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Il numero di settembre '99

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Gli articoli
Autunno della concertazione?
Il numero verde della previdenza integrativa
Riforma dello stato sociale: intervista a E. Mingione dell'Università di Padova
Io pensionato,perchè dovrei sentirmi in colpa?
Il Fondo Cometa allargato agli "orafi-argentieri"
Cometa: come chiedere il riscatto
Fondapi: a un passo dal traguardo
Cometa e Fondapi: anticipi più favorevoli che nel TFR
Paesi poveri e debito estero: un Giubileo per il terzo mondo

 

Finita l'estate

Autunno della concertazione?

Un documento della Segreteria Provinciale della Fim Cisl di Varese

Al rientro dalle ferie i lavoratori e le famiglie si sono trovati di fronte numerosi aumenti di prezzi:

dalla Benzina alle Assicurazioni, dalle tariffe dell'Acqua ai Rifiuti, al Metano.

Nonostante l'inflazione ufficiale non sia lievitata, le banche ritoccano i tassi dei mutui, con notevoli aggravi di spesa per le famiglie interessate.

Questa situazione chiama in causa direttamente il Governo.

L'esecutivo ha la responsabilità di garantire che la politica dei redditi valga per tutti e non solo per i salari dei lavoratori dipendenti!

Se gli strumenti attuali non sono sufficienti, si devono costituire specifiche "authority", che sono risultate utili in altri settori (es. Telecomunicazioni), anche per i prodotti come la Benzina e le Assicurazioni.

Pertanto non sono accettabili aumenti superiori all'inflazione programmata e il Governo deve intervenire rapidamente per riportare a comportamenti coerenti queste aziende.

PENSIONI E' in corso una campagna pericolosa che, esagerando e drammatizzando i problemi, porta a prefigurare soluzioni penalizzanti per i lavoratori.

Il Sindacato con le riforme previdenziali del `92 e `95 ha fatto scelte impegnative per rendere stabile e sicuro il sistema pensionistico e i conti lo stanno dimostrando. Oltretutto sono previste specifiche verifiche, la prima nel 2001, ed è logico attendere quella scadenza.

Qualsiasi altra proposta, prima di ogni discussione con il Governo, deve essere verificata con i lavoratori con una consultazione democratica per ottenerne il consenso come in passato.

T.F.R.

Nei giorni scorsi è iniziata una girandola di proposte su qual è il modo migliore di usare il T.F.R., la liquidazione dei lavoratori.

Alcune proposte, molto estemporanee, non tengono conto che sono anni che il sindacato si batte per trasferire quote di T.F.R. maturate nell'anno verso i Fondi di Previdenza integrativa.

Come metalmeccanici lo abbiamo fatto già con i CCNL del 1994, del 1997 e ancora con il recente CCNL del giugno 1999.

Si può discutere di tante proposte, ma devono essere chiari quali sono i vantaggi per i lavoratori.

I problemi esistenti vanno affrontati con serietà e competenza, senza facili scorciatoie e senza assecondare il clima antisindacale che alcune forze stanno provocando con una raccolta di firme con la proposta di referendum confusi e demagogici.

Il Governo deve esercitare il suo ruolo mantenendo la concertazione con le parti sociali per garantire scelte di entità e giustizia sociale

Il Sindacato deve svolgere il suo compito con una reale autonomia che sappia privilegiare i contenuti alla simpatia verso il colore politico del Governo.

Oggi più che mai serve una politica rigorosa e positiva, che offra prospettive occupazionali ai giovani, senza sacrificare i diritti e le conquiste dei lavoratori occupati.

Il confronto con il Governo sulla manovra finanziaria a questo dovrà rispondere e sulle risposte di merito il sindacato, ci auguriamo unitariamente, dovrà assumere posizioni chiare di fronte a tutti i lavoratori.

