di tre o quattro telai in luogo dei due tradizionali con il
duplice effetto di licenziare una parte del personale e di aumentare il carico di lavoro
per quello restante. Poiché secondo gli imprenditori la lettera del contratto consentiva
loro la piena discrezionalità della scelta del numero di telai da assegnare al singolo
lavoratore, non erano disponibili ad ulteriori accordi aziendali, neanche con il nuovo
sindacato democratico che pur offriva un atteggiamento privo di pregiudiziali politiche ad
affrontare il problema. Ciò portò a durissimi scontri aziendali in tutta la
provincia, con scioperi, occupazioni e in alcuni casi scontri con le forze
dellordine anche su iniziativa dellUnione provinciale, come nei casi della
Fasa, Randi, Atec, Taglioretti e Castiglioni nel Bustese, della Zamaroni nel Luinese, del
Calzificio Pertusella di Saronno.
Così P.Valsecchi, Segretario nazionale della Federtessili, sintetizzava in una memoria
al Ministro del Lavoro lo svolgimento di queste vertenze: "Le vertenze insorgono
tutte in questi termini: lindustriale x preavvisa le lavoratrici dipendenti che, con
inizio dal giorno y, dovranno accettare un aumento di macchinario (in genere il doppio).
Le lavoratrici insistono perché la ditta prenda contatto col sindacato per lesame
della richiesta. |
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La ditta rifiuta un qualsiasi
esame e se le operaie non accettano il disposto aumento, attua la serrata (chiusura di
fabbrica, ritiro cartellino, asportazione delle navette, taglio energia elettrica). I
sindacati chiedono di prendere contatti con la ditta ma la ditta rifiuta. I sindacati
avvicinano lAssociazione degli Industriali la quale dichiara di accettare la
discussione a condizione che le operaie rientrino al lavoro su macchinario maggiorato
creando così lo stato di fatto. Se i sindacati insistono perché la discussione avvenga
con il macchinario che rispetti lo statu quo ante, lassociazione rifiuta e la
serrata continua fino allesaurimento della resistenza economica delle
lavoratrici". |