conquiste fatte.

Non è un caso che, a quasi due anni dalla scadenza, l'Accordo Regionale sul Premio di Risultato non sia stato ancora rinnovato, così come non si sia ancora riusciti a far partire i Fondi di Pensione Integrativi (anche se in questi giorni qualche cosa sembra finalmente muoversi).

Vi terremo informati.

Loris Andreotti

Per i lavoratori con contratto di apprendistato l'aumento previsto e' riproporzionato in base alle tabelle dell'apprendistato.

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Richiesti 27 licenziamenti alla Duplomatic di Busto A.

Il 18 gennaio la Direzione aziendale della Duplomatic ha inviato la lettera di apertura della procedura, azione inaspettata in quanto in un precedente incontro, del 16 novembre scorso, non è stato fatto alcun cenno ad eventualità di provvedimenti di simile pesantezza. Anche se, per la verità, non sono stati nascosti problemi di carattere produttivo (una flessione del fatturato) che avrebbero potuto far intravedere qualche intervento di Cassa Integrazione Ordinaria.

L'azienda ha complessivamente 215 occupati, le motivazioni addotte sono una diminuzione del fatturato, un risultato economico netto in rosso di 400 milioni, un portafoglio ordini diminuito del 30% e una previsione di stabilità del mercato complessivo delle macchine utensili.

Lunedì 24 gennaio 2000 si è tenuto il primo incontro all' Univa di Busto. Nel frattempo vi è stata

una risposta positiva dei lavoratori che hanno partecipato compatti alle assemblee in sciopero. Inoltre mercoledì 11 è stato organizzato un presidio davanti alla portineria con presenza della stampa per rendere nota all'opinione pubblica la situazione.

A fronte di una forte pressione dei lavoratori, l'azienda continua a mantenere un atteggiamento di riluttanza nell'entrare in merito al piano di ristrutturazione. Nella prosecuzione degli incontri l'intenzione della delegazione sindacale è, al contrario, quella di discutere subito le prospettive dell'azienda, come cambierà la propria organizzazione e, solo dopo, le eventuali conseguenze sull'occupazione.

Nessuno si nasconde la delicatezza della situazione e, proprio per questo, è bene che la trattativa si faccia solo con tutte le carte sul tavolo.

M. Ballante

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