Le tariffe in Italia

Ago.'99/Dic.'98

Ago.'99/Media '95

Tariffe a controllo nazionale

0,8

9,7

Medicinali

2,5

18,3

Istruzione

0,4

21,0

Tariffe postali

Inv. 28,8

Tariffe a controllo locale

3,7 19,0

Acqua potabile

6,8 39,1

Trasporti su acqua locali

9,4 46,5

Tariffe non energetiche

1,5 12,5

Tariffe energetiche

-2,5 -3,0

Assicurazione RC auto

14,5 62,0

Benzina senza piombo

9,6 10,4

Gasolio autotrazione

11,0 11,9

Gasolio riscaldamento

-0,5 4,2

Prezzi al consumo (Nic)

1,3

10,2

 

La tabella va letta confrontando tutte le variazioni di prezzo con quella dell'ultima riga (l'inflazione media al consumo, quella "recuperata" dal CCNL).

Come si può vedere la denuncia della Cisl sui pericoli di ripresa dell'inflazione non è campata per aria, e non tanto per il prezzo della benzina.

Siamo ancora in prenzadi un sistema dei servizi pubblici e privati chge scarica le proprie inefficienze sui prezzi. Quanto ancora lo dovremo sopportare?

Da "Il Sole 24 Ore" del 24/09/99  Fonte: Inris:Unioncamere

Segreteria Fim Cisl Varese

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Il numero verde della previdenza integrativa

147 017 806

Telefonando a questo numero tutti i lavoratori, al costo di uno scatto telefonico, possono avere tutte le informazioni sulla previdenza integrativa dei metalmeccanici.

Il numero è attivo dal 1/9/99 e rimarrà attivo fino al 31/7/2000, nei giorni di martedì e giovedì, dalle ore 16.00 alle ore 19.00 . Il servizio è gestito da FIM CISL FIOM CGIL e UILM UIL Lombardia per rispondere a tutte le problematiche relative ai fondi di previdenza integrativa: COMETA, FONDAPI, ARTIFOND, COOPERLAVORO.

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Riforma e stato sociale

Dalle pensioni alla ... famiglia

Intervista a Enzo Mingione, docente dell'Università di Padova, dopo il suo intervento al Direttivo della Fim Provinciale

D. Questa estate si è polemizzato molto sul problema delle pensioni, dell'estensione del metodo contributivo, dell'esigenza di anticipare la verifica prevista tra Governo e parti sociali per il 2001. A tuo parere cosa c'è di serio e fondato in questa discussione e cosa di strumentale e forzato? A lato di quella polemica il premio Nobel Modigliani ha proposto una soluzione radicale, cioè il passaggio dall'attuale sistema dell'Inps a ripartizione (cioè chi lavora paga la pensione a chi è in pensione) ad un sistema a capitalizzazione, cioè un sistema in cui la pensione è legata ai contributi effettivamente versati ed al loro rendimento, seppur con una serie di garanzie date dallo Stato. E' a tuo avviso un ipotesi realistica o è solo una bella elaborazione intellettuale?

R. Riaprire il dibattito e anticipare la verifica sulle pensioni a prima del 2001 è un problema esclusivamente politico, nel senso che non vi è alcuna ragione tecnica per farlo. Detto ciò, non ritengo personalmente la riforma Dini esente da critiche, sia perché la sua transizione lunga al nuovo sistema procrastina alcune forme di iniquità, sia perchè con il sistema contributivo chi ha carriere lavorative accidentate non potrà ricevere una pensione elevata e vi è quindi la necessità di pensare a misure integrative di solidarietà. Circa la possibilità di passare dall'attuale sistema a ripartizione ad uno a capitalizzazione, va innanzitutto ricordato che il sistema pensionistico italiano è un sistema di redistribuzione, in cui coloro che lavorano pagano la pensione a chi lascia il lavoro. Solo se il sistema pensionistico produce avanzi di gestione, questi possono essere usati in maniera contributiva, investendoli nel sistema finanziario. E a questo titolo il sistema pensionistico può anche svolgere una funzione di investitore, producendo reddito e ritorni. Oggi tuttavia, sarebbe impensabile fermare l'erogazione delle pensioni maturate e pagare solo le pensioni future con gli investimenti che faccio con i soldi versati dai lavoratori. Anche la proposta Modigliani, che è una proposta radicale e prevede il passaggio a questo sistema è quindi una proposta solo teorica. Bisogna chiedersi infatti quanto può reggere ad un tale impatto il sistema. Rischierebbe peraltro di toccare i diritti acquisiti. Infatti, lo stesso Modigliani non pensa che si debbano ricalcolare le pensioni degli attuali pensionati. Il fabbisogno pensionistico attuale è quello che è, non si può modificare. Si può invece pensara a quello del futuro, infatti il sistema contributivo è stato introdotto in prospettiva.

