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D&R

D.: Sono una ragazza di 20 anni impiegata da 8 mesi circa in una azienda meccanica.
Il mio lavoro è a stretto (strettissimo) contatto con i miei superiori (2 genitori e le due rispettive figlie).
Settimana scorsa mi hanno dato della "mentalità dell'operaia" perché vado via sempre prima della mezzora dopo il suono della campana. Infatti il mio lavoro finisce alle 17.30 e io di solito vado a casa verso 17.45/17.50.
Io non pretendo che mi sia riconosciuto lo straordinario (che non può essere nemmeno erogato in quanto sono assunta con contratto di formazione) ma come mi devo comportare a riguardo?
Inoltre, è giusto che mi facciano andare in banca/posta/esatri... con il mio mezzo, e per di più in orari fuori dall'orario lavorativo?

Ringraziando anticipatamente, porgo distinti saluti.

R.: Tu hai diritto ad uscire alle 17.30, al termine cioè del Tuo turno di lavoro, come fanno tutti i lavoratori sia operai che impiegati. Ci sono degli impiegati, quelli che hanno compiti direttivi, che non sono tenuti a timbrare e che quindi svolgono il loro lavoro per obiettivi e non per orario. In questo caso però le aziende passano loro un forfait mensile che indennizza economicamente questa prestazione lavorativa. Si tratta comunque di impiegati di alto livello professionale. Nel tuo caso di assunta in formazione lavoro, la regola di uscire al termine del turno di lavoro sarebbe anche vincolante, perché a fronte di un ispezione dell’ispettorato del lavoro, l’azienda sarebbe in difficoltà a motivare la Tua ulteriore presenza.
Stesso discorso vale per l’uso dell’auto propria. L’azienda può comandarti delle uscite ma solo con mezzi suoi o con mezzi pubblici, di cui deve rimborsarti il biglietto, o con il tuo mezzo di cui deve rimborsarti la percorrenza chilometrica sulla base di apposite tabelle ACI. Ovviamente il comando vale all’interno dell’orario di lavoro. Fuori da questo si tratta di favori che Tu fai all’azienda: sta solo a Te di decidere se ne vale la pena.

6 dicembre 1999 


D.: Il contratto applicato presso la mia azienda è quello delle Aziende Grafiche ed Affini e delle Aziende editoriali.
Ho ricevuto per raccomandata una contestazione disciplinare in cui mi veniva contestata la consegna di documenti senza l'autorizzazione dei superiori.
Sono stata preavvertita per telefono dalla mia azienda, con l’assicurazione che tale contestazione non avrebbe avuto per me nessuna conseguenza e che... non si voleva turbare la mia maternità (ero in astensione obbligatoria per maternità da quattro giorni e la contestazione aveva la data del mio primo giorno di assenza dall'ufficio).
Mi è stato anche detto che la contestazione a mio carico era fatta per poter "punire" un altro collega (quello a cui avevo consegnato il documento in questione).
Ho preso la cosa molto male, dato che ho sempre dato il mio meglio al lavoro. Ho spiegato le mie ragioni: era consuetudine dare in visione le circolari indirizzate dal direttore a tutti i collaboratori, soprattutto nei casi, come questo, in cui uno di noi l'avesse firmata per "presa visione" e non ne avesse avuto copia.
Tale consuetudine, tra l'altro, era precedente all'affissione del codice disciplinare nel ns luogo di lavoro.
Tale codice, oltre tutto, non menziona il caso in cui un dipendente dia in visione un qualche documento.
Ho spiegato la mia posizione, rammaricandomi di non aver potuto spiegare le mie ragioni direttamente prima della mia assenza dall'ufficio. Ho chiesto che venga formalizzata al più presto la mia totale estraneità a qualunque "mancanza", ma non riesco a stare tranquilla. Quando chiamo al telefono per avere notizie vengo regolarmente caricata. Dato che questa attesa non fa bene nè a me nè al mio bambino vorrei sapere che cosa mi devo aspettare.

Vi ringrazio

 R.: Quando l’azienda comunica una contestazione disciplinare deve richiamare in essa l’articolo contrattuale in base al quale procede alla contestazione e comunicare altresì al destinatario della contestazione che ha 5 giorni di tempo per giustificarsi. Il lavoratore che fosse impedito a farlo direttamente, lo può fare con lettera raccomandata. In questo caso per il computo dei giorni vale il timbro postale.
Se la contestazione non esplicita il richiamo all’articolo del contratto e la clausola dei 5 giorni per le giustificazioni, ha un vizio formale e quindi vale solo come semplice richiamo.
Nel caso lo faccia sei tenuta a giustificarTi nei termini di cui sopra. In questo caso ritengo che vadano benissimo le argomentazioni che contiene la Tua e-mail.
Nel caso non invii le giustificazioni entro i 5 giorni dal ricevimento della contestazione ciò è interpretabile come ammissione di colpa. In questo caso l’azienda ha facoltà di comminare un provvedimento disciplinare entro i 6 giorni successivi. Può farlo anche nel caso ci siano giustificazioni che non sono ritenute valide, sempre entro 6 giorni, in questo caso dal ricevimento delle giustificazioni.
Passati i 6 giorni in un caso o nell’altro non può più essere assunto alcun provvedimento. Nel caso di provvedimento, questo può essere impugnato dal lavoratore entro i 60 giorni successivi tramite un’organizzazione sindacale.

12 ottobre 1999