D. Si parla molto di un superamento della Cassa integrazione. E' un problema che genera apprensione tra i lavoratori, perché oggi le cose stanno andando discretamente, ma è ancora ben presente la situazione di qualche anno fa quando un gran numero di aziende hanno utilizzato ampiamente questo strumento per garantire un reddito in una situazione di crisi e di ristrutturazione. Quali sono i problemi che hanno messo in discussione questo strumento ed hanno ragione i lavoratori di preoccuparsi? Ci saranno meno tutele in futuro

R. La questione si pone in termini di equità, nel senso che la Cassa integrazione è un ammortizzatore sociale particolare che è stato utilizzato solo in determinate condizioni e da determinate categorie lavorative. In realtà c'erano i lavoratori coperti al 90% e i lavoratori senza alcuna protezione. La questione della Cassa integrazione, anche con il declino del sistema della grande industria, pone quindi l'esigenza di un ammortizzatore sociale che funzioni a tutto campo. Oggi peraltro si hanno delle carriere più accidentate e perciò bisogna istituire un sistema di ammortizzatori sociali forse meno generoso della Cassa integrazione ma più attivo ed esteso, che sia legato a meccanismi di rafforzamento della qualificazione professionale e delle opportunità di reinserimento al lavoro. Peraltro nel Nord, di cassa integrazione oggi non vi è bisogno, e lo si è visto con i lavoratori in mobilità che si rioccupano rapidamente; per cui è più importante attrezzarsi con delle reti di protezione sul piano della formazione, dell'ingresso e del reinserimento al lavoro che oggi non abbiamo: bisogna quindi impiegare le risorse della cassa integrazione per sistemi più attivi, più innovativi e che proteggano soprattutto i lavoratori discontinui.

D. In un tuo recente articolo parli di uno stato sociale italiano fondato sulla famiglia e che questo non è necessariamente un fattore di arretratezza. Cosa intendi e come pensi che questa valutazione possa incidere nella cosiddetta riforma del welfare?

R. Io credo che la cultura familistica non sia necessariamente arretrata, e che le famiglie hanno mantenuto una responsabilità forte nel sistema di welfare, e mantenendola hanno dovuto cambiare: soprattutto le donne si sono aggiornate nel rispondere a nuovi bisogni di cura, così come stanno facendo adesso anche gli uomini. Dentro alla cultura familistica del welfare l'innovazione è rappresentata ad esempio dai livelli di autonomia, che hanno i soggetti nella famiglia (piuttosto che dalla famiglia); ciò significa che l'istituzione si adatta anche moralmente a sopportare delle forme di convivenza in cui i soggetti, siccome sono cresciuti, sono più autonomi. Questo significa anche che la famiglia ha delle risorse di solidarietà e di aiuto che in ogni caso mette a disposizione dei propri membri, e che una riforma del welfare in condizioni di ristrettezza non può permettersi di buttare via. Quindi una serie di risorse che la famiglia può mettere a disposizione vanno usate anche dentro la riforma del welfare, come, ad esempio, quelle risorse in chiave di formazione e informazione per aiutare a mettere su un'impresa in proprio. Queste risorse vanno valorizzate all'interno di un progetto misto pubblico-privato dove le famiglie e lo stato creano le piccole aziende. Oppure creano un piano di servizi a domicilio, dove le famiglie e i singoli componenti contribuiscono in una rete di servizi nella quale intervengono i soggetti della cooperazione sociale. Queste sono risorse che non vanno perdute e sono risorse moderne non arretrate: la qualità umana qualifica la competenza.

 

Famiglie: le fonti di reddito
(Fonti di reddito per le famiglie nei paesi Ue in percentuale)

Paese

Pensione Assegni sociali Lavoro dipendente

Austria

30,3 5,2 56,7

Belgio

32,6 11,5 48,3

Danimarca

22,3 15,0 57,4

Francia

29,0 7,2 53,9

Grecia

33,8 1,7 36,2

Irlanda

23,4 15,4 47,3

Italia

33,0 2,7 49,2

Lussemburgo

26,7 5,6 59,6

Olanda

24,2 14,4 56,6

Portogallo

28,0 4,5 55,2

Regno Unito

26,4 15,5 49,6

Spagna

29,2 8,9 49,2

Da "Corsera" 21/0999

Intervista a cura di Rosario Iaccarino

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 Io pensionato

"Perchè dovrei sentirmi in colpa?"

Io, pensionato come tanti altri, perché devo sentirmi in colpa

Sono un pensionato (privilegiato) con 35 anni di contribuzione dal febbraio 1992 e ho sempre lavorato in aziende private. Ma non spaventatevi, non scrivo per fare il solito piagnisteo: i soldi sono pochi, si fa fatica ad arrivare a fine mese, si sopravvive soltanto grazie a sacrifici continui, i ticket sono alti. No.

Scrivo per un altro motivo: per difendere la dignità e l'orgoglio di chi, come me, ha lavorato una vita intera, ha pagato regolarmente le tasse per decenni di attività professionale e continua a pagarle adesso da pensionato, ha versato senza un giorno di ritardo i contributi all'INPS per quasi trentasei anni, ha fatto il suo dovere di cittadino rispettando le regole di questo Paese, ha la fedina penale pulita e adesso si sente dire: voi pensionati siete la rovina dell'Italia, ci costate troppo, se continua così ci cacciano dall'Europa, i vostri figli e i vostri nipoti saranno condannati alla disoccupazione

Almeno, io ho capito così leggendo i giornali o guardando i telegiornali. E mi sono sentito un parassita, una piccola zecca che succhia il sangue della società , un profittatore, che dovrebbe vergognarsi a guardare i suoi due figli di 30 e 24 anni (che lavoricchiano o sono disoccupati), che per colpa di quella pensione che ricevo renderò difficile la loro vita di cittadini europei. E invece no

Invece, anche se ho lavorato per 35 anni e mezzo, anche se sono pensionato, sarei persino disposto a fare un'attività socialmente utile (la sto facendo) e di quelle che non portano via il lavoro ai giovani. Ero giovane anch'io quando a quattordici anni, nel 1957, in regola sono entrato per la prima volta in fabbrica come apprendista metalmeccanico aggiustatore. Ho fatto la gavetta e la trafila finchè sono diventato operaio specializzato e ho raggiunto il 5° livello superiore (all'Aermacchi). Nel gennaio 1992 avevo uno stipendio di un milione e seicentomila al mese per 13 mensilità e a maggio dello stesso anno ho cominciato a prendere una pensione di unmilione e trecentomila per 13 mensilità.

Io mi consideravo fortunato perché l'azienda per cui lavoravo mi riteneva un esubero e quindi licenziava o incentivava ad andarsene, io invece potevo senza ringraziare o maledire nessuno andarmene in pensione.

Da pensionato la mattina non dovevo più svegliarmi alle sette meno cinque, attraversare la città e recarmi nella nuova sede dell'azienda a Venegono, se andava bene mezz'ora di viaggio; non dovevo più timbrare il cartellino; non dovevo più dire sempre signorsì; potevo concedermi il lusso di aiutare la parrocchia con il nuovo centro che stava per essere ultimato e potevo mettere a frutto la mia esperienza nel saper destreggiarmi in quei lavoretti di ordinaria manutenzione.

Pensavo anche di poter usare le mie capacità conquistate con anni e anni di lavoro per rendermi ancora utile alla società.

Insomma avevo una visione ottimistica della mia nuova vita e del mio futuro da pensionato.

Sono passati sette anni e mezzo, il potere d'acquisto del mio mensile è sceso notevolmente e mi sento dire che, se fossi una persona responsabile, dovrei augurarmi, per il bene dei miei figli (e, se si sposeranno, dei miei futuri nipoti), che le pensioni, quelle future, venissero tagliate.

Capisco che il Governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio dica che sarebbe disposto a ridursi la pensione per il bene del Paese, ma forse io e lui, lui e noi pensionti, non siamo proprio nella stessa situazione.

Giovanni Bianchi

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"Orafi-Argentieri"

In ottobre il primo versamento a Cometa

Da ottobre diventa operativa la convenzione tra la Federazione industriale degli orafi-argentieri ed il Fondo Cometa. La convenzione è stata stipulata sulla base di un accordo raggiunto tra la Federorafi-Federargentieri e Fim-Fiom-Uilm a Milano in data 28 luglio '99, per formalizzare le modalità di contribuzione per le imprese e per i lavoratori del settore orafo-argentiero industriale aderenti al Fondo Cometa.

Le modalità sono in tutto simili a quelle già definite per la categoria dei metalmeccanici e già ampiamente illustrate da "Informazione Fim" nei mesi scorsi.

In particolare, il contributo a carico dell'azienda e la quota di TFR a carico del lavoratore, dovranno essere calcolati sul periodo gennaio/settembre '99 per i soli lavoratori del settore orafo-argentiero che si siano iscritti entro il 31 marzo 1999. Le trattenute a carico del lavoratore verranno invece operate sulle buste paga relative ai mesi di luglio, agosto e settembre 1999. Il primo versamento dovrà avvenire entro il 20 ottobre '99.

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Cometa

Come chiedere il riscatto
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  Modulo di riscatto

Molti lavoratori che si dimettono da aziende metalmeccaniche ci dicono di essere in difficoltà per chiedere il riscatto al Fondo Cometa, oppure il trasferimento della propria posizione ad altra azienda, perché spesso nessuno sa spiegare come fare. In effetti basta compilare un modulo, di cui riportiamo sotto il facsimile e spedirlo al Fondo all'indirizzo FONDO COMETA Casella postale 10880 CAP 20124 MILANO.

Analoga comunicazione dovrà essere fatta dall'azienda. Il modulo, che dovrebbe essere a disposizione presso tutte le aziende, può essere scaricato anche dal sito internet di Cometa, all'indirizzo www.cometafondo.it Questo servizio può essere comunque messo a disposizione degli iscritti Fim presso tutte le sedi della Fim in provincia e presso i Collettivi Fim di tutte le grandi aziende.

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Fondapi

A un passo dal traguardo

E' ormai qualche mese che è partita la campagna di adesioni a Fondapi ovvero la pensione integrativa per i lavoratori delle piccole e medie imprese aderenti ad API.

La campagna è partita con non poche difficoltà che andavano dalla assoluta mancanza di materiale, alla completa disinformazione delle aziende.

Nelle prime assemblee a noi sindacalisti veniva spontaneo far riferimento alla recente campagna per Cometa (fondo molto simile, ma solo per i lavoratori a cui si applica il contratto Federmeccanica) e quindi spesso ci siamo trovati nella condizione di fare da consulenti a tutto campo sui contenuti di Fondapi.

A differenza di Cometa, Fondapi è un fondo intercategoriale, infatti riguarda oltre ai metalmeccanici anche chimici, tessili, alimentaristi, grafici/cartai.

Comunque gli sforzi hanno pagato, se si tiene conto che l'obbiettivo per far partire il fondo è il raggiungimento delle 5.000 adesioni. Come si vede nella tabella, siamo infatti arrivati a quota 4.556, con un apporto dei meccanici dell' 88,78%.

C'è di che andare fieri.

Ma ancora ci vuole molto lavoro, non solo per raggiungere l'obbiettivo dei 5.000 iscritti, ma per continuare nel tempo a raccogliere nuove adesioni.

Coloro che volessero aderire a Fondapi, o semplicemente saperne di più, possono farlo rivolgendosi ai delegati sindacali o direttamente alle sedi della CISL.

Giuseppe Marasco

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Cometa e Fondapi

Anticipi più favorevoli che nel Tfr

Nel mese di maggio, anche tenendo conto delle continue pressioni operate dal sindacato, il Senato ha approvato in via definitiva il "collegato alla finanziaria" riguardante le questioni del lavoro.

Nel testo approvato vi sono importanti modifiche che riguardano la previdenza integrativa: in particolare sono state apportate modifiche al decreto legislativo 124/93 che regolamenta l'istituzione e il funzionamento dei fondi di previdenza complementare.

Le nuove normative, che saranno recepite dallo statuto del fondo cometa, prevedono:

1. La possibilità per l'iscritto a Cometa da almeno 8 anni di chiedere l'anticipazione, per l'acquisto della prima casa o per spese mediche, su tutti i propri contributi accumulati al Fondo fino a quel momento ( prima era previsto di prelevarlo sulle sole quote di Trattamento Fine Rapporto versate a quel momento ). Inoltre, per chi chiede l'anticipazione, viene introdotta la possibilità di restituire nel tempo e con modalità che saranno concordate , l'anticipo richiesto; tale opportunità non era prevista prima.

2. Il diritto, sempre per l'iscritto al fondo Cometa, di indicare, in assenza di coniugi e figli, altri soggetti cui destinare in caso di decesso dell'iscritto (premorienza) il capitale maturato fino a quel momento (prima ciò non era previsto e in questi casi il capitale del socio deceduto senza coniuge o figli rimaneva al fondo stesso).

Con l'introduzione di queste due modifiche importanti si migliorano positivamente le prestazioni dei fondi complementari ed aumentano le convenienze per i lavoratori e le lavoratrici ad iscriversi a COMETA ed a FONDAPI.

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Paesi poveri e debito estero

Un Giubileo per il terzo mondo

In un articolo di G. Italia, ex Segretario generale della Fim, l'analisi e le proposte su uno dei problemi che oggi affligge i due terzi della popolazione mondiale."Informazione Fim" tornerà su questo argomento anche nel prossimo numero

La questione del debito estero dei paesi poveri è finalmente entrata come una emergenza planetaria anche nell'agenda del G7. Merito di ciò va certamente alle iniziative in corso da vari anni su questo tema ed in particolare quella che la Chiesa cattolica ha lanciato in occasione del Giubileo del 2000. Queste azioni hanno premuto in tutti i modi per una più incisiva considerazione del problema da parte dei paesi più ricchi del pianeta in modo da alleviare le già drammatiche condizioni delle popolazioni del Terzo mondo.

Infatti il debito estero dei paesi poveri è una responsabilità oggettiva dei paesi ricchi tra i quali ci sono la massima parte quei paesi che hanno attuato il colonialismo per un secolo ed oltre.

La decolonizzazione degli anni 60 è stata effettuata a prezzi economici e politici elevatissimi per i nuovi paesi indipendenti dell'Asia e dell'Africa. Prezzi pagati in termini di dipendenza economica (si pensi al rapporto tra i paesi dell'Africa sub-sahariana e la Francia o ai rapporti della Gran Bretagna con le sue ex colonie) sia di subordinazione alle loro politiche economiche che di dipendenza dei nuovi gruppi dirigenti dei nuovi paesi verso le elites politiche dei vecchi colonizzatori.

Il processo di indebitamento è stato enfatizzato dalle necessità immediate di fronte alle drammatiche condizioni ricevute in eredità alle quali si sono trovati a far fronte i governi dei nuovi paesi indipendenti e dalla avidità delle grandi banche americane e europee che hanno visto nel finanziamento a questi paesi un'ottima possibilità di affari.

L'indebitamento dei paesi in via di sviluppo è stato a volte causato anche da spese militari poste magari in alternativa a piani di sviluppo economico, sociale e umano come invece sarebbe stato nelle necessità delle popolazioni. Ed a concorrere ai piani di rafforzamento militare magari erano le stesse nazioni che, ritiratesi dalle loro ex colonie, avevano lasciato questi paesi in situazioni sociali ed economiche insostenibili e che taevano ora beneficio da queste spese.

A questa prima causa di indebitamento se ne aggiunse subito un'altra. La crisi petrolifera degli anni 70 e le politiche economiche adottate dai paesi ricchi per farvi fronte realizzarono un apprezzamento simultaneo dei tassi di interesse e delle monete (in specie del dollaro americano e della sterlina inglese). Questo, ovviamente, rivalutò enormemente i debiti contratti dai paesi terzi portandoli rapidamente verso l'insolvenza.

Per evitare il tracollo delle banche, che avevano così accumulato enormi crediti nei confronti dei paesi PVS, causato dalla pratica insolvenza di questi, i paesi ricchi favorirono e finanziarono la rinegoziazione dei debiti. Questa operazione trasformò di fatto i debiti verso le banche private in debiti verso i Governi occidentali o verso le istituzioni finanziarie multilaterali (Banca Mondiale e FMI).

Questo fatto non solo non ha spostato di molto la posizione dei paesi indebitati (di fatto è cambiato solo il creditore) ma gli obblighi che sono stati allora imposti, e che sono tuttora in vigore, si sono tramutati un'ingerenza fortissima dei paesi ricchi sulle politiche interne dei paesi poveri. Infatti la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale impongono a questi paesi, per conto dei paesi creditori, politiche esasperatamente liberiste concentrate nei "piani di aggiustamento strutturali" che puntano alla riduzione della spesa pubblica ed all'aumento delle esportazioni per creare le condizioni di solvibilità per pagare il debito estero.

Questi piani comportano una riduzione ulteriore di finanziamenti già esigui alle politiche scolastiche e sanitarie, licenziamenti nei settori pubblici e per effetto delle privatizzazioni anche nei settori industriali e dei trasporti, la perdita del controllo delle risorse naturali che vengono cedute alle multinazionali. Gli effetti di queste politiche si scaricano sulle popolazioni e sui gruppi più vulnerabili: bambini, donne, anziani. C'è una stretta relazione tra la classifica dei paesi con elevato rapporto tra PIL e interessi sul debito e quelle della mortalità infantile, della mortalità precoce, della diffusione delle malattie endemiche, dell'AIDS.

Le decisioni della recente riunione di Colonia del G7 di annullare 70 miliardi di dollari di debito oltre a essere dubbia nella sua efficacia pratica, in quanto l'annullamento è subordinato al rispetto di condizioni difficilmente compatibili con la situazione di molti tra i paesi più indebitati, non è comunque sufficiente per rappresentare un'inversione di tendenza..

Il debito estero totale dei PVS nel 1998 ammontava a 2.030 miliardi di dollari e quello dei paesi che verrebbero coinvolti dalle decisioni del G7 205,7 miliardi di dollari. Nel 1998 i paesi PVS hanno rimborsato 250 miliardi di dollari! Dopo l'alleggerimento il Mozambico dovrà ancora destinare oltre il 40% del suo bilancio al rimborso del debito mentre il 70% dei mozambicani vive sotto la soglia di povertà assoluta (meno di 1 dollaro al giorno) il 60% non ha accesso ai servizi sanitari, il 78% delle donne sono analfabete e il 70% della popolazione non ha acqua potabile. (Questi dati sono stati diffusi dal Comitato internazionale per l'annullamento del debito).

Bisogna prendere coscienza che il rimborso dei debiti ai governi dei paesi ricchi sta dissanguando i paesi dell'Africa, dell'America Latina, dell'Asia e compromette la possibilità di vita di milioni di persone.

All'annullamento o la riduzione del debito potrebbe seguire l'impegno da parte dei paesi poveri a investire le risorse così liberate in progetti di sviluppo economico e sociale, mobilitando a questo fine le organizzazioni locali della società civile e dei sindacati e facendo di queste politiche la base, non solo di uno sviluppo sostenibile e orientato alla crescita economica, ma anche l'occasione di una crescita civile e democratica.

Se i governi del G7 ed in generale i governi dei paesi ricchi adottassero questa politica ribalterebbero la loro reale posizione nei confronti dei paesi indebitati. Da esosi e occhiuti creditori potrebbero diventare partner effettivi nello sviluppo di questi paesi, fornendo le tecnologie e le capacità professionali nei settori educativo, sanitario, agricolo e negli altri settori prioritari per lo sviluppo che ciascuno di questi paesi vorrà autonomamente scegliersi.

Così si avrebbe anche un cambiamento di senso nella cooperazione internazionale: da un ruolo marginale e sostanzialmente di precario ammortizzatore delle situazioni sociali più gravi a vero fattore di crescita della giustizia redistributiva. La globalizzazione ci ha messo tutti davanti a nuove responsabilità.

Sappiamo più di ieri che il benessere di pochi (850 milioni di persone) è fondato sulla miseria di molti (4.5 miliardi di persone). Questa è la tremenda ingiustizia di cui siamo colpevoli e che dobbiamo sanare.

Ciascuno faccia ogni momento la propria parte, non solo con la gratuità del dono, ma lottando per le trasformazioni necessarie, affinché ogni uomo nasca libero dal bisogno in ogni parte del pianeta Terra.

Gianni Italia, presidente ISCOS
30 agosto 1999